I- Sentenzia Thomas De Quincey, ne L’Assassinio considerato come una delle Belle Arti: “se un uomo si dichiara filosofo e nessuno ha mai attentato alla sua vita, potete star sicuri che non vale nulla!”. Per lo scrittore, scampare come vittime a un delitto, o soccombervi, è il marchio distintivo del vero Pensatore.
Il grande Cartesio, per esempio, stava per essere accoppato in mare dai feroci pirati della Frisia. Si salvò solo perché i filibustieri pensavano non conoscesse altro che il francese e parlarono apertamente, in sua presenza, dei loro piani per eliminarlo.
Spinoza venne soppresso, sic et simpliciter, dal suo medico curante.
“Malebranche, vi farà piacere apprenderlo”, aggiunge un soddisfatto De Quincey, “è stato assassinato”: lo uccise il vescovo Berkeley sottoponendolo, benché debole, a una furibonda discussione filosofica.
Di Leibniz, seppure negli annali non risulti ammazzato da nessuno, “si può dire ch’egli è morto in parte per la paura d’essere assassinato e in parte per il dispiacere di non esserlo”.
Inoltre, non fosse stato per un incidente, Kant era un uomo morto”.
Si dice che il suo potenziale assassino fu distolto dall’impresa malvagia solo all’ultimo istante, adocchiando una preda migliore. Pare che benché folle, ma contemporaneamente uomo timorato, l’attentatore abbia supposto che un vecchio professore “poteva essere carico di peccati. Non così un fanciullo. In base a questa considerazione si distolse da Kant al momento critico”, per assassinare poco dopo “un bimbo di cinque anni”.
In tempi più moderni, si distinsero come probabili assassini di Filosofi i membri di un’organizzazione, quasi una setta, che avversava Einstein e le sue teorie sul Cosmo. “Un uomo” – ricorda il fisico Stephen Hawking – “fu riconosciuto colpevole in tribunale di avere incitato altri a uccidere Einstein”, e perciò fu condannato “a pagare una multa di sei dollari”.
II- Blaise Pascal (1623-1662) – fuori dal catalogo di De Quincey – fu anch’egli oggetto di ben due attentati. Scampò solo al secondo, si può dire.
Quando il piccolo Blaise era ancora a balia, non sopportava l’acqua e, se vedeva i genitori l’uno accanto all’altro, era colto da parossismo. Questi comportamenti, troppo strani per un bambino ancora in fasce, destarono i sospetti del padre. Messa da lui alle strette, una vecchia mendicante confessò di aver gettato il Malocchio sul lattante. Costretta a levarglielo, la strega uccise due gatti, quindi ordinò che sul pancino del piccolo ossesso spalmassero un impiastro. Pascal ne morì.
Stavano per seppellirlo ma il padre si oppose perché la vecchia, picchiata sonoramente, gli rivelò che sarebbe rimasto morto solo fino alla mezzanotte. All’ora stabilita, il bimbo riaprì gli occhi e si riprese.
Poi, da adulto – lo racconta la nipote, Marguerite Pèrier –, accadde a Pascal anche questo: “una donna che faceva da portinaia andò a cercarlo nella sua stanza per pugnalarlo, ma fortunatamente non lo trovò”.
Davvero sorprende che abbia attirato tanto astio omicida, un uomo che non era solo sublime Pensatore, ma che schivava il mondo, e si trovava a proprio agio solo quando si appartava. Se concedeva ai rari suoi ospiti un colloquio, le sue conversazioni erano amabili ma segretamente spinose.
Il filosofo, che fu anche logico, matematico e scienziato, ma soprattutto cristiano intransigente, indulgeva volentieri alla macerazione occulta del proprio corpo.
La sorella racconta che fu lo stesso “spirito della carità” a venirgli un giorno in aiuto, ispirandogli “di procurarsi una cintura di ferro irta di spine da indossare sulla carne viva tutte le volte che lo avvertivano che qualcuno chiedeva di lui. Lo fece, e appena sentiva destarsi lo spirito della vanità, o si credeva toccato dal piacere della conversazione, dava uno strappo alla cintura per raddoppiare la violenza delle punture e richiamare alla memoria il proprio dovere. Questa pratica gli parve così utile che ne fece uso anche per guardarsi dall’inazione in cui si vide ridotto negli ultimi anni”. Anni però terribili, durante i quali vedeva “concretamente” spalancarsi un abisso accanto alla sua poltrona.
Vorrei solo aggiungere, in chiusura: Pascal, l’abbiamo visto, era una creatura umana che aveva viaggiato “oltre” la morte. Quello che ha da dirci sulla nostra sorte terrena non può essere banale, e val la pena di ascoltarlo, leggendo i suoi Pensieri.
[in copertina: Felix Jenewein, quadro della “Serie della Peste”]