I- Meteorologi Dilettanti
Alcune pratiche “fantastiche” (e anche un po’ orrorifiche), per combattere la siccità, possono essere desunte dal favoloso Ramo d’Oro di James Frazer:
«In Russia, se dobbiamo credere a quanto comunemente si dice, non è passato molto tempo da quando i contadini d’ogni regione che fosse afflitta da siccità, solevano disseppellire il corpo d’uno che fosse morto d’ubriachezza e lo buttavano nella palude o nel lago più vicino, pienamente convinti che questo avrebbe assicurato la venuta dell’invocata pioggia.
Nel 1868 la prospettiva di un cattivo raccolto, causato da una siccità prolungata, indusse gli abitanti di un villaggio (…) a dissotterrare il corpo di un raskolnik, o Dissenziente, morto nel dicembre precedente. Alcuni della comitiva batterono il cadavere o quel che restava intorno alla testa, gridando: “Dacci la pioggia!”, mentre gli altri gli versavan sopra dell’acqua con uno staccio».
“Un incantesimo armeno per far venire la pioggia consiste nel buttare nell’acqua, inzuppandola bene, la moglie d’un prete“.
“I Dieri credono anche che i prepuzi tolti ai ragazzi alla circoncisione hanno il gran potere di far venire la pioggia. Quindi il Gran Consiglio della tribù conserva sempre una piccola provvista di prepuzipronti per l’uso; si tengono nascosti con grande cura, avvolti in piume con grasso di cane selvatico e di pitone, e una donna non deve veder mai, per nessuna ragione, uno di questi involti aperti”.
In alcune tribù dell’Alto Nilo, narra sempre Frazer, accade questo: verso la fine di marzo, ogni agricoltore va in visita al re, al quale viene riconosciuta sovrana dignità solo in quanto è anche “Re della Pioggia”.
I coloni gli offrono in dono una vacca, perché il re faccia piovere sui loro appezzamenti. Se dopo questi regali, ancora non piove, “il popolo si raduna e domanda che il re dia la pioggia”; se questo ancora non basta, nella stessa adunanza, “apron la pancia al re, poiché ivi si crede che egli tenga racchiusi i temporali“.
“Tra i Latuka dell’alto Nilo, quando il raccolto langue e tutti gli sforzi del capo per far venire la pioggia si son dimostrati inutili, il popolo generalmente lo assale di nottetempo, lo spoglia di tutto quel che possiede e lo caccia via. Spesso, anche, lo uccide“.
In certe contrade, come quelle degli antichi Sciti, di fronte agli smacchi meteorologici dei Capi, “alla fine, siccome tutti venivano uccisi, nessuno volle più esser re, e il sistema monarchico ebbe fine”.
II- Precipitazioni sparse
Racconta il Talmud: «Una volta Rabbia pregava Iddio di mandare la pioggia. “Suo padre gli apparve in sogno e gli disse: “È questo il modo di importunare il Cielo?”. Cambia posto (per dormire, perché sei in pericolo)”. Il mattino seguente Rabbia trovò il letto (che aveva abbandonato) segnato con tracce di coltelli». Ciò prova che l’insistenza di certe Preghiere non solo è sgradita alla Divinità, ma può mettere anche a rischio la vita.
Choni (o: Honì), “il tracciatore del circolo”, sublime asceta, godeva dell’ammirazione della gente, che si rivolgeva a lui “in tempo di siccità, perché invocasse la pioggia”. Choni aveva un suo metodo, allora, infallibile: tracciava un circolo tutto intorno a sé, “e dichiarava di non muoversi fino a che Dio non avesse mandato la pioggia”. Choni fu immediatamente ascoltato da Dio anche quando pregò che lo facesse morire; talmente mortale fu per lui la delusione dopo che, risvegliatosi da un sonno durato settant’anni, si accorse che nessuno più lo riconosceva, e, soprattutto, nessuno più credeva che fosse un Padrone della Pioggia.
III- Eoli o Proprietari dei Venti
Frazer ci ragguaglia anche su un disgraziato “Re del Vento”, figura certo non invidiabile per il suo potere:
“Alla Punta del Pescecane vicino al capo Padron, nella Guinea inferiore, vive, solo, in una foresta, il re-sacerdote Kukulu. Non può toccare una donna, né lasciare la sua casa; in realtà non può neppure lasciare la sua sedia, dove è obbligato a dormire seduto, perché se si mettesse a giacere non soffierebbe più nessun vento, e finirebbe la navigazione. Egli regola le tempeste e in generale mantiene l’atmosfera in uno stato dolce e costante”.
“I marinai dello Shetland”, si legge sempre in Frazer, “comprano ancora oggi i venti sotto forma di fazzoletti e spaghi, annodati dalle vecchie che pretendono di saper governare le tempeste. Si dice che a Lerwick vi siano delle vecchie megere che vivono vendendo venti”.
Walter Scott, nelle note al Pirata, racconta che nel Villaggio di Stromness, nell’isola di Pomona, “la principale delle Orcadi, viveva, nel 1814, una vecchia signora, di nome Bessie Millie, che sbarcava il lunario vendendo venti favorevoli ai marinai”.
Bessie Millie, quasi centenaria, quasi una mummia per l’età, non era ritenuta una strega, ma una filantropa, visto che si accontentava di soli sei pence per garantire alle navi la brezza giusta per salpare.
IV- Tempeste di Spiriti Nudi
In un’altra cultura primitiva, che dovrebbe essere agli antipodi di quelle africane, lo sciamano locale – secondo il libro di Rasmussens, Thulefahrt – evoca queste immagini, le vede: “Lo spazio celeste è colmo di esseri nudi che giungono attraverso l’aria. Creature umane, uomini nudi, donne nude, che vagano e suscitano la tempesta e la tormenta. Sentite come sibila? Sibila come il battito delle ali di grandi uccelli su nell’aria. É la paura di uomini nudi, è la fuga di uomini nudi!”.
Questa iperbolica insistenza sulla nudità dei Morti non deve stupirci: la visione descritta appartiene a uno sciamano esquimese. A quelle temperature, i nudisti debbono rappresentare una rarità. È ancora più sorprendente, però, la concezione di una “Muta degli Spiriti” eternamente in fuga, perennemente in preda alla paura. Forse hanno più terrore i Morti dei Vivi, che, viceversa, i Vivi dei Morti.
V- Nelle zone del continente africano meno desertiche e meno devastate dalla siccità, succede che le piogge ricorrenti degenerino: s’aprono le cataratte, grandina, e ogni raccolto è perduto. Ma in questo caso i nativi – e in primo luogo le native – sanno come intervenire. Lo spiega Chomer, e si legge anche nell’Istoria delle immaginazioni stravaganti del signor Oufle di Laurent Bordelon, che “in Egitto, per far cessare la gragnola, faceva d’uopo, che quattro donne affatto ignude fossero coricate per terra col ventre in su, e che tenendo i piedi sollevati, profferissero certe parole” – pronunciate le quali, le intemperie cessavano immediatamente.
La magia, credo, non risiedeva tanto nelle formule, quanto nella postura scelta, e in ciò che le veneri coricate mostravano alla volta celeste annuvolata: nella quale è iscritto, evidentemente, un certo malizioso voyeurismo.