Più di 30 anni fa scrissi per il Grifo, la rivista di Letteratura Disegnata ideata e diretta da Vincenzo Mollica, una serie di “Interviste Impossibili” a personaggi-culto del mondo dei Fumetti. Erano incontri doppiamente immaginari: perché in essi riesumavo, come intervistatore, il signor Gog, il miliardario psicopatico inventato da uno dei miei autori di Fantastico preferiti: Giovanni Papini.
Molti numeri di quella rivista preziosa e innovativa risultano introvabili. Ho pensato dunque di riproporre sul sito zzywwurathiano quel che ho scritto allora, e ringrazio, per questo, Vincenzo Mollica e l’editore Mauro Paganelli.
Dal “Diario” di Gog, frammento datato 19 novembre 2024.
La “Fortezza della Solitudine”, che il suo Padrone chiama semplicemente “la Biblioteca”, è una spaziosa costruzione di circa 40 miglia per 270, a ridosso del Polo. Pochissimi possono vantarsi di averla visitata, e ancor meno di averla veduta, anche da lontano: perché, nonostante le sue dimensioni ciclopiche, dall’esterno somiglia in tutto e per tutto al pack di un ghiacciaio millenario. È un “igloo” squadrato e sconfinato, qualcosa di mezzo tra il Walhalla degli Esquimesi e l’Incubo di un pinguino.
Trovare la Fortezza era da anni un mio puntiglio. Per questo avevo profuso tempo e denari, e radunato una piccola spedizione. Quando l’ebbi raggiunta – e questo avveniva nella primavera del 2016 – mi presentai, da solo, all’Ingresso.
La porta di ghiaccio turrito superava le due miglia d’altezza, e doveva essere altrettanto spessa, ma non c’era campanello.
Non mi persi d’animo. Confidando nell’Udito prodigioso dell’Inquilino di quel rifugio leggendario, gridai a gran voce:
“Superman!… Signor Superman!”
Passò un minuto, forse due. L’enorme battente si mosse, governato da una forza pressoché soprannaturale, e apparve l’ultimo sopravvissuto del pianeta Krypton: l’Uomo d’Acciaio.
Non somigliava, in quel momento, a nessuno dei Superuomini coniati dall’immaginazione dei filosofi, o dalle mitologie dei popoli. Nulla aveva del Superuomo di Nietzsche – infantile e brutale come King Kong – né sembrava quello, cagionevole, di Chesterton. A fatica s’associava quell’uomo all’immagine dell’Ultraeroe dei fumetti: sopra mantello e costume indossava una veste da camera, e aveva in mano un barattolo di colla e un paio di forbici.
Sul naso gli penzolavano – deplorevole dimenticanza – gli occhiali di Clark Kent, la sua segreta identità di Terrestre.
“Mi scusi se ha dovuto attendere”, mi disse Superman in perfetto inglese, “ma sa, il mio ultraudito è distratto da miriadi di voci e di suoni, e poi sono solo… non ho servitù, perché non ricevo nessuno”.
“Mi chiamo Gog” – lo informai presentandomi. “La prego, per me faccia un’eccezione: consideri la fatica, e i pericoli che ho affrontato per venire fin quassù”. Aggiunsi che, se fossi sfuggito all’assideramento, mi avrebbe fatto piacere rivolgergli alcune domande.
“Gog? Io la conosco” – replicò. “Ero a Jena nel ’91, quando ha raccolto le confidenze di Phantom. Mi perdoni se in quell’occasione, camuffato da Clark Kent, l’ho trattata da principiante…. Venga dentro. La Sala Lettura è l’unica in cui posso ricevere, ma le distanze non sono umane: si afferri al mio mantello…”
A velocità supersonica, volando incurante del mio panico, mi condusse nel cuore più riposto del suo Nascondiglio.
La sala, luminosa e colorata come un arcobaleno, pareva un cristallo gigante di granito ghiacciato.
Contro una parete, era accatastata una massa colossale di riviste e giornali pubblicati in tutte le lingue e in ogni parte del mondo. Di fronte, un corridoio si perdeva, a vista d’occhio, nell’interno della Fortezza.
Dietro la poltrona del mio ospite, l’Uomo d’Acciaio, una porta socchiusa emanava intensi vapori d’incenso. Non faceva freddo.
“Signor Superman” – esordii – , “nel 1992 lei è stato dato per morto, salvo risorgere qualche anno dopo, in modo assai misterioso. Ma da molto tempo, si può dire, lei è praticamente scomparso, si è nascosto qui, al Polo Nord. È venuto meno il suo primato, il ruolo simbolico di immarcescibile icona, che lei vantava, tra tutti i Supereroi. Allora: mi consenta un quesito. Che vuol dire questo suo dileguarsi in un “buen retiro”, illimitato come un Continente? Di che riempie questa sua Fortezza della Solitudine, e perché la circonda di tanto mistero, superiore perfino al segreto della sua identità di Terrestre?”
Superman ignorò le mie domande, perché gli premeva rivolgermene una.
“Lei si chiama Gog, vero?” – mi chiese. “Per caso ha parenti nell’Indiana?”
” Sì – risposi stupito – uno zio”. “Ma è morto” – soggiunsi dopo un attimo di smarrimento.
“Lo so”, annuì il Supereroe. “Era un uomo buono, e padre di quattro bambini; zoppicava dalla nascita: scivolò con l’auto in una scarpata e non riuscì a risalire. Morì dopo due giorni di grida e di disperazione”.
“Lei mi sorprende, signor Superman!” – esclamai. “Sapevo che le sue conoscenze erano superlative, ma ignoravo giungessero a una vera e propria Onniscienza divina”.
A questo punto l’Uomo d’Acciaio si alzò di scatto, furibondo. Sembrava mi volesse sbriciolare. Poi si fermò e aguzzò l’ultraudito in direzione sud-sud ovest.
“È Jimmy Olsen, un mio amico di Metropolis, fotografo. Quando è in pericolo lui, o Lois Lane, mi manda un SOS col suo orologio, che io solo riesco a captare… Lei resti qui, io torno subito…
Era già in volo, ma a metà del decollo si voltò e dall’alto mi disse: “Faccio affidamento sul suo riserbo di gentiluomo. Questa è la mia Casa. Ci sono stanze dove vorrei non entrasse. Farà presto a riconoscerle, perché sono Tutte le Stanze di questa Fortezza…”. E mi lasciò solo in quel colossale Maniero.
Di solito non vengo mai meno alla parola data. Stavolta però non mi era stata richiesta: mi era stata concessa una vaga fiducia…
Cominciai a esplorare i corridoi della Fortezza. Superman aveva scavato infiniti budelli nel ghiaccio, nel granito e nel salgemma e lì aveva numerato e accatastato uno sull’altro milioni di scaffali, librerie e schedari, talché l’intera Fortezza della Solitudine non era altro, in verità, che un unico Archivio e un’immensa Biblioteca.
Aprii a caso un raccoglitore nel corridoio 20050, che era uno dei più prossimi alla Sala Lettura. Conteneva ritagli di giornale, tutti puntigliosamente ordinati e incollati. Erano in arabo, una lingua che conosco, e riportavano fatti di cronaca: mi parvero tutti delitti, catastrofi, incidenti mortali.
Da un altro scaffale, in un corridoio del piano sottostante, piovvero dozzine di documenti in inglese: erano episodi, per lo più atroci, di violenza a bambini. Ogni ritaglio era sottolineato da brevi commenti scritti con una grossa matita; quasi tutti un “si!” oppure un “no!”. Su alcuni lessi persino un: “non è vero!”.
Un’intera ala della Biblioteca era dedicata ai terremoti. Altri percorsi privilegiavano lo stupro, gli incidenti stradali, gli attentati, le torture, gli attacchi di squali o altre fiere, e non mancavano le sevizie agli animali. Gli scaffali più alti sembravano stipati di lettere e di corrispondenza. Ma non c’era una scala, per raggiungerli. La Biblioteca era a misura di un Lettore volante.
Superman ritardava e fui preso da un’altra e legittima curiosità: tornai alla Sala Lettura, e varcai la porta socchiusa. La sorpresa fu superiore a ogni attesa. Ero penetrato in una Biblioteca vertiginosa, sterminata e odorosa d’incenso come una cattedrale. Le pareti lignee erano interamente rivestite di scaffali e ricolme di antichi volumi, come neanche le più ricche e ieratiche Librerie Vaticane.
Presi un tomo a caso, poi un altro, poi altri due da un ripiano lontano. Erano tutti testi di Teologia: classici pergamenati, breviari e vetuste Teodicee, e ognuno discuteva gli attributi di Dio.
Al centro di questa superba Biblioteca, c’era una piccola architettura di marmo, una Cappella molto sobria e parcamente illuminata.
Era una tomba, ancora fresca di vernice. Mi avvicinai. Il nome del defunto andava ancora collocato o scolpito, ma lessi le date.
Una nascita astrusa: anno 3879, era di Krypton – e una morte futura: il 18 novembre 2024, dopo Cristo, era Terrestre.
“Adesso ha visto veramente tutto” commentò una voce possente alle mie spalle. Superman era ricomparso d’incanto e mi fissava, più che adirato, con un certo ribrezzo.
“Lei ha visto il segreto della mia Fortezza, il segreto della mia Solitudine”, mi apostrofò, inquisitorio. “Mi risponda: che idea si è fatto di Me?”
“Mi perdoni se ho curiosato” – ribattei. “Lei mi sembra combattuto tra due anime, e, come tutti i Supereroi, esaspera e moltiplica le contraddizioni dei comuni mortali. Una delle sue anime è quella di Clark Kent, il reporter con cui nasconde, tra gli uomini, la sua identità. Lei è tremendamente interessato alle vicende di tutti i giorni, e morbosamente attirato dalla cronaca più nera e violenta. Ma la sua seconda natura la spinge a rivolgersi alla Religione e alla Teologia per trovare serenità e Pace nella contemplazione di ciò che è Eterno…”
“E questa tomba?”, chiese, indicandomi l’elegante mausoleo che avevamo di fronte.
“Un parente?”, azzardai. “Ma non capisco la data prematura”.
“L’anno è giusto”, sibilò Superman. È la mia data di morte. Questo sepolcro è Mio…”
Mi riaccompagnò nella Sala Lettura. Mi fece sedere e così cominciò il suo racconto…
“Glielo dico”, sentenziò, “perché lei è amico del Gentiluomo malato. Altrimenti la scaglierei volentieri nella Zona Fantasma.
Un giorno leggerà sui giornali che io sono morto. Ci creda. Ma non si fidi di quello che scriveranno i colleghi di Clark Kent. Non c’è avversario abbastanza dotato, né kryptonite abbastanza venefica, da potermi sconfiggere.
Si ricordi: a me, mi avrà ucciso il Rimorso!
Mi spiego. Da anni mi batto contro i Malvagi di tutti i pianeti. Salvo la Terra, costantemente in pericolo, da singoli avventurieri dotati di super-armi atomiche, oppure rintuzzo gli assalti dei mostri, o argino e respingo le invasioni spaziali. Poi mi dedico alla criminalità organizzata: la Legione degli Ultracattivi, o la banda di Luthor…
Io combatto il Male su ogni fronte, eppure…. eppure questo non basta per oppormi al Destino…
Mi segua: non parlo della Storia, che è inflessibile nel suo cammino, ma della Cronaca. È vero: ho visto nascere Hitler, ho assistito all’Olocausto, ho visto dittature che grondano stragi fiorire e perire nel sangue, intere nazioni perpetrare guerre e delitti di massa. Mi ha sfiorato l’atomica americana su un popolo nemico, ma inerme. C’è stato un 11 settembre. È vero: avrei potuto impedire queste follie.
Ma non è questo il mio Rimorso, perché mi è stato comandato, lei lo sa bene, di non interferire con la Storia degli Uomini, altrimenti mi avrebbero eletto loro tiranno. Altrimenti avrei cambiato il Futuro dell’Umanità. È un comandamento che porto inciso dentro di me fin dalla nascita. Non devo occuparmi della politica dei Terrestri, pena la Morte. La mia.
Il mio vero e grande Rimorso è un altro, e mi arde come una piaga incurabile: che io sono, in ogni momento, complice del Male.
Credo tutto sia nato da una lettera ricevuta decine d’anni fa. Una bambina mi scrisse che mi odiava, perché non avevo salvato sua madre, che era affogata, sotto i suoi occhi.
Lei era piccola – mi scriveva – e non sapeva nuotare, ma io, io avrei dovuto volare fin lì perché non potevo non aver sentito le sue urla d’aiuto. Lo trova ingiusto, puerile?
Ebbene, Mr Gog, mi creda. Io quelle grida le avevo udite… Io coi miei inutili superpoteri, odo tutte le urla del mondo, sento vibrare ogni dolore e ogni piacere, conosco la voce di ogni sofferenza… Ma non ce la faccio a intervenire dappertutto.
Ricordo suo zio, signor Gog, nell’Indiana. Piangeva e gridava: non era possibile morire così scioccamente, non era possibile che nessuno lo udisse. Infatti io lo sentivo, ma ero impegnato altrove: un terremoto in Cile, una sciagura ferroviaria in India, una partita di calcio in Inghilterra…
Anche in questo momento, mentre parlo con lei, mi torturano il pianto e le preghiere e le invettive di chi, in ogni parte del mondo, è in pericolo di vita. La stessa gente che applaude il mio arrivo, mi insulta e bestemmia, in mia assenza.
Lettere come quelle della bambina, ne ho ricevute milioni, da allora.
Mi creda, solo quando si è ultrapotenti, come me, ci si rende conto di cosa sia l’Impotenza. E il rimorso è un Ultrarimorso.
Per questo ogni mattina leggo e ritaglio tutti i giornali del mondo, colleziono ogni articolo che riguarda assassini e violenze, stupri, accidenti e tragedie familiari senza nome che non ho potuto evitare. È il mio esame di coscienza quotidiano. Questo l’avrei potuto salvare, questo no…
In alcuni casi, la stragrande maggioranza, sono colpevole, e scrivo sì! accanto all’articolo.
Di altri mi sento innocente, e scrivo un bel “no!”. Ma sono pochi.
Per esempio, proprio adesso, mentre parlo con lei, stanno strangolando un thug in Birmania. Vedo la scena con l’Ultravista… Ecco, è tutto finito…
Capisce perché, di fronte a tutto questo, ogni tanto mi lascio vincere dalla pigrizia, dal torpore, dalla sensazione d’essere inutile, persino nocivo? Comprende adesso la mia tentazione, costante, di sparire, e ritirarmi dal Mondo in perfetta Solitudine?
Quando decisi di fare il giornalista, col nome di Clark Kent, al “Daily Planet”, assaporai per qualche tempo una sensazione di vera onnipotenza: allora, si. Se non potevo cambiare la Storia, e neanche la cronaca, almeno potevo registrarla. Potevo convincermi – è tipico dei giornalisti – che i fatti erano avvenuti in una certa maniera perché così dovevano avvenire e io non potevo farci niente, non spettava a me intervenire. Non durò molto.
Allora mi rifugiai nella Teologia. Come lei sa, c’è una branca di questi studi su Dio, che si occupa del Male e della Necessità del Male. Ragionavo in questo modo: se persino Dio tollera che il male esista, perché dovrei scandalizzarmene io? E: se un Altro è venuto su questa Terra a redimerci dai Peccati e dal Male, perché dovrei esserne io a portarne la Croce?
Mi illudevo che, conoscendo a fondo Dio, che era il mio immediato Superiore, avrei potuto meglio comprendere e giustificare Me e la mia impotenza su tutti i Mali del mondo.
Purtroppo invece gli argomenti di santo Agostino mi hanno annientato:
Dio non consente il male, perché il male per Lui non esiste, è solo un’assenza di bene.
È evidente allora che il Male sussisteva non perché Dio, che era innocente, ma perché Io gli permettevo di proliferare.
Quello che i Teologi perdonano a Dio, non lo perdonavo io a me stesso. È atroce: perché Dio può essere confutato dall’Ateo, che non gli si rivolge neanche in preghiera. Ma a me si rivolgono tutti, e pretendono che io li salvi dal male.
Terminati i miei studi di teologia, il mio Rimorso ha assunto dunque queste proporzioni colossali, insopportabili, perché è stato proiettato nell’Eternità…”
Fece una pausa, emettendo un sospiro, che nella sua gola potente sembrò quasi un ruggito.
“E adesso, mi perdoni, cosa intende fare?” – gli chiesi, con flebile voce.
“Sono stato nel futuro”, rispose Superman. “Io posso anche questo. Il mondo va verso catastrofi che faranno impallidire la follia di Hitler.
Ci sarà una guerra atomica. Succederà: non manca molto. Quello che oggi sembra impossibile, accadrà: La sua generazione farà in tempo a vedere l’apocalisse: il mondo, il 18 novembre 2024, ricordi per sempre questa data!, sarà cancellato.
Nel 2022 si scatenerà una guerra che, al principio, sembrerà solo un conflitto locale. Ma dopo un’escalation durata mesi, i blocchi militari e i poteri economici del mondo – tutti, nessuno escluso – si fronteggeranno sul campo di battaglia: il ricorso agli arsenali nucleari sembrerà a tutti i governi lo sbocco naturale delle ostilità. Non verranno neppure risparmiati gli stati neutrali. Le radiazioni, le nuove armi dispiegate, comprese quelle informatiche, e le epidemie create in laboratorio stermineranno l’intera umanità.
“Ma è terribile!” – mi ribellai. “E non c’è mezzo, per arrestare questa barbarie? dovremmo dunque rassegnarci fin d’ora a questa orrenda carneficina?”
“Il mezzo c’è” – rispose con calma il Supereroe – “ed è: cambiare il Futuro“.
“E si può fare?” – domandai titubante, atterrito, in tono sommesso.
“Si. IO posso riuscirci…
Come le ho detto, io non devo interferire con questo tipo di storia “politica” degli uomini. Non devo, pena la morte.
È un comando che ho ricevuto da mio padre: la condizione stessa per cui potessi usare i miei ultrapoteri una volta arrivato sulla Terra.
Bene, stavolta ho deciso di usarli fino in fondo, perché il vostro pianeta non venga distrutto.
Sono ben cosciente delle conseguenze che dovrò, personalmente, subire. Ma non permetterò che il Male l’abbia vinta. Se non posso salvare tutti i mortali, a uno a uno, singolarmente – e merito per questo il disprezzo dei loro parenti –, posso almeno salvare il loro ambiente vitale.
Ho già scelto cosa fare: interverrò segretamente. Nessuno vedrà sfrecciare il mio sfavillante costume sul Cremlino e sulle altre cupole del Potere mondiale. Sconvolgerò i piani dei Padroni delle Guerre e del Terrore. Neutralizzerò le loro atomiche, tutte, le renderò inservibili. Disabiliterò i loro satelliti. Impedirò, controllando ogni circuito mnemonico, ogni rete planetaria, ogni centrale di comando, che la situazione degeneri scatenando una terza guerra mondiale. Debellare le potenze rivali senza uccidere nemmeno un soldato: IO posso.
Se il mondo non finirà, com’è destinato a finire, il 18 novembre del 2024, solo lei saprà il vero motivo.
Lei sa che sarà dovuto al mio intervento. Lei sa che in questo modo avrò ripagato gli uomini e le donne della Terra di tutte le sofferenze che io, Superman, ho inferto loro.
Lei sa che in questo modo avrò estinto il mio atroce Rimorso.
Naturalmente sconterò questa mia tracotanza; la mia condanna è iscritta nel mio DNA: il 18 novembre 2024 non scomparirà il mondo, ma Superman“.
Mentre mi accompagnava, volando, fuori della sua luminosa Fortezza della Solitudine, Superman mi rivolse un’umile e accorata richiesta, alla quale volentieri acconsentii:
“Stavolta mi dia la sua parola. So che lei la onorerà. Non scriva nulla di questo nostro incontro, il mondo non è preparato a conoscere i miei misfatti e il suo stesso destino. Se vuole, potrà raccontare il nostro incontro allorché sarò morto. Vorrei che questo scoop lo facesse l’accidioso Clark Kent. Ma sarà impossibile anche per Lui. Se ne sarà andato con me…”
Metropolis, 19 novembre 2024
firmato: Mr Gog