I generali prussiani erano talmente devoti al loro Kaiser che – per riuscir loro graditi – non solo disprezzavano la morte e il pericolo in battaglia, ma non indietreggiavano di fronte a nessun ordine, né conoscevano alcun tipo di paura, neppure quella del ridicolo.
Il generale Dietrich von Hülsen-Haeseler, comandante in capo della Fanteria e addetto militare dell’imperatore Guglielmo II, giunto alla considerevole età di 56 anni, pur di intrattenere lietamente il suo sovrano si travestì da ballerina e si esibì con un abito civettuolo in un numero di danza acrobatica alla presenza del Kaiser. L’imperatore lo applaudì con entusiasmo.
Sfortunatamente, riferiscono gli storici, appena finito lo spettacolino, il militare accusò un malore e si accasciò dietro le quinte. Fu convocato un medico, ma quando arrivò poté solo constatare che von Hülsen-Haeseler era stato falciato da un infarto.
Il generale, dicono, era in tutù, e indossava la calzamaglia e un gran cappello piumato. L’esercito e la corte imperiale intendevano nascondere la vera causa della sua morte, ma sarebbe stato impossibile, se l’avessero lasciato in quelle condizioni. Impiegarono quindi quasi tutta la notte per spogliare il corpulento cadavere e per rivestirlo poi con la sua uniforme di gala.
I fatti avvennero a Donaueschingen nel 1908, ma, evidentemente, non fu possibile occultarli, se la loro eco è giunta fino a noi.
Ritiene il filosofo Friedrich Nietzsche che all’origine dello Spirito tedesco ci sia la pesantezza della dieta tedesca: troppa carne, troppi grassi, troppi zuccheri, bevute esorbitanti. La cattiva digestione orienterebbe insomma vita, morte, e mentalità d’un intero popolo. Non credo però, sinceramente, che a stroncare il povero von Hülsen-Haeseler siano stati la mole, le gozzoviglie del banchetto appena consumato dopo la battuta di caccia con Guglielmo, oppure l’assenza d’esercizio fisico o la scarsa dimestichezza col tutù, per giunta, attillato. Piuttosto, gli fu fatale la gioia, di fare il pagliaccio per il suo Imperatore. E che l’esibizione incontrasse il suo favore e riscuotesse un successo generale in sua presenza.
La misera fine del generale, non dimostra, probabilmente, solo un sovrumano attaccamento agli ordini e alla gerarchia, ma soprattutto un’incapacità innata e tragica, di tutto un popolo, a divertirsi gaiamente, serenamente, senza secondi fini: da qui nascono certi eccessi –: almeno, così, opina Stendhal.
Il tedesco, asserisce lo scrittore francese, “si sente vivace gettandosi dalla finestra”. Imita qualcosa che ha visto e che “pareva” divertire tutti.
Sarebbe insomma un difetto nella mimesi, a produrre certe insensate disgrazie, o altri episodi incresciosi che non sfociano in tragedia per un soffio.
[in copertina: Guglielmo I, il nuovo Pavone, caricatura di Gill in “L’Eclipse”, 21 agosto 1870]