Leggo in Gershom Scholem: “Golem è una parola ebraica che nella Bibbia compare solo una volta, nel Salmo 139 (16) e la tradizione ebraica attribuiva sempre questo salmo allo stesso Adamo”.
Quindi Adamo fu misconosciuto cantore, poeta egli stesso. Autore sicuramente della prima opera d’Arte. È strano quanto poco sia valutata nel campo della storia della letteratura la portata di questo componimento.
Se apriamo la Bibbia concordata, il Salmo 139 (o 138) ci rapisce come una meravigliosa poesia. Il verso 13 dice:
“poiché tu hai formato i miei reni,
mi hai tessuto nel seno di mia madre…”.
Non è straordinario che Adamo parli di sua madre?
Come hanno fatto gli antichi ebrei a non avvedersi di questo strano anacronismo genealogico?
Ma tre quattro versi più tardi, si dice:
“mentre ero formato nel segreto
e tessuto nelle profondità della terra,
I tuoi occhi mi hanno visto informe embrione”…
(ivi, 15, 2-16,1; “embrione” traduce, qui, la parola “Golem”).
La madre, figura allegorica, potrebbe quindi essere la Terra, la rossa argilla da cui Iddio formò Adamo: anche se la cosa urta chi vuole espungere ogni elemento mitico dalla Scrittura.
Ma c’è un aspetto ancora più sorprendente, su cui vale la pena soffermarsi.
Secondo il Voltaire del Dizionario Filosofico, “I rabbini ebrei hanno letto le opere di Adamo”. Ce ne sarebbe più d’una, allora. Ma probabilmente questo, che chioso, è l’unico testo di Adamo leggibile adesso da noi posteri.
Chiunque si aspetterebbe di trovarci un accenno alla Caduta. Un ricordo, di prima mano, dell’Eden. Il che conferirebbe ancora più valore alla poesia: la sua autorità come testimonianza diretta, e nello stesso tempo il suo certificato di autenticità, la “firma autografa”.
Adamo invece – apparentemente – parla d’altro; parla dell’Onnipresenza del Signore. È chiaramente quello il suo punctum dolens. Però, non dice: “non potei nasconderTi l’affronto dell’Albero Proibito, perché Tu eri dappertutto”; salmodia invece:
“Mirabile è la tua scienza per me
e troppo alta perché io possa comprenderla.
Dove potrei sottrarmi al tuo spirito,
dove fuggire dalla tua Presenza?”.
Se questo è l’accenno che cercavamo, non è un po’ troppo indiretto?
È pure vero, come avverte Borges, che a disdetta delle nostre aspettative, il Corano, Libro Sacro diffuso in primo luogo tra gli Arabi del Deserto, non accenna neppure di sfuggita all’esistenza del cammello (o del dromedario): e ciò nonostante, non è meno autentico, né meno amato da tutti i Musulmani. Quindi, Adamo non fu colpevole, se tacque dell’Eden e dei suoi animali – primo tra tutti il subdolo Serpente. Un ricordo che forse era ancora troppo bruciante e sul quale, vista la notorietà universale dell’Episodio che vide protagonisti i nostri Progenitori, non c’era bisogno di insistere, lo si poteva dare per scontato.
In una delle tradizioni ebraiche riportate da Riccardo Pacifici, si evince che il Salmo 139, da qualcuno attribuito a Adamo, fu invece scritto da Caino. Firma d’Autore che non lo renderebbe meno fondamentale e unico nella storia di tutte le Letterature. Un’altra, robusta, ma deludente, corrente di esegeti, continua però ad assegnare la paternità del Salmo all’innocuo e sensuale re Davide. Soprattutto, credo, per evitare malintesi.
[in copertina: Ritratto di Adamo, di Giuseppe Arcimboldo]