I- Ragionevoli ci sembrano le proteste contro gli eccessi di promiscuità che si verificavano tra le Fedeli più devote e i Fraticelli (anche detti: “Fratricelli”) nel secolo tredicesimo.
Ma la fortuna della confraternita è stata quella di trovare sempre donne, giovani e matrone, che li difendevano. Le Beghine erano tra queste: da loro scaturisce la leggenda che gli adepti di quest’ordine o setta fossero, al contrario d’ogni diceria, eroi della Castità. “Secondo alcuni autori”, avverte il Bayle, “i Fratricelli non si infilano nel letto con le donne per goderne, ma per rendere la loro continenza ancor più meritoria”.
In tempi dilaganti d’Amor Cortese, i Fraticelli erano dunque stimati emuli innocui e valorosi del celebre Robert d’Arbrissel – nato nel 1050 – che adorava passare le sue notti nei postriboli, ma al solo scopo – si tramanda – di convertire i debosciati con la saldezza della propria continenza. Costui, «a Rouen entrò in un bordello “per scaldarsi i piedi” e convertì tutte le prostitute; esse si prostrarono dinanzi a lui che non tardò a condurle nel deserto a vivere santamente in romitaggio».
Cathérine Hortense Desjardins, poi Madame de Villedieu, nei suoi Annali Galanti, spiega che i Fraticelli (o Frerots) nacquero, come anelata risposta delle donne alle angherie e alle gelosie dei loro mariti. Andando in visita, col permesso del coniuge, a questi gagliardi direttori spirituali, esse potevano godere così senza pericolo e sospetto della compagnia di giovani galanti che in tutto e per tutto si professavano, e si dimostravano, innamorati ardenti delle loro beltà e perfezioni.
Pare che le dame, così ammaestrate, tornassero dalle loro devozioni meno lamentose e ancora più obbedienti al patto coniugale.
I loro detrattori, invece, non hanno dubbi: la regola dei Fraticelli era quella di simulare. Fare in modo che si scambiasse il loro amor profano coi furori dell’Amor Sacro. Per non essere scoperti nelle alcove, per non essere perseguitati.
Chi era chiamato alla vocazione della vita fraticellita (vie fraticellite) doveva osservare almeno sei rigide condizioni:
Primo – doveva amare e onorare la dama prescelta per la sua direzione “spirituale”, come se fosse carne della sua carne, ossa degli ossi suoi; “perché quelli che l’amore unisce, non sono che una stessa anima separata in due corpi”.
Secondo – il Fraticello era tenuto a conservare l’onore della donna sua “in tutti i modi possibili, leciti o illeciti, naturali o contronatura; perché il primo dei suoi doveri è di salvare le apparenze contrarie alla reputazione della sua comunità”.
Terzo – il vero Fraticello si adopera perché vi sia un’unione perfetta tra la sua donna e il marito di lei. “La prudenza è il fondamento solido d’un commercio amoroso; e il cuore d’una donna è abbastanza vasto da contenere un amore lecito e un amore proibito, senza che l’uno metta in imbarazzo l’altro”.
Quarto – il Fraticello “non pronuncerà mai il nome d’Amore in pubblico, se non sotto l’apparenza dell’amore divino. Il segreto è il sale d’ogni intrigo”.
Quinto – il Fraticello “avrà sempre due lingue nella bocca”, quella spirituale, quella amorosa; così potrà cambiare stile e caratteri della sua prosa, senza destare sospetto.
Sesto – il Fraticello autentico pondera incessantemente tutte le espressioni e movimenti del suo viso; ché solo l’amata deve guardare, e per tutto il resto del mondo, tenga gli occhi bassi o fissi in Cielo.
Chi considerava, i Fraticelli, una pericolosa Setta o una Confraternita lubrica, giungeva ad accusarli – così dicono Bayle e Mouchet – di profittare senza distinzione delle donne che si recavano da loro, furbescamente facendo buio all’improvviso nelle stanze dei loro abboccamenti: “apparecchiato un luogo, nel quale le vergini, e le vedove, e le maritate più belle, dalle lor falze persuasioni corrotte, convenivano la notte oscura”, (cito da Giuseppe Colucci, abate, Delle antichità picene) “a mezza notte il Sacerdote maggiore invocato lo Spirito Santo, ammoniva coloro, che ogn’uno si pigliasse una donna, la prima che loro venisse alle mani. Non credo che mai fosse trovata la più bestial cosa al Mondo di questa”.
Si disse anche che – quando dalle loro orge collettive fosse nata una creatura –, la bruciavano, indi gettavano le ceneri in un vaso di vino e facevano bere la bibita ai neofiti. La propaganda contraria a loro vuole, inoltre, che scegliessero il loro capo in questo modo: prendevano un neonato, lo rimpallavano di mano in mano in una sorta di macabro girotondo e quello a cui spirava tra le braccia, era eletto Gran Pontefice dei Fraticelli.
Che queste accuse siano sufficientemente inverosimili, e quindi false – lo dimostra il fatto che esse ritornano, con gli stessi dettagli, in molte alte campagne di “ortodossi” contro ogni tipo di eresie.
Palleggiatori di infanti sarebbero stati già, con lo stesso intento, i Pauliciani, asceti del settimo secolo: Carlo Ginzburg riferisce che, secondo i loro persecutori, i “seguaci di Paolo di Samosata, si riunivano nelle tenebre per commettere incesto con le proprie madri”, e “usavano passarsi di mano in mano un neonato attribuendo la dignità suprema della setta a colui nelle cui mani la vittima esalava l’ultimo respiro”.
I settari Dualisti, processati a Saissons nel 1114, furono accusati dei medesimi orrori: “si sedevano attorno a un fuoco lanciandosi l’un l’altro attraverso le fiamme uno dei bambini nati dall’orgia, fino a farlo morire”.
Anche sulla base di queste accuse improbabili, gli ambigui Fraticelli furono avversati, perseguitati e infine disciolti dal papa Clemente V, nell’anno 1311, allorché il Concilio di Vienna si occupò di loro.
II- Tra le Sette che onorarono (o disonorarono) l’Amore Cortese, vanno annoverati, propaggine estrema, i Penitenti Amorosi che facevano parte della Lega degli Amanti.
In omaggio al Mistero dell’Amore, “che opera le più stravaganti metamorfosi”, i Penitenti vivevano “al contrario”, ben felici di scoprirsi d’inverno e riscaldarsi con abiti pesanti nelle stagioni torride, bivaccando davanti a enormi falò accesi durante i solleoni estivi. Chi moriva – ed erano in molti – in questo stato assiderato o cotto, era considerato un “Martire dell’Amore”. I mariti, nel caso fossero stati, anche loro, adepti della Lega, avevano il dovere di appartarsi, quando arrivava a casa loro il Penitente che aspirava alla compagnia delle loro mogli.
“Fanatici dell’Amore” li chiama il Mouchet. I Leghisti, conosciuti come Galoises, si moltiplicarono e si dispersero nel Poitou, intorno all’anno 1350.
[in copertina: Amor Sacro e Amor Profano, di Giovanni Baglione]