L’essere più vicino a Dio, secondo i nostri saggi antenati, è il re. Kleist sarebbe stato contento di scoprire fino a che punto, certe volte, questa figura sia vicina, anche, alla Marionetta.
Luigi XV di Borbone, detto (da chi?) il Beneamato (Versailles, 15 febbraio 1710 -Versailles, 10 maggio 1774), fu sovrano di Francia dal 1715 fino alla sua morte. Riferisce Chamfort che, in tempi da lui non troppo lontani, fu presentato a questo re un certo progetto, che doveva essere discusso di lì a poco. Si riunirono allora i ministri, Luigi e la sua favorita, la celebre Pompadour: «furono dettate al re le risposte che avrebbe dovuto dare al primo presidente; tutto fu esplicitato in un verbale che predicava: “A questo punto il re prenderà un’aria seria; a questo punto la sua fronte si spianerà; qui il re farà il tal gesto” e così via. Il verbale è tutt’ora conservato ».
Schiavo del Copione, il re doveva interpretare il re, come indossasse una maschera, per essere creduto e stimato re. Ciò che da un monarca ci si aspetta, è più importante della sua sostanza di persona. Comunque, era notorio che Luigi Quindici si comportasse, in pubblico, e in mezzo ai suoi, come un cretino.
Non sarebbe andato, insomma, così lontano dalla verità il film Monsieur Beaucaire, con Bob Hope, in cui il re viene mostrato come un raggirabile “cocu”.
Luigi XV regnò per quasi 60 anni. Alla sua amante, Madame Pompadour – beneamata da tutti, ma non dal popolo –, si attribuisce il celebre detto: “dopo di noi, il diluvio”.
Ci andò vicina: ci fu un diluvio, non d’acqua, ma di sangue, appena 15 anni dopo la morte del re, con la rivoluzione francese, che spodestò e decapitò il nipote di Luigi, Luigi XVI, e la moglie Maria Antonietta.