I- Il Sogno in Elemosina
Pascal, per una volta d’accordo con gli scettici pirroniani, opina in uno dei suoi Frammenti che “nessuno, al di fuori della fede, è sicuro di dormire o di essere sveglio, dal momento che durante il sonno siamo certi di essere svegli come quando lo siamo veramente”. “Chi sa se l’altra metà della vita, durante la quale crediamo di essere svegli, non sia un altro tipo di sonno, un po’ diverso dal primo, da cui ci risvegliamo quando pensiamo di dormire?”. “Perché la vita è un sogno solo un po’ meno incostante”. È il motivo, credo, per il quale ci sembra più noiosa.
La Veglia stessa, dunque, difficilmente si distingue dal Sogno, e viceversa. E questa ambivalenza fa sì che non ci sia sogno più convincente, e quindi più ingannevole, di quello messo in scena e ricostruito a bella posta. Nella letteratura mondiale compaiono una miriade d’avventure – vere, o altrimenti favolose – che narrano come la Vita Reale sia stata travestita da Sogno per disorientare, burlare, o rieducare il protagonista della storia. Basta rileggere la giovinezza del Buddha, ad esempio, o il dramma La vida es Sueño di Calderon de la Barca, o i racconti su certe fantasticherie trasformate in realtà, che animano le infinite Mille e una Notte. O le crudeltà del terribile Vecchio della Montagna, in Marco Polo. Sono stravaganze, o beffe, esperimenti pedagogici, imposte “utopie”, che denotano a volte, persino, un malinteso senso della Carità.
Nella Storia del dormiente risvegliato (o: che era sveglio: Le dormeur éveillé), reperibile nell’edizione di Galland delle Mille e una Notte, Harùn al-Rashìd, camuffato da mercante, è ospite di un giovane godereccio ma rovinato dai bagordi, Abou Hassàn. Abou gli confida un suo “sogno”: il suo desiderio più grande è quello d’essere califfo al posto di Haroun-al-Rashid, sovrano, signore e padrone di Bagdad, “un giorno solo”, per prendere così vendetta di quei nemici i quali, profittando delle sue sfortune, lo calunniano. Il vero califfo, naturalmente, è davanti a lui, ma nessuno può riconoscerlo, perché la Guida dei Credenti ama aggirarsi nei sobborghi della metropoli in incognito.
Harùn gli propina una droga, e lo fa risvegliare nel proprio letto, nella stanza più lussuosa del palazzo principesco. Il giovane, credendo di sognare, per un giorno intero esercita il supremo potere: punisce chi vuole, e giace nell’harem con le donne più belle. Ma il tempo dello scherzo è breve, e presto lo si fa ritornare, narcotizzato, nella sua stamberga. La doppia esperienza lo fa impazzire, come accadeva ai seguaci del Vecchio della Montagna, che credevano d’aver passeggiato in Paradiso. Rinsavisce solo quando smette di chiedersi cosa gli sia realmente avvenuto. Tuttavia, mentre sognava di essere califfo, aveva inviato una borsa ricolma d’oro a sua madre, e quella borsa è veramente arrivata… “Allora?…”, vien da citare, da Coleridge, e da Borges, che ha scritto un saggio ammirevole sulla “Rosa di Coleridge”.
Galland era francese, come Filippo il Buono, e può aver trovato la sua materia favolosa non nell’Oriente, ma in Patria. Racconta Encyclopédiana che Filippo, duca di Borgogna, fece uno scherzo a un ubriacone, che trovò addormentato per la strada. Ordinò che fosse rivestito d’una nobile camicia, e lo fece risvegliare nel suo letto regale. Per tutta la giornata il miserabile fu trattato come il vero duca: le sue proteste d’essere vittima d’uno scambio di persona si estinsero presto, e si godé ogni sollazzo concessogli dalla sua nuova condizione. Finché, la sera, fu giudicato abbastanza ubriaco per i postumi delle sue bisbocce, e allora venne rimesso in strada con i suoi stracci, in quello stesso vicolo, dove era stato trovato bocconi da Filippo. Quando si svegliò, il beone tornò a casa, e raccontò alla moglie d’aver avuto uno strano “sogno”.
Naturalmente tanto più si sopravvive ad esperienze come queste, quanto più, a cose fatte, ci si convince di aver vissuto un’avventura alcolica, o un’Allucinazione. Ma non sempre ci si può consolare così. Gli assassini del Vecchio della Montagna erano convinti d’aver vissuto, davvero – in Sogno – in Paradiso, ed erano disposti a qualsiasi abominio, pur di tornarci. Come ci insegnano La Letteratura Fantastica e le Favole più cupe, i “Sogni ad occhi aperti”, una volta realizzati, non finiscono mai: e sono Incubi.
II- Sogni colposamente “inventati”
Si comprende bene perché fingere sogni mai fatti sia stato ritenuto un delitto dagli antichi, leggendo della credulità dell’Imperatore Claudio, secondo i racconti che si trovano nei Dodici Cesari di Svetonio:
“Un tizio, coinvolto in una causa, dopo averlo preso da parte nel corso di un’udienza pubblica, gli disse che in sogno lo aveva visto assassinato da qualcuno; poi, poco più tardi, fingendo di riconoscere l’assassino, gli indicò il suo avversario che gli stava tendendo un biglietto: costui fu subito portato al supplizio come se fosse stato colto sul fatto.
Dicono che allo stesso modo fu eliminato Appio Silano: Messalina e Narciso, decisi a rovinarlo, si erano divisi i ruoli; il primo fece irruzione, prima dell’alba, con aria attonita, nella camera da letto del suo padrone, dicendo di aver sognato che l’imperatore era stato assassinato da Appio; Messalina, fingendosi sorpresa, raccontò che, già da diverse notti, aveva la stessa visione. Poco dopo, come essi avevano concertato, fu annunciato l’improvviso arrivo di Appio, al quale era stato raccomandato di presentarsi a quell’ora: Claudio, definitivamente convinto che il sogno stava per realizzarsi in quel momento, diede ordine di farlo entrare subito e di metterlo a morte. E il giorno dopo non esitò a raccontare al Senato come si erano svolte le cose e a ringraziare il suo liberto che vegliava sulla sua incolumità anche quando dormiva“.
[in copertina: Il tappeto volante, di Viktor Mikhailovich Vasnetsov (1890)]