I- L’esistenza dei Serpenti Acquatici, acclarata da numerose spedizioni, sembra contraddire la Bibbia là dove (Genesi, 3, 14) l’Altissimo si esprime in questo modo: «Allora il Signore Dio disse al serpente: “Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita”».
Anatema che comporta, non solo la perdita delle zampette, presenti prima sul suo corpo in numero imprecisato, ma soprattutto la condanna a strisciare sulla superficie polverosa della Terra, e non nuotare in mare.
Però certi biblisti ritengono che la maledizione di Genesi riguardi solo il Serpente Tentatore e casomai i suoi diretti discendenti: gli altri godono di una certa libertà.
Nonostante ciò che è specificato nella Scrittura Sacra, per gli zoologi nessuna specie di serpente si è mai alimentata con la polvere; ma l’obbiezione non disarma il Credente. In ogni caso, tutto ciò che ne ha scritto Mosè è vero anche se sembra inverosimile: prova indiretta ne sia – argomenta Nicolas Sylvestre Bergier nel suo Dictionnaire de théologie dogmatique (1768) – che anche “quelli che sentono parlare delle opere dei castori per la prima volta son tentati di prendere per fole ciò che si racconta”.
Che ci siano altri tipi di serpenti, e che la condanna scagliata nell’Eden non li abbia nemmeno sfiorati, lo afferma la Bibbia stessa.
Ci si dimentica spesso che in assoluto il più grande dei cosiddetti “Animali Apocrifi” che hanno vissuto (o vivono) sul nostro pianeta era, o è, un gigantesco e “tortuoso” serpente di mare, di genere femmina, al quale il Signore impose lo spaventevole nome di Leviatano. Molti scambiano questo mostro per una balena, a torto. Giobbe lo descrive minuziosamente e anche Isaia (27) chiarisce che non si tratta d’un mammifero: è un rettile d’infinita grandezza, che prospera negli abissi marini; è immortale, ma alla fine dei tempi il Padreterno lo punirà e lo ucciderà “con la sua spada dura, grande e forte”. Secondo il Midrash, la sua carne appetitosa e pressoché inesauribile rifocillerà i Giusti all’avvento del Messia. Per Giovanni (Apocalisse), questo “Dragone” non è altro che una forma del Diavolo.
II- Nei tempi a noi più vicini, pare che il gran Serpente di mare europeo abbia scelto come propria dimora le acque del Nord, disertando il Mediterraneo. In Norvegia, secondo Pontoppidan, quando il visitatore o il turista ardiscono parlarne in modo dubitativo alle popolazioni del luogo, vengono accolti da un commiserevole sorriso, “come se avessero dubitato dell’esistenza dell’anguilla o di qualsiasi altro pesce che compare sulle mense”.
Molti esperti, tra i nordici, dicono che questo rettile, che raggiunge anche i 60 metri di lunghezza, nasce sulla terra e lì si svezza; poi, superata crescendo una certa stazza, non riesce quasi più a muoversi. Allora striscia faticosamente fino alle rive dell’oceano, distruggendo e squassando ogni bosco, foresta o abitazione che intralcia il suo passaggio e finalmente si getta tra i marosi, dove ritrova d’incanto la sua agilità. Il Mundus Mirabilis del pastore protestante Gremius, afferma che il 6 gennaio 1656 due testimoni videro a Londen, in Norvegia, uno di questi mostri comportarsi così, e durante il suo transito emetteva sibili e urla talmente potenti da terrorizzare i villaggi antistanti.
Olaus Magnus, arcivescovo di Upsala, menziona un Serpente mostruoso, lungo più di duecento piedi, e venti e più di circonferenza, sostenendo d’averlo visto di persona. Coperto di scaglie come i suoi parenti terrestri, incuteva terrore coi suoi enormi occhi neri e brillanti.
Nel XIV secolo, il cavalier Gozzone (Gozon), a Rodi, ebbe ragione d’un drago marino al termine di un’epica tenzone: grazie all’impresa, fu nominato Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. L’onorificenza fu solo parzialmente meritata: il cavaliere schivò il corpo a corpo con la bestia, e per respingerla si servì di cani ammaestrati.
Jules Berger de Xivrey nelle sue Traditions Tératologiques (1836), raccolse puntigliosamente altre testimonianze. Le migliori concordavano su un fatto preciso: questi serpenti sono dotati di una formidabile criniera.
Il capitano Laurent de Ferry, lo confermò, scrivendo una lettera, da Bergen, il 21 febbraio 1751, che conteneva il resoconto del suo incontro ravvicinato col rettile mostruoso, avvenuto appena cinque anni prima. Il Serpente esibiva un colorito grigio, la testa somigliava a quella di un cavallo, “e una lunga criniera gli fluttuava sul collo”.
Questa capigliatura è descritta di solito come spessa, fluente, e talmente estesa che altri navigatori l’hanno scambiata per una coppia d’ali e, altri ancora, per un paio d’orecchi sproporzionatamente sviluppati.
Nel 1826 Padre Donald MacLean segnalò ancora uno di questi serpenti, affioranti dal mare delle Ebridi. Nello stesso anno apparve un grande serpente alle Orcadi: misurava diciotto metri. Un mostro simile fu avvistato a capo Anna, nelle vicinanze di Boston, nel 1837, e un altro nelle Azzorre, nel 1837, se fa fede il libro di bordo della nave “Le Havre”.
Fuori dal rifugio protettivo del mare, nel 236 prima dell’era volgare, un ipertrofico serpente acquatico attaccò le guarnigioni romane, comandate da Règolo, seminando lo scompiglio. Il console lo combatté con tutta la forza dell’esercito: finché la pietra lanciata da una catapulta raggiunse il viscido nemico e lo spappolò. La pelle del mostro fu inviata a Roma, come trofeo impareggiabile.
Quando Attilio Regolo fu condannato a morte dai Cartaginesi, una tortura estenuante gli negò il Sonno: gli cucirono le palpebre affinché i suoi occhi restassero aperti. Nelle sue lunghe veglie d’agonia gli fu compagno, siamo sicuri, il ricordo squamoso, recente e indelebile, di quel feroce scontro col Rettile.
Ancora oggi ci si imbatte in qualcuno che, sul web, difende l’esistenza del Serpente di Mare, benché qualsiasi racconto riguardante questa mitica bestia paia smentito dalle traversate oceaniche, dalle esplorazioni, dalle crociere turistiche, dai satelliti spaziali onnipresenti e onniveggenti. Nel corso della storia, mai i nostri mari sono stati tanto affollati e inquinati dalla presenza umana. Forse per questo le Serpi marine battono ormai solo gli abissi o le correnti del Fantasy e della Fantascienza. Dove trovano, insieme ai draghi e a tutti gli altri “Animali Apocrifi” della Storia, il loro habitat più congeniale.
Personalmente, ritengo che l’aspetto più pauroso dei serpenti acquatici non sia la loro grandezza, il loro sbuffare, il drizzare la criniera minacciosa o i loro occhi che scintillano odio. Niente di ciò che si “vede”, e ti si manifesta come nemico, può superare il terrore dell’invisibile. Nei miei incubi ci sono serpenti lunghi più di un metro, sottili come capelli, trasparenti come l’acqua, che, quando nuoti ignaro nelle loro pozze, ti attaccano sguainando i loro denti minuscoli ben più velenosi di quelli delle vipere.
Serpenti come questi esistono davvero, anche se non sono diafani, ma consistenti. Vivono nel continente australiano. Il loro nome è: Notechis scutatus. Sono elapidi; c’è chi li chiama “serpenti tigre”. Non sono anfibi (nessun rettile lo è) ma amano accamparsi vicino a fiumi e stagni e non disdegnano immergersi in acqua, in cerca di cibo: prede che devono essere vive. Il loro morso venefico è fatale per gli esseri umani, nel 50 per cento dei casi.