I- Un martirologio basato sulle memorie di Nilo narra “che i Romani condannarono sette vergini settantenni a passare per le mani di tutti i giovani della città di Ancira” (l’odierna Ankara).
Esse erano colpevoli, perché cristiane: ma qual era la colpa di quei giovani? Perché si attentò così alla loro castità?
In effetti, riferisce Voltaire, alla fine non si trovò un solo ragazzo voglioso di applicare la sentenza – e il filosofo commenta: “a ragion veduta”. Si ignora se intendesse, così, sottolineare la differenza d’età tra sedotte e futuri seduttori, o la pietà e il rispetto che le cristiane illibate incutevano.
Allora secondo gli Acta sincera del benedettino Thierry Ruinart, il governatore di Ancira Teodecto, per ripicca, punì le sette vergini costringendole a servire, interamente nude, nei misteri di Diana. San Teodoto, ispirato da Dio – un pagano malizioso potrebbe aggiungere: e anche dalla Dea – pregò fervidamente che morissero, piuttosto che cedere alla tentazione.
La Provvidenza intervenne per mano di uno spossato e viperino Teodecto: le settantenni miracolosamente preservate dalla deflorazione, furono “gettate in un lago, ognuna con una pietra al collo”.
Ricevuta in sogno una visione dalla zia, Teodoto – che non era vescovo né presbitero, ma solo un locandiere –, recuperò i corpi delle povere affogate, e quando la sua opera pietosa venne scoperta, fu torturato, sdentato, bruciato su una pira (senza esito) e infine decapitato: solo la mannaia, infatti – è risaputo – estingue la vita dei Santi, sui quali veglia sempre il miracolo.
L’episodio è raccontato diffusamente da Voltaire nel Trattato sulla tolleranza, nonostante il filosofo (e con lui la critica moderna) dubiti che il fatto sia mai avvenuto.
La Chiesa celebra – non festeggia – il martirio delle Vergini e di Teodoto, il giorno stesso nel quale è avvenuto. Le sette cristiane massacrate dai persecutori si chiamavano: Tecusa (zia di Teodoto), Alessandra, Faina, Claudia, Eufrasia, Matrona e Giulitta.
II- Agnese, martire, fu esposta in una strada, prospiciente a un lupanare, perché non aveva abiurato la sua fede cristiana.
La Santa doveva essere bella. Sicuramente era nuda: la folla degli uomini però la evitava.
“Un solo passante ebbe la sfrontatezza di girare il capo verso la fanciulla e osò contemplare la sua sacra bellezza con occhio peccaminoso. Ma ecco, come un fulmine, una scintilla ardente guizza e lo colpisce agli occhi […]. I compagni lo raccolgono da terra allo stremo e piangendo gli rivolgono l’estremo saluto”.
Lo stesso cronista (citato in Atti e Passioni dei Martiri) aggiunge che, secondo alcuni, Agnese ridiede la vista e la vita al giovanotto.
Purché, si immagina, guardasse altrove.