I- Giovinette Discinte
Il Libro Primo dei Re, nella Bibbia, racconta brevemente questa storia (1, 1-4): «Il re Davide era diventato vecchio e avanzato negli anni; benché lo coprissero con abiti, tuttavia non si riscaldava. Gli dissero perciò i suoi servi: “Si cerchi, per il mio signore, il re, una ragazza vergine che stia dinanzi al re e abiti con lui, così dormirà sul suo seno e il re, mio signore, si riscalderà”». La fanciulla, scelta dopo un lungo e dispendioso concorso, tra tutte le più belle, e illibate, ragazze d’Israele, si chiamava Abisag, era sunamita. E Davide – si precisa – “non la conobbe” – ossia, non ebbe con lei rapporti coniugali. La tradizione vuole che a questa bellezza impareggiabile il re Salomone abbia poi dedicato i versi più ardenti del Cantico dei Cantici.
Passati alcuni millenni dall’avventura biblica, puntualmente è accaduto di nuovo, che si prescrivesse un po’ di sana lussuria o, a seconda dei casi, un briciolo di lubrico contatto o voyeurismo per guarire altri Potenti dalle malattie più gravi. I medici dei secoli passati, proprio perché timorati e pii, quando non sapevano dove sbattere la testa, volentieri si ispiravano al Vecchio Testamento, fonte di ogni Verità.
Lo storico gesuita Gabriel Daniel, autore di una celebrata Histoire de France, documenta che, colpito il re dal morbo che doveva condurlo alla tomba, i cerusici proposero a Luigi VIII, il padre di Luigi il Santo, di dormire nello stesso letto con una giovinetta. Quella era l’unica infallibile panacea che veniva loro in mente. Il sovrano, con le ultime forze, ricusò l’offerta. “Fu in questa occasione – scrive Daniel – che il Principe si mostrò veramente cristiano. Quale che fosse la natura del suo male, i medici gli andavano proponendo un rimedio, che la Legge di Dio gli proibiva; ma nonostante che rifiutasse di servirsene, non gli si lasciò neppure il tempo di addormentarsi profondamente, che subito gli venne infilata nel letto una giovane damigella. Al suo risveglio, il re chiamò l’ufficiale che sorvegliava la sua camera, e ordinò che la fanciulla si ritirasse, dicendo queste belle parole: che valeva meglio morire, piuttosto che salvarsi la vita con un peccato mortale […]. Pochi giorni dopo questo grande Principe morì della più preziosa morte, che un re cristiano possa desiderare: martire della Castità”.
II- Utilità dell’Ermippismo
Anche Ruggero Bacone, nel XIII secolo, aveva sentenziato che il corpo vecchio, se vuole recuperare salute e vigoria, deve frequentare i corpi giovani, “in modo che il primo possa assimilare le emanazioni vitali dei secondi”. Ma la ricetta dell’elisir di Lunga Vita basata sul “fiato delle fanciulle” fu in certo senso “riscoperta” solo nel Settecento dal medico di Hannover Giovanni Cohausen. Nel 1744, il clinico divulgò – a settantanove anni – il definitivo manuale sull’argomento: l’Ermippo Redivivo.
Il longevo trattatista partì da un’osservazione non banale: gli insegnanti e i precettori o vivono più a lungo degli altri, o, comunque, si mantengono più giovanili, anche in tarda età. Gorgia, Isocrate, Teofrasto sfiorarono i cent’anni. Dunque, opina Cohausen, attingere la longevità è ancora più probabile, se si inala di continuo il puellarum anhelitus, cioè, il “fiato delle fanciulle”.
L’autore poi ricorda che la respirazione “bocca a bocca” (ma allora non si chiamava così) operata da giovinette, ha salvato numerose vite umane – quindi, per analogia, si può pensare che il loro alito riesca anche a prolungarle.
L’Ermippismo incontrò un prevedibile successo. Hermannus Boerhaave riporta che a un vecchio e acciaccato principe tedesco i medici prescrissero di riempirsi il letto di “fresche giovinette”. Il trattamento riuscì “talmente efficace”, che si dovette “sospenderlo per prudenza”.
III- Il Latte alla Mammella
Incurante di qualsiasi antecedente biblico, il celebre dottor Tissot prescriveva invece – agli uomini d’ogni età, purché deboli di forze –, latte di balia, come infallibile rimedio. Non in bicchiere, ma direttamente preso dalla mammella. E poiché l’uomo è – o dovrebbe essere – privo di vigore, è a letto che bisogna allattarlo.
Si dice che un Principe trovò questo farmaco talmente miracoloso che, per non perder l’abitudine alle poppate che gli avevano prodigato ben due nutrici prosperose, e per rinnovarsi quello stesso piacere di lì a nove mesi, le rese madri entrambe, durante le fasi più acute e dinamiche della terapia. La cura, secondo Tissot, fu suggerita al nobile da Gerolamo Capivaccio, un medico padovano attivo nel Cinquecento.
[dalla Fantaenciclopedia, voce “Medici & Medicamenti”]
[in copertina: Pero e Cimone, del Guercino]