Per la Chiesa, le Streghe erano “Eretiche”: avevano abiurato la vera Religione per adorare, come Dio, il diavolo. Di qui l’accanimento atroce col quale tutte le confessioni che si sono dette cristiane hanno perseguitato donne che oggi, ai nostri occhi moderni, appaiono solo più libere delle altre, loro contemporanee.
Incomprensibile è invece la ferocia con la quale si distinsero i Tribunali “normali” nella caccia alle Malefiche. Il Foro secolare voleva prevalere a tutti i costi sull’altro, quello ecclesiastico. Arrivare prima, bruciare meglio. Riuscì quasi dovunque a soppiantare il potere dei vescovi per accendere i roghi più spettacolari. Ma di cosa, esattamente, potevano essere accusate le Streghe, dal punto di vista, laico, del Diritto?
I processi per stregoneria aprirono davvero nuove frontiere. Le confessioni più inverosimili, favorite e estorte (è ovvio) sotto tortura, fecero giurisprudenza, per cui sparì dai Tribunali qualsiasi accenno al corpus delicti. Un solo esempio, tratto da La Strega di Michelet: una presunta fattucchiera «confessa di aver Una strega confessa di aver sottratto al cimitero il corpo d’un bambino morto da poco, per consumarlo nei suoi miscugli magici. Il marito dice: “Andate al cimitero. Il bambino c’è”. Si scava, lo trovano nella bara. Ma il giudice decide, contro i suoi occhi, che è un’apparenza, un miraggio del Diavolo. Al fatto preferisce la confessione della donna. Al rogo».
Dove c’è il Diavolo o la Magia di mezzo, infatti, non ha più senso distinguere innocenza e colpevolezza: allora la Civiltà del Diritto si prende una pausa (di non-riflessione) che somiglia a un Saturnale. C’è da chiedersi: ma davvero i Magistrati credevano ai racconti che “volevano” ascoltare, a tutti i costi, dalle loro vittime?
Gli Inquisitori, ai tempi del processo contro i ‘‘valdesi” di Arras, stabilirono: che la cristianità è piena di stregoni; che essi tra loro vantano vescovi e cardinali; che, incontrovertibilmente, ‘‘un terzo dei cristiani sono stregoni camuffati”. Ciò comporta che ove l’Inquisizione si fosse dimostrata più attiva o più informata, al rogo doveva finire, di media, il 33% della popolazione europea.
Pur non toccando queste vette da primato, la Scozia solerte nel solo periodo 1590-1680 bruciò sul rogo o comunque giustiziò quattromilaquattrocento fattucchiere e maliardi. In Germania, a Obermarchtal, (si veda, per queste stime, Delumeau, La Paura in Occidente), ‘‘una modesta frazione rurale di 700 abitanti, 43 donne e 11 uomini perirono sul rogo” nel triennio 1586-88, ‘‘vale a dire il 7% della popolazione”.
Nicolas Remy, insigne magistrato di Nancy, che in sedici anni bruciò ottocento streghe, si vantava così: “la mia giustizia è tanto buona”, scrisse al cardinale di Lorena nel 1596, “che, l’anno scorso, sedici si sono ammazzate per non passare dalle mie mani”. Nella storia dell’Ingiustizia umana, c’è sempre un giudice beccaio che scambia un suicidio, disperato, e da lui stesso provocato, per una ammissione di colpevolezza.
In genere, tutti i Processi per Atti di Stregoneria si basavano su prove che l’Inquisitore riteneva inconfutabili, ma che per qualsiasi mente sensata lasciavano molto a desiderare.
“I giudici di Germania, secondo Bodin, prendevano per indizio di stregoneria il non poter piangere in mezzo a’ tormenti. Un parroco bruciato a Loudan fu creduto stregone, perché non effuse in mezzo al fuoco mai una lagrima”. Nell’incertezza se fosse davvero un fattucchiere, comunque, gli si bruciarono le carni per scoprirlo.
Per accusarle di combutta col demonio, si cercava sul corpo nudo delle sospettate un “segno del diavolo”, e le stigmate, i nei, le voglie, o lievi deformità come “un capezzolo in più”,erano considerate una specie di “distintivo” della Strega. Reginald Scot – nel 1584 –scrive: che se una donna sospetta “ha un marchio di cui nessuno è a conoscenza sotto le ascelle, sotto i capelli, all’interno del labbro, o sulla natica, o nelle parti intime: tutto ciò costituisce una presunzione sufficiente per il giudice a procedere, e a pronunciare una sentenza di Morte contro di lei”.
Nelle indagini corporali l’inquisitore sadico dava grande importanza all’assenza di sensibilità delle pelle, anestesia che era sintomo sicuro di “possessione” e di commercio col Maligno. Di solito queste prove venivano fatte con aghi metallici o altri aculei, o punte sottili di coltello, che punzecchiavano la cute delle prigioniere. Se le presunte streghe, trapassate dall’ago, non denunciavano dolore, o non sanguinavano, erano perdute.
I “punzecchiatori” professionisti erano molto richiesti nel Regno Unito, e ben remunerati; ma il fatto che, almeno fino a metà del Settecento, fossero pagati un tanto a condanna, e non a prestazione, lascia adito al sospetto che, talvolta, il loro tocco non fosse poi così deciso, pungente e cruento. Insomma che volontariamente esercitassero sull’epidermide delle donne catturate una delicatezza e un “tatto” cavalleresco del tutto fuor di luogo.
Matthew Hopkins fu uno dei più implacabili punzecchiatori di streghe della Storia. In soli tre anni, dal 1644 al 1647, e nella sola Inghilterra orientale, cacciò, scovò, punse, e fece giustiziare trecento maliarde indemoniate. Si venne poi a sapere che proprio Hopkins, , durante le sue ispezioni corporali aveva sempre con sé uno strumento particolare, da attrezzeria “teatrale”: “possedeva”, secondo lo storico della tortura Riley Scott, “uno speciale ago spuntato, fissato a un’impugnatura di legno. Una volta premuto contro la pelle, l’ago rientrava nella impugnatura, dando l’impressione di essere penetrato nella carne fino all’elsa senza causare grida e gocce di sangue”.
In questo modo, è evidente, smascherava le donne più ostinate e le costringeva a confessare. Le convinceva, credo, per Assurdo: – ossia, facendo leva sullo stupore loro d’esser state sottoposte alla più fraudolenta delle Torture. Quella che non ti fa soffrire.
Leggo nel libro The Discovery of Witches scritto dallo stesso Matthew Hopkins, che codesto celebrato punzecchiatore apprezzava, e pubblicizzava, un sistema ancora più specifico e immediato, per smascherare le sue vittime. D’accordo, in ciò, con l’autorità del re Giacomo Primo, propugnava l’Ordalia dell’acqua come prova infallibile per la stregoneria. Infatti chi stringe un patto col diavolo rinnega il battesimo, e da quel momento qualsiasi acqua si rifiuta di accoglierlo. Di consegueza, la presunta strega o, anche se più raramente, lo stregone, venivano gettati in un fiume, un lago, un torrente, con una corda stretta intorno al corpo. Sulla corda, a una distanza scientificamente predeterminata, c’era un nodo. Se l’accusata “affondava sino a raggiungere una profondità tale da portare il nodo della corda sotto la superficie, la si riteneva innocente”. Altrimenti (afferma Riley Scott), veniva torturata e abbruciata viva. Non era sufficiente che non galleggiasse. L’espediente del nodo evitava i casi dubbi.
Hopkins era un entusiasta, quasi un maniaco dell’ordalia dell’acqua. La tradizione orale, fomentata da quei pochi che sopravvissero ai suoi sadismi, vuole che lui stesso fu gettato nell’acqua, galleggiò come uno stregone, e allora venne giustiziato. Ma il giudizio di Dio” in questione è pura leggenda. Hopkins morì in casa, appena ventisettenne, il 12 agosto 1647, pare per una forma di tubercolosi. Tuttavia non bisogna trascurare le Leggende, quando diventano, purtroppo, l’unica rivalsa concessa agli Oppressi – sempre perdenti, nella Storia Vera.
I casi di Processi alla Streghe sono infiniti. Non si può dare conto di tutti. Va denunciato però che questa barbarie, dal Medioevo, sia straripata fino all’epoca contemporanea, e sia giunta fino a funestare secoli come il nostro, secoli cosiddetti “illuminati”.
I Processi alle Streghe, infatti, non sono mai finiti. Mutano pelle. Diventano: politici. Oppure, mutano: sesso. Turing, il genio della matematica, l’inventore dei computer, fu condannato da un tribunale regolare degli Stati Uniti a diventare donna. Era omosessuale. Si suicidò. Cinquantamila omosessuali, per sentenza dei Tribunali, vennero castrati negli U.S.A. e non all’epoca dei padri pellegrini, ma negli anni ‘50 del secolo XX.