Il martirologio dei Quaranta santi cristiani di Sebaste, è talmente, e debitamente, famoso, che val la pena riferirlo in due versioni.
È un caso raro di miracolo “numerico”.
Gettati nelle acque di un gelido lago, a morire, quaranta soldati romani della guarnigione di Sebaste in Armenia, convertiti al cristianesimo, si proclamarono felici di soffrire il martirio e venir coronati da Cristo tutti insieme, perché “quaranta era numero sacro” secondo le Scritture.
Quando il più debole tra loro, non sopportando più il freddo, fuggì, “la sentinella, un pagano, mosso dalla Grazia, lo sostituì, così i martiri rimasero quaranta”.
L’anno del fatto è il 320, e Licinio era imperatore in Roma. Così la storia viene riferita nell’asciutta e grandiosa esposizione di Adolfo Bioy Casares.
Ma secondo un’altra tradizione, raccolta da Gilio da Fabriano, e ancora più precisa, i morti furono, in realtà, quarantuno; solo, i martiri rimasero quaranta.
Accanto alla gelida pozza – racconta lo storico delle Persecuzioni –, fu posto un grande fusto d’acqua calda, nel caso qualcuno dei condannati avesse voluto salvarsi, rinnegando la sua Fede.
Ai primi tormenti del freddo, un soldato cristiano da poco convertito sentì indebolirsi il suo recente credo, e, abiurato in fretta e furia il Salvatore, si tuffò nel bagno caldo. Miracolosamente, vi affogò e morì subito dentro.
Solo dopo, alla vista del gelido supplizio che stavano patendo le sue trentanove vittime, il boja capo delle guardie, “spogliatosi nudo, saltò nel bagno per compire il numero, & pigliare il vacante luogo, gridando ancor esso esser Christiano”.
E così s’ottenne il “Numero Chiuso” desiderato. E imposto da questa forma estrema e agghiacciante di Combinatoria.