Il 15 agosto ricorre l’anniversario della nascita di Napoleone Bonaparte: un fatto storico che, però, qualcuno ha sospettato non sia mai avvenuto. Questo assoluto campione della “Diffidenza” si chiamava Richard Whately (abp. of Dublin) ed è stato autore degli Historic doubts relative to Napoleon Buonaparte, libro che ho avuto la fortuna di consultare in una edizione del 1827. Il suo modo di ragionare, di diffidare, è un modello valido di “Logica Altra” sul quale vale la pena di soffermarsi.
Whately, nel trattato succitato, ammette che ci sono state molte battaglie che hanno insanguinato l’Europa al principio dell’Ottocento. Ma, domanda: che sicurezza abbiamo, che a capo degli eserciti invasori impegnati in quelle guerre ci fosse davvero un “Napoleone Buonaparte”? Chi l’ha visto realmente, come persona, impegnato in quest’impresa? I testimoni sono pochissimi. Il resto, si è adeguato, per sentito dire. Non c’è stato nemmeno uno scettico, che abbia fatto la controprova. L’opinione pubblica mondiale ha creduto che questo individuo esistesse veramente, né più né meno come, prima di Copernico, si credeva a certe leggi cosmologiche e fisiche che poi, messe alla prova dell’esperienza, si sono rivelate false. Troppi miracoli e prodigi vengono associati al nome di questo fantomatico “Napoleone”. Appoggiandosi sull’autorità di Hume (l’Essay on Miracles del Trattato sull’Intelletto Umano), Whately compie un’operazione simile a quella condotta dal gesuita Jean Hardouin contro i classici latini e greci. Per Hardouin [ne parlo nella Fantaenciclopedia] tutte le opere tramandate dalla Letteratura degli Antichi – salvo rarissime eccezioni – in realtà erano state fabbricate “da monaci malandrini del XIII secolo, che si tenevano bordone chiamandosi tra loro, gli uni, Omero, Platone, Aristotile, Plutarco, gli altri, Tertulliano, Origene, Basilio, Agostino, ecc.”.
Per Whately, Napoleone è altrettanto “apocrifo”: non è mai esistito. Perché? Perché questa figura “storica” gli sembra innanzitutto una creazione dei giornali, i quali, si sa, hanno tutto l’interesse a divulgare notizie sensazionali prive di verifica. Se si leggono quotidiani e periodici, e se diamo credito a tutto quel che c’è scritto, ci accorgiamo che non si parla di uno, ma di due o tre Buonaparte, che hanno compiuto atti diversissimi o detto cose contraddittorie tra loro. Qual è quello autentico, allora?
Gli stessi “testimoni oculari” che avrebbero frequentato Napoleone cadono in contraddizione. In più, questi francesi hanno tutto l’interesse nel propagandare falsità, utili a spaventare i loro nemici. Non ce n’è abbastanza, per dubitare di questo personaggio? Non meritano la vita le avventure, le imprese mirabolanti di “Buonaparte” (wonderful things attributed to him), un supplemento d’investigazione?
Whately concede, ma solo in via di ipotesi, che può essere esistito un individuo chiamato Napoleone Buonaparte, tuttavia, insinua, anche questo nome potrebbe esser stato inventato, o meglio, frainteso, dalle masse, sempre in attesa di un eroe da venerare. Quel “Buona Parte” che reca e esibisce nel cognome potrebbe anche riferirsi solamente alla “parte buona dei francesi”, che si è distinta in guerra, e non a un singolo individuo.
Ora, qualcuno potrebbe sostenere che le prove che Whately cerca, sono a Sant’Elena, dove Napoleone in quegli anni era effettivamente detenuto. Ma, anche accertato (e non è detto) che nella remota isoletta oceanica ci sia veramente un prigioniero, che ne sappiamo chi è, e perché sia stato confinato in quel luogo? Non si lasci abbindolare dunque l’uomo ragionevole, da chi vuole a tutti i costi istaurare il culto di una personalità che non esiste.
Kierkegaard, in Briciole di Filosofia, sembra non sia troppo distante dai dubbi di Whately, quando si chiede: “Non sarebbe quanto mai strano dimostrare l’esistenza di Napoleone da qualche impresa di Napoleone? È infatti la sua esistenza che spiega le sue imprese, ma le imprese non spiegano la sua esistenza”.