Non solo sua moglie Teodora, notoriamente depravata, ma anche l’imperatore Giustiniano stesso fu ritenuto, senza eufemismi, un vero diavolo dallo storico Procopio; il quale riferisce che un monaco vide il principe dei demòni prendere il suo posto sul trono.
Satana, dopo aver assunto “fraudolentemente” l’aspetto dell’Imperatore, da lì assiso, provocava flagelli e calamità della natura, pestilenze, terremoti, inondazioni.
Ribadisce Procopio di Cesarea in Carte segrete (o Storia arcana, XVIII): “Che Giustiniano non fosse un uomo, ma un diavolo, in aspetto umano, lo si può dedurre sulla base degli enormi danni da lui inflitti alla umanità. Dalla dismisura dei fatti balza chiara la potenza di chi agisce. Nessuno, credo, se non Dio, sarebbe in grado di fornire la cifra esatta delle sue vittime. Si farebbe prima a contare i granelli di sabbia che le persone eliminate da questo imperatore. A una stima approssimata della terra svuotata da lui di abitanti, dico che morirono centinaia e centinaia di migliaia di persone. La Libia, così sconfinata, si era spopolata tanto che percorrerla in lungo e in largo e incontrate un’anima viva era difficile, un evento da ricordare“.
Le “apparizioni” pubbliche di Giustiniano, secondo il polemista, sono degne d’un sabba, o d’un sapiente racconto dell’Orrore: intorno all’imperatore, alitava continuamente un mondo infero, tanto che non era raro che i servi, quelli tra loro che montavano la guardia alle sue stanze, si imbattessero in oscene e diaboliche figure: una volta, “ videro una faccia senza fattezze umane, un corpo che camminava senza testa” nel Palazzo: era lui.
“Correva voce che la madre stessa di Giustiniano avesse confidato a qualche intimo che lui non era figlio di Sabazio, suo marito, e nemmeno di un altro mortale. Nell’atto di concepirlo, le si era accostato un demone: non lo aveva visto, ma ne aveva avvertito la presenza e aveva sentito che si accoppiava con lei proprio da uomo; e poi era svanito come in sogno. Tra coloro che rimanevano a Palazzo e si trattenevano con Giustiniano fino a tarda notte (e avevano lucido intelletto), ci fu chi credette di scorgere al posto di lui un fantasma, un diavolo dallo strano aspetto. Uno di loro riferì di Giustiniano che si era alzato di scatto dal trono imperiale e che si era messo a passeggiare avanti e indietro (non gli riusciva mai di restare tanto seduto): da un momento all’altro era sparita la testa e pareva che fosse il resto del corpo a camminare su e giù; lui aveva pensato a un brutto scherzo dei suoi occhi ed era rimasto sbigottito e disorientato a lungo. Dopo un po’, la testa era tornata sul collo e inaspettatamente, gli era parso, aveva ricompletato le membra abbandonate. Un altro che stava accanto a Giustiniano seduto, si accorse che il volto dell’imperatore d’improvviso era diventato un pezzo di carne informe: sopracciglia, occhi non erano più al loro posto, non c’era un solo lineamento riconoscibile; dopo un po’ di tempo il viso aveva ripreso la sua forma. Trascrivo fatti ai quali non ho assistito, li ho ascoltati però da persone che mi hanno assicurato di averli visti di persona”.
Un monaco del deserto arrivò fino a lui per una supplica; quando, entrando nella sala reale, lo vide assiso, repentinamente scappò: “A chi lo aveva seguito e si informava del perché si era comportato così, rispose con franchezza di aver visto nel Palazzo, seduto sul trono, il Signore dei demoni, al quale non voleva assolutamente accostarsi o chiedere nulla. Del resto, come faceva a non essere uno spirito maligno uno che non mangiava, non beveva, non dormiva mai a sazietà, ma si limitava ad assaggiare le vivande imbanditegli e si aggirava per la reggia, nel cuore della notte, pur trovando modo di dedicarsi satanicamente ai piaceri del sesso?”.
Anche la moglie, l’imperatrice Teodora – aggiunge Procopio –, era della stessa stoffa diabolica: “Alcuni amanti di Teodora ai tempi delle sue esibizioni sulla scena ricordano di essere stati assaliti a tarda ora da un essere diabolico e cacciati via dalla stanza, dove passavano la notte con lei”.
Procopio non era un santo, né un monaco, e neppure un spirito particolarmente versato nella Teologia, o nella demonologia. Eppure non si trattenne dallo scagliare accuse come queste contro l’imperatore, presso il quale prestava il suo apprezzato servizio. Nelle sue opere libresche “pubbliche”, però, lo storico contemporaneamente riempiva Giustiniano di elogi e d’espressioni encomiastiche, e lo dipingeva come sovrano equo e compassionevole. E tale rimase la fama che gli venne tributata per tutto il medioevo, nonostante le terribili calunnie che trovarono eco nelle Carte Segrete. Perciò Dante, senza creare scandalo, poté porre Giustiniano in Paradiso (Canto V, Cielo di Mercurio).