Geniale, incommensurabile, creazione del genio di Tex Avery, grazie al cielo Daffy, star dei Looney Tunes della Warner, dal 17 aprile del 1937 ancora scorrazza nell’universo del Cartone; ed ha, da allora, un primato: è l’unica anatra che abbia potuto seriamente concorrere con Donald Duck e sopravvivergli.
Tex fu cosciente dei rischi dell’impresa. Per questo, nel 1938, quando Paperino cominciava a soppiantare Topolino in corti nei quali ricopriva finalmente un ruolo da assoluto protagonista, in Daffy Duck and Egghead avvertì il pubblico con il seguente cartello: “i fatti e i personaggi di questo cartone sono immaginari. Qualsiasi somiglianza con paperi veri o arrostiti è puramente casuale”.
Naturalmente restano le differenze. Gli “Animali” di Disney si emancipano dallo stato selvaggio per umanizzarsi e aggregarsi al “cittadino comune” di rooseveltiana memoria. Gli esponenti del “Bestiario” di Avery intraprendono l’inverso cammino: sono ex uomini soggetti a metamorfosi perché succubi dei loro istinti peggiori. Sono Borghesi che per non perdere il vizio hanno acquistato anche il pelo. Ma sotto la pelliccia o le piume restano umani, troppo umani, fino al midollo.
Contrariamente a Paperino, che è un pekin bianco da allevamento diffuso dappertutto, Daffy è un’Anatra Nera Americana, libera e selvaggia, un uccello che vive nell’Est del continente, stazionando e nidificando nelle zone umide, e sorvolando stagni e paludi. Questa diversità di habitat e perfino di colori, delimita i loro caratteri: Donald è, almeno nell’originale concezione disneyana (La gallinella saggia, 1934), un attaccabrighe e starnazzatore urbanizzato, da cortile; Daffy uno svitato che cerca nei modi più folli e astuti di salvare le penne sfuggendo alle fucilate dei cacciatori appostati tra le canne e le gerbe degli acquitrini.
Infatti Tex inventò Daffy seguendo il suo puro istinto di cacciatore, tesaurizzando l’esperienza propria e tutto sommato assurda di tendere agguati silenziosi, interminabili, all’innocente selvaggina. Lo testimonia il primo film che realizzarono insieme: Porky’s Duck Hunt (in Italia: Porky e Daffy, bianco e nero, 1937), nel quale l’anatra pazza e senza freni fa letteralmente impazzire il porcellino in tenuta da caccia. Dopo averla tanto a lungo braccata, finalmente Porky abbatte la sua preda, e sguinzaglia il suo cane perché gliela riporti: dopo un attimo il cane ritorna, sì, ma tra i denti di Daffy.
Si capisce subito che per campare, nonostante le schioppettate (come gli accadrà poi per lucrare un pasto), Daffy sarà sempre condannato a agire e pensare rapidamente, tanto istantaneamente che il pensiero gli esploderà nella testa piumata e si ridurrà a slogan espressivi di pura vitalità: la ripicca, la reazione pavloviana, adrenalinica, il riflesso condizionato a beffarsi di chi lo perseguita, benché imprendibile, occupando di corsa tuti i pertugi o gli angoli del fotogramma, dell’inquadratura.
Sostanzialmente, Daffy è un bandito, pronto a infrangere ogni comandamento e tutte le leggi, comprese (per estrema coerenza) quelle fisiche.
Nel fenomenale Daffy Duck e Egghead, di Tex Avery (1938), la papera nera si distingue per alcune scorribande epocali, nelle quali gli fa da degna spalla Egghead, stavolta dotato di una strana frangetta nera, a nascondere la calvizie. L’inizio è folgorante: il cacciatore pretende il silenzio e non accetta di essere disturbato mentre si apposta. Un’ombra si alza in piedi tra il pubblico, frapponendosi tra schermo e proiettore, come spesso accadeva, un tempo, nelle indisciplinate sale cinematografiche, quando si poteva entrare in ogni momento, Egghead, indispettito, spara sullo spettatore. Scena di agghiacciate realismo, come si vedrà nel video che segue:
L’anatra nera di Tex Avery (e dopo, di quei registi e animatori della Warner che se la sono contesa) è un personaggio comico che ricade nel difficile cliché del Distruttore. Non fa ridere perché si sforza di adeguarsi alla realtà, ma proprio perché la polverizza. Una certa propensione all’ebetismo lo aiuta nella sua opera capillare di devastazione.
Daffy ha presto portato l’autolesionismo nei cartoni a culmini difficilmente superabili: vette impossibili per qualsiasi attore in carne e ossa. In un certo senso è lui il prototipo di Wilcoyote, e non Silvestro. La morbidezza pelosa del gatto impegnato nella perenne ricerca del “sapore” di Tweety, gli impedisce di essere altrettanto agile e scattante nel prenderle, ufficio nel quale l’anatra è maestra. Proverbiale, la dimestichezza di Daffy con gli esplosivi, sui quali, immancabilmente, salta. A volte, il cacciatore gli spara da una tale vicinanza che lui perde il becco, e dei suoi lineamenti rimane solo un cucuzzolo di piume nere sul quale battono, attoniti, due occhi.
Prima di abbandonare la sua creatura, Tex Avery la scagliò contro la Mecca del Cinema: Daffy Duck in Hollywood (del 1938, a colori) è il primo Blob della storia. Per fare un dispetto a un regista, l’anatra nera si introduce in una moviola della casa di produzione “Wonder Pictures” (slogan dello Studio: “If It’s a Good Picture, it’s a Wonder!”: “Se è un bel film, è una Sorpresa!”) e rimonta il suo film inframmezzandolo con schegge di film-Luce, creando divertenti analogie tra una sequenza e l’altra. Il sabotaggio doveva provocare un disastro, invece si ribalterà in un trionfo di pubblico.
I veri capolavori di Daffy, tutti reperibili in dvd e persino negli archivi di internet, non appartengono però al ridotto repertorio (solo tre corti) di Tex Avery, ma alla sfrenata fantasia comica di Chuck Jones.
Li ritroviamo, antologizzati, nel film SuperBunny in orbita! (The Bugs Bunny/Road Runner Movie, del 1979): Duck Dodgers in the 24½th Century, Robin Hood Daffy, e il sensazionale Duck Amuck (Pennelli, rabbia e fantasia, del 1953), nel quale Daffy deve sottostare alle angherie del suo demiurgo-creatore, che lo disegna a piacimento come se avesse a che fare con un soggetto astratto.
Un altro gioiello di Chuck Jones: Duck Dodgers in the 24 1⁄2th Century (1953), che dimostra la versatilità del Papero Nero nell’adattarsi ai ruoli più disparati. Qui lotta contro un astronauta marziano per il possesso del “Pianeta X”: