I- La Religione più convincente e duratura è quella che esige l’incoerenza, per sopravvivere.
Un eccesso di coerenza è sempre devastante, per qualsiasi confessione religiosa. I soli che sembrano averlo capito sono i Mistici, che si rifugiano in un universo di rivelazioni personalizzate, dove non c’è teologia che tenga, e così sfuggono ai tranelli della ragione e del buon senso.
Mefistofele a uno studente, in Faust: “ti consiglio prima di tutto di iscriverti a un corso di Logica”. Così, potrà tentarlo. Mentre il diavolo sa che il Santo di stampo mistico, in quanto Illogico, è il suo antagonista più pericoloso.
II- Il Misticismo, inteso come fenomeno privato, può forse essere definito: “l’apparizione dell’Uomo o della Donna a Dio”. Non è la Grazia, ma un moto unilaterale dell’anima verso il Divino, che rende degno il Mistico di avvicinarsi all’Amato, al Signore.
Il mistico gli arriva di fronte, mentre il corpo che contiene quell’anima è ancora in vita: per cui si può parlare in questo caso di “apparizione”, perché tale è la comparsa di un “vivente” in Cielo, in tutto dissimile dalla convocazione davanti al Padreterno dopo la Morte, nel momento del Giudizio Particolare.
Questa approssimazione al Divino prende quasi sempre la forma di un’ascesa, di cui sono segnati tutti i gradi, gradini o ostacoli. Il Mistico li supera tutti con la determinazione dell’Atleta. È un Agonista.
Già Paolo apostolo si presentò al circolo dei primi fedeli cristiani, come un “lottatore per la Fede”, e occorreva seguire il suo esempio. Ma fu soprattutto dal IV secolo in poi che il Signore allevò ed esercitò i suoi “atleti”: erano essi monaci, eremiti, anacoreti, gladiatori di Dio. Il seguace dell’Altissimo fu, da allora, un combattente: contro il Mondo, o contro il massimo Nemico, il Diavolo.
Il longevo Giovanni di Ruysbroeck (Jan van Ruusbroec, 1293-1381) nel suo Ornamento delle nozze spirituali descriveva il rapporto amoroso del devoto estatico con Dio come un “combattimento”:
“Gli assalti dell’amore mettono in presenza due spiriti: lo spirito di Dio e il nostro. Allora incomincia la lotta. […] Lo spirito avido e affamato si slancia contro Dio come per divorarlo; ma, penetrando, al contrario, nella bocca spalancata dell’infinito, sentendosi vinto in questa battaglia, le sfugge, dominandola, e si unisce al vincitore”.
Altrove il Beato Giovanni aggiunge che “noi lottiamo contro l’amore divorante di Dio”, e che è il Signore stesso a invitarci con questo comando: “Combattetemi”.
Proprio come nell’atletica, sarà il talento naturale, l’allenamento, la forza di volontà, l’abitudine allo stress da “prestazione” (orribile parola sportiva) a fare la differenza tra il Mistico e gli altri spiriti religiosi. Perciò solo un numero sceltissimo di estatici raggiunge traguardi che vanno oltre le ambizioni dei meno dotati.
III- Quella del Mistico è la Religione dei Contrari.
Ne I detti del Beato Egidio, si legge: “se tu vuoi vedere bene, cavati gli occhi e sii cieco. E se vuoi bene udire, diventa sordo. Se vuoi bene camminare, tròncati i piedi. E se vuoi bene operare, mòzzati le mani. Se tu vuoi bene amare, abbi in odio te stesso”.
Più si soffre, più s’è menomati, maggiormente si è felici. “Sollazzoso martirio”, o “cieco vedere”: così Maria Maddalena de’ Pazzi chiama la propria esperienza estatica.
La Gloria dei Cieli si raggiunge con l’obnubilarsi, col diminuirsi, in un un’algebra che conosce solo sottrazioni, fino: all’annichilamento. “Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a Te”, pregava, in pneumatico delirio, san Nicolao di Flüe.
Un dilaniato verso di santa Teresa recita: “Muoio perché non muoio” –, riecheggiando un lamento di Angela da Foligno: “muoio dal desiderio di morire”. Entrambe s’addoloravano d’essere troppo in salute.
Per il Santo, la malattia mortale è fonte di gratitudine: Giovanni Colombini, quando fu colpito dal male che doveva ucciderlo, preso da una grandissima febbre, “molto si rallegrò vedendo che Dio lo visitava co’ suoi doni”.
Il suo successore alla guida dei frati Gesuati, Francesco, si ammalò e morì quindici giorni dopo il Beato Giovanni. Appena “sentì di avere la febbre, tutto il suo cuore si riempì di letizia”.
L’ansia di morire tiene in vita il Mistico: il rapimento lo conduce in Paradiso, sperimentando, “gustando”, la morte, senza alcuna sicurezza di un ritorno.
IV- Non c’è dubbio che in grazia dell’assaggio del Divino, il Mistico, sempre sul bordo dell’annientamento, sempre “ispirato”, sempre “aspirato”, muoia davvero.
La mente inebriata dall’amore di Dio ottiene finalmente la, sospirata, “morte per estasi”. Nelle sue Conclusiones ispirate dalla Cabbala, il geniale Giovanni Pico della Mirandola, professore della bontà di questa dottrina esoterica, accenna brevemente a quel tipo particolare d’estasi, favorita dall’intervento degli Arcangeli, la quale mette in comunicazione il Cabbalista con Dio, e che è così intensa, che, seducendo l’anima del mistico al “bacio della morte”, lo conduce poi alla morte vera. È la “morte dei Santi”, che i Salmi celebrano come “preziosa al cospetto di Dio”. Viene chiamata “morte per bacio”, perché l’estasi non è altro che amplesso, come attesta il Cantico dei Cantici (1, 2), rivolgendosi – appunto – al Signore: “Baciami con un bacio della tua bocca”.
Non c’è ritorno, da certe escursioni celesti. Nei suoi “voli estatici” verso Iddio, tanto più si avvicina all’Altissimo, tanto più il mistico rischia una fine da Icaro o da Ictus.
V- L’altro versante delle “Apparizioni Umane” al cospetto della Divinità, concerne la sorpresa che attende l’estatico, talvolta, nello scoprirsi debole di Fede. Per il mistico ebraico, in questo caso, l’ascensione verso il Trono di Dio poteva essere “realmente” pericolosa, avverte Gershom Scholem.
Se uno arrivava fin lì, ma non ne era degno, «gli angeli custodi delle porte gli confondevano il senno. E appena gli dicevano “Entra”, subito quello entrava realmente, e immediatamente essi lo spingevano nel torrente di lava infuocata».