Tutte le culture hanno accettato in qualche modo, o tollerato, che i Morti ritornino come fantasmi incorporei, ma si sono sempre ribellate con ogni mezzo a che i Morti ricalchino la Terra in carne e ossa. Per questo le crociate contro i Vampiri sono sempre state particolarmente frenetiche, fanatiche e cruente.
Si rispetta il Morto – a ben guardare – solo se e quando fa il morto, e si accomoda senza tante fisime nel sepolcro o nell’inceneritore.
I Vampiri sembrano, di fatto, comuni “Risorti” come gli altri di cui parlano i testi sacri delle Religioni – come i più famosi, come Lazzaro, ad esempio. Ma incutono terrore perché sono malvagi.
Si possono – questi mostri – dividere in due categorie distinte, a seconda se se lo siano meritato oppure no.
I Vampiri “involontari”, sono in genere gli innocenti (soprattutto donne) contagiati da uno o più morsi di Vampiro: vittime quindi, dell’attrazione irresistibile che istiga e fomenta il loro sangue scorrendo vivo nelle vene. Ma tra gli “involontari” vanno inclusi anche quelli che derivano la loro diabolica condizione dal semplice Compleanno. Sostiene lo psicoanalista Ernest Jones, che per certi popoli i bambini “nati nel giorno di Natale sono destinati a diventare Vampiri, quale punizione del peccato della madre, presuntuosa al punto di concepire il proprio figlio lo stesso giorno della Vergine Maria”.
I Vampiri “volontari”, sono invece coloro che hanno compiuto nefandezze tali da rendere inevitabile il loro Risveglio, come soggetti rigettati perfino dalle Bolge: “Hock elenca un certo numero di Peccati che possono determinare questo destino dopo la morte”; per esempio: “lavorare di domenica, fumare nei giorni sacri, e avere rapporti sessuali con la nonna“.
Sempre secondo Jones, puntiglioso indagatore dell’Incubo, la Chiesa greco-ortodossa insegna “che gli Eretici dopo morti diventano Vampiri”: quindi, se la sono voluta, e non possono ignorare d’essere stati avvertiti.
Il Vampiro è ambiguo: per questo ha fascino, e fama di ammaliatore. L’accompagna un alone di mistico inganno. Il corpo in frac di Dracula, il cadavere mantellato del bieco Nosferatu, gli “amabili resti”, vestiti con abiti dimessi, del Dibbuck, una volta scoperchiati nella cassa e visti in stato diurno di riposo, risultano ancora dopo anni “incorrotti” e “rosei” come il giorno della tumulazione: recano dunque gli stessi segni di miracolosa conservazione che decretano di solito la fortuna ultraterrena e garantiscono gli altari ai pii Santi e alle Sante immacolate.
I “Non Morti” rivestono inoltre un importante compito “allegorico”. Voltaire riferisce, che per dom Calmet la prova che la Resurrezione di noi tutti avverrà nel Giorno del Giudizio, è già nei Vampiri. Solo che loro sono risorti prima del tempo – sono stati intempestivi, fuori sincrono.
Alla loro precocità si accompagnano però caratteristiche che noi, peccatori di media tacca, non avremo, rivivendo nel Giorno dell’Ira: le intemperanze sessuali, le libagioni di sangue, gli svolazzamenti notturni, le scorribande in forma di animali.
Particolare macabro, dantesco, da Commedia: in una delle pagine più terrificanti di Bram Stoker, Dracula risale il muro del suo castello serpeggiando come una lucertola, mostruosa.
Il domenicano Dom Calmet si è distinto, nel Settecento, come grande studioso dei Vampiri. Il suo approccio alla materia (lo dimostra il Traité sur les apparitions des esprits et sur les vampires, ou les revenants de Hongrie, Moravie, etc…) non è mai scomposto, è “quasi” scientifico, e soprattutto ben documentato. Scrisse in anni nei quali in certe zone dell’Europa questi “latitanti dell’Inferno” cominciarono a disertare i camposanti a frotte, diventando più spavaldi e più numerosi che prima.
Non si contarono, allora, le Infestazioni.
“Nella famosa Epidemia di Vampiri di Meduegya”, avverte Jones, molte vedove si ritrovarono “ingravidate” dai loro sposi morti da tempo. Cosa abbastanza naturale, dato che i Vampiri visitano sempre per primi i parenti, e in particolare “mogli e mariti”.
Anche lo storico Delumeau racconta, che ci fu una ‘‘epidemia di paura dei fantasmi, e particolarmente dei vampiri, che si propagò tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII in Ungheria, Slesia, Boemia, Moravia, Polonia e Grecia.
È difficilissimo “uccidere” un Vampiro. I marchingegni che Van Helsing adopera per assassinare Dracula, benché si basino su superstizioni collaudate, sono il frutto di uno spirito ottimistico al lavoro, di pretto stampo positivistico. Prima, le sperimentazioni andate male, in questo campo, paiono innumerevoli. Dovunque, si andava a tentoni, a tentativi, aggredendo i corpi intatti e senza pace per giorni, settimane, qualche volta, intere interminabili stagioni.
Un contadino di Mikonos, alla fine del 1700, ucciso in circostanze misteriose, cominciò a infestare i paraggi. Finché (narra Dom Calmet), il suo cadavere non fu estratto dalla tomba. Un macellaio gli strappò il cuore, che venne bruciato sulla spiaggia. Ma lo spirito non si placò. «Fu necessario esumare di nuovo il cadavere, che, messo su un carro, urlava e si dibatteva. Alla fine venne bruciato e così cessarono le sue “apparizioni”».
Il costume, invalso in certe contrade fino ai tempi più recenti, di introdurre nel sepolcro dei defunti – o pretesi tali – alcuni generi alimentari di durevole conservazione, non va affatto definito “pietoso”. Non si tratta di “viveri” indispensabili ai Morti per intraprendere un lungo viaggio verso l’Ade, o l’Aldilà. Il motivo è un altro, e lo spiegò il distinto “diacono di Nebra” Michele Ranfft, nel suo trattato: De Masticatione Mortuorum in Tumulis, seu Vampirismo (1728, tradotto in Italia come Diceria del Vampiro).
E. T. A. Hoffmann, sotto aspetto di Lotario – uno dei suoi Confratelli di Serapione – afferma di aver letto e apprezzato questo saggio inquietante. Si era certi, afferma Ranfft, che queste vivande abbandonate nella tomba fossero “vitali” pei defunti, in loco, perché i Morti in quanto tali amano comunque mangiucchiare qualcosa, pur d’ingannare l’infinita noia del Sepolcro. Altrimenti c‘è il pericolo che cerchino di rifocillarsi altrove, sciamando nei villaggi e nelle città dei Vivi.
Che i Vampiri siano famelici, risulta a tutti i Popoli cosiddetti “primitivi”. Normalmente essi però si contentano di suggere e masticare altri cadaveri, i meno fortunati, piuttosto che esseri viventi: il che rende il loro lavoro oscuro e difficilmente controllabile, visto che si svolge soprattutto di notte, al riparo e nel buio delle cripte e dei cimiteri.
I Bagobo di Mindanao, una delle Filippine – dice al riguardo Frazer – , usano un’astuzia particolare per distrarre i Vampiri dai loro banchetti, durante i quali queste diaboliche creature si accaniscono contro i loro cari immobilizzati dal trapasso. Per impedirlo, i Bagobo, almeno fino al secolo decimonono, scannavano uno schiavo, e mettevano a disposizione di tutti la sua salma, in modo che chiunque potesse tagliarne e asportarne un pezzo. Questi bocconi appetitosi venivano poi sparpagliati nella tomba “di qualche parente di cui un vampiro stava consumando il corpo. Il vampiro attirato dal cadavere più fresco avrebbe lasciato in pace il cadavere antico putrefatto“, quello dell’Antenato.
[in copertina: Nosferatu di Murnau (1922): il momento in cui il vampiro esce dalla bara]