Uno dei più edificanti racconti di carità cristiana si trova in una lettera di Caterina da Siena (25 marzo 1347 – 29 aprile 1380), mistica, estatica, “mantellata”, una delle rare donne elevate al rango di “dottore della Chiesa”, in compagnia di Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux e Ildegarda di Bingen.
In questa missiva – indirizzata al domenicano fra’ Raimondo da Capua, suo confidente e confessore – la santa narra in che modo avesse confortato, fino agli ultimi istanti di vita, un giovane destinato a morire sul patibolo.
Il condannato si chiamava Niccolò di Toldo (o di Tuldo); era un nobile originario di Perugia. Non era un criminale: era stato accusato d’aver seminato “zizzania” a Siena, col preciso scopo di sollevare la città contro il Senato allora in carica. Lo si considerava una spia, e non era imputato d’altro che di reati d’opinione (avrebbe profferito “parole incaute”, afferma uno storico). Niccolò di Toldo non accettò mai la sentenza, si chiuse in un silenzio livido e sdegnato e respinse ogni conforto religioso.
Finché nella sua cella non comparve santa Caterina.
La prossimità del reietto con la morte, la simiglianza del suo supplizio con quella di Nostro Signore, lo rendono, agli occhi di Caterina, irresistibile. Ella lo frequenta con giubilo, e, abbracciandolo, dice di sentire già “l’odore del sangue suo”. Dall’altra parte, presenza e parole della mistica, tanto empirono il condannato di entusiasmo, che – si può dire – egli desiderava ormai ardentemente e con impazienza di essere decapitato, purché lei gli fosse vicina.
I due si diedero appuntamento “sul luogo della giustizia”, che chiamarono anche, nel loro gergo amoroso, il luogo delle “nozze”. Quel giorno, prima che il suo protetto arrivasse, la santa distese il collo sul ceppo del boia, ed esclamò: “Maria!”: pregava così la Vergine che donasse al moribondo “un lume, e pace di cuore”. Finalmente, ecco, gli apparve il condannato:
« Esso giunse come uno agnello mansueto: & vedendomi cominciò a ridere; & volse che io gli facesse il segno della Croce, &t ricevuto il segno, dissi: “Giù! alle nozze, fratello mio dolce! ché tosto sarai alla vita durabile”. Posesi giù con grande mansuetudine, & io gli distesi il collo, & chinàmi giù, & ricordandogli il sangue dell’agnello, la bocca sua non diceva, se non, Iesù, & Catherina, &, così dicendo, ricevetti il capo suo nelle mani mie, fermando l’occhio nella divina bontà, e dicendo: “Io voglio” ».
[dalla Fantaenciclopedia di Adan Zzywwurath]
[in copertina: Decapitazione di Nicolò di Tuldo di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma (particolare. Santa Caterina è in basso a sinistra e non va confusa con la figura ammantata di bianco – un componente della Compagnia della Morte – che regge la testa del condannato)]