Domenico Zampieri, detto il Domenichino (1581-1641) fu un pittore prolifico che esercitò la sua arte su ogni genere di soggetto, sacro o profano che fosse: ritratti, paesaggi, grandi affreschi storici, bambocciate, vite e miracoli dei Santi.
Al catalogo completo delle sue opere manca però sicuramente un quadro, di cui abbiamo notizia solo tramite un vago accenno del grande moralista francese Nicholas Chamfort.
Il racconto riguarda un ambasciatore presso la corte di Napoli, che credo di poter identificare con sir William Hamilton, sposo della famosa Lady Hamilton, e famoso lui stesso come collezionista, vulcanologo e anche come marito tollerante verso le scappatelle della moglie, compresa quella, più duratura, con l’ammiraglio Nelson.
Il Lord inglese invitò tutto il “Bel Mondo” partenopeo ad una grande festa.
Il nobile era rinomato in città – ma pure invidiato e un po’ sfottuto – per lo sfarzo dei suoi ricevimenti, per i quali di solito sperperava una fortuna. L’affluenza fu quindi enorme.
Ma, una volta riuniti i convitati, si vide che la festa era costata pochissimo, austera, scialba, senza lusso e senza gusto. Alla fine, mentre già serpeggiavano malcontento e maldicenza, l’ambasciatore fece portare al centro della sala da ballo un fornelletto a spirito, sul quale bruciò pubblicamente diecimila ghinee e un quadro del Domenichino. Poi, disse: “sono certo signori”, “che questa festa vi piace, e che vi ritirerete pienamente soddisfatti di me. Addio signori, la festa é finita”.
Chamfort riferisce questo gesto, con malcelata ammirazione, perché quel nobile era così riuscito, secondo lui, a dar lezione a tutta Napoli.
Evidentemente, Chamfort non era un ammiratore del Domenichino.
[in copertina: Paesaggio con Mosè e il roveto ardente, del Domenichino]