I- L’inafferrabile signor Jordan (Here Comes Mr. Jordan), conosciuto da noi anche con l’orribile titolo Mille cadaveri per Mr. Joe, è un gradevole film “fantastico” del 1941 diretto da Alexander Hall e interpretato da Robert Montgomery, Claude Rains, il sempre sublime Edward Everett-Horton (nella parte dell’Angelo inetto “7013”), e da James Gleason.
La trama è semplice e efficace: Joe Pendleton, un pugile in procinto di battersi per il titolo mondiale, precipita col proprio aereo in avaria. L’impatto col suolo è talmente devastante che un Angelo alle prime armi, il numero “7013”, preleva l’anima di Joe senza assicurarsi che sia effettivamente morto. Ma Mr. Jordan, un’Autorità di rilievo nel Mondo degli Spiriti, scopre, sfogliando il suo dossier personale, che il pugile sarebbe scampato all’incidente e che la data della sua morte era successiva: circa mezzo secolo dopo. L’errore è grave e pressoché irreparabile, perché Joe non può rientrare nel proprio corpo, che nel frattempo è stato cremato. Mr. Jordan e l’Angelo si danno da fare per trovare un nuovo alloggio a quell’anima ingiustamente trafugata: e la scelta cade su un milionario appena ucciso dalla moglie, che Pendleton è sicuro di poter allenare fino al punto da farlo diventare un campione della boxe.
L’inafferrabile signor Jordan riscosse un notevole successo: regista e attori concorsero al premio Oscar nel 1942, che fu vinto dagli sceneggiatori Sidney Buchman e Seton I. Miller, e dal soggettista Harry Segall, in quanto autore della storia. Che non era molto “originale”, perché lo stesso tema, svolto da Segall in forma di commedia umoristica, aveva già avuto illustri antecedenti: come ho cercato di dimostrare nell’articolo “Errori e miserie della Burocrazia Infernale”, tracce se ne trovano perfino negli Exempla medioevali.
Il trailer del film
Heaven Can Wait, il successo teatrale di Harry Segall che è alla base dell’Inafferrabile signor Jordan, fu portato di nuovo sullo schermo da Warren Beatty e Buck Henry (con lo stesso titolo: Il Paradiso può attendere), nel 1978. Nel 2001 il film Ritorno dal Paradiso, con Chris Rock ha tratto spunto dalla stessa storia. Un’estrema propaggine della quale anima anche il “cartone” (si fa per dire) della Pixar Soul, del 2020.
Oltre ai remake, Here Comes Mr. Jordan ha avuto un sequel: Bellezze in cielo (Down to Earth, 1947) un mediocre musical ancora diretto da Alexander Hall, che ha utilizzato, in parte, lo stesso cast. Rita Hayworth incarna Tersicore, dea della danza scandalizzata dai balletti di Broadway, che si fa spedire sulla terra da Mr. Jordan per punire chi ha osato ridicolizzare la sua arte. Naturalmente poi si ricrede e si scatena sul palcoscenico in numeri ballerini di “elegante” trivialità.
II- Il tema del “ritorno sulla Terra” dei defunti o di chi ha avuto esperienze di pre-morte è stato trattato più volte nel cinema. La leggenda di Liliom, commedia di Ferenc Molnár, venne riproposta sullo schermo nel 1934 da Fritz Lang.
The Scoundrel (1935), diretto in coppia dai grandi sceneggiatori Ben Hecht e Charles MacArthur, è una fiaba moderna nella quale un cinico e wildiano Noel Coward (al suo esordio sullo schermo), muore in un incidente aereo, schiantandosi in mare. È stato sempre odiato da tutti: una voce “celestiale” gli dona però la possibilità di ritornare in vita, ma ha solo un mese di tempo per farsi rimpiangere o anche solamente piangere da qualcuno.
In A Guy Named Joe (da noi: Joe il pilota,1943, regia di Victor Fleming, con Spencer Tracy e l’immancabile James Gleason), l’Aldilà è di nuovo una fumosa e bianca prateria che si estende a perdita d’occhio, ma viene mostrato in modo ancor più dettagliato il modo col quale i morti riescono a scrutare e a seguire le vicende dei viventi.
A Matter of Life and Death (Scala al Paradiso, 1946) di Michael Powell e Emeric Pressburger, è, tra tutti i film che raccontano storie di “redivivi”, il capolavoro.