L’Invidia della Tetta: un caso di psicologia non-freudiana
“Una trentina di anni fa accadde che un uomo togliesse il latte a una donna solo perché ne aveva desiderato i seni” – leggo con sconcerto in Sud e Magia, di Ernesto De Martino.
Quest’uomo, un mietitore che tornava a piedi dalla Puglia in Lucania, vide nell’abitato di Vaglio una giovane e bella mamma che scopriva il suo “petto bianco e prosperoso” per allattare il figlio, e, sempre camminando, si abbandonò a un crepuscolo di pensieri libidinosi (“non poté trattenersi dall’invidiare quello splendore”, dice lo studioso). Appena raggiunse Potenza, “si sentì in petto come un batter di ciglie fitto fitto, e toccandosi, sentì il petto gonfio di latte”.
Corse allora a perdifiato fino a Vaglio, dove trovò la mammina in lacrime: lei aveva perso il latte, quel latte che era magicamente trapassato in seno all’invidioso.
In Lucania il fatto non deve essere così raro: sia il villico, infatti, sia la giovane, conoscevano bene lo scongiuro necessario per ripristinare il corso naturale delle cose.
«La donna in silenzio diede al mietitore un pezzo di pane, il mietitore lo addentò e la donna glielo strappò di bocca, ripetendo “dammi il pane mio”. Compiuta la cerimonia i due si separarono senza aggiungere altre parole, e il mietitore tornò a Potenza, col petto libero di latte, mentre i seni della sposa tornarono turgidi».
Nessun trattato di psicologia o psicoanalisi, suppongo, si è mai occupato di un caso come questo. Eppure il racconto pare una bella e utile parabola sulla confusione che provoca il Desiderio. Il Desiderio Amoroso, innanzitutto. Desiderare è “invidiare”.
Vista alla luce del racconto di De Martino, l’invidia della tetta è forse ancor più rivelatrice che non l’invidia del pene di freudiana memoria.
Fatto è che la Passione si sviluppa lungo un pericoloso crinale e ambiguo piano inclinato: la brama di possesso. Bramare è “volere per sé”; se si brucia di passione per qualcuno, o qualcuna, che ancora non riusciamo a possedere, che forse e anche senza forse non riusciremo mai ad avere, tutta la nostra infatuazione si concentra, alla fine, in un atto inesauribile di “Invidia”.
Ecco perché l’innamorato\a deluso\a è alla fonte, all’origine, del “Malocchio Amoroso”, la fattura che incatena, l’incantamento segreto.
Lo sguardo dell’amante respinto non si sazia mai. Mentre l’amante appagato, in modo naturale si rifugia a occhi chiusi nel ricordo di lei, anche quando gli è più vicina, e respira viva accanto a lui. L’innamorato felice può distrarsi.
L’invidioso invece tiene sempre gli occhi bene aperti, nulla gli sfugge: come un cacciatore senza arco o fucile punta ogni momento, inutilmente, la sua preda. Perennemente veglia sul suo “bene”, benché disappropriato.
Il truce spasimante della mia bellissima fidanzata d’un tempo, mai dichiaratosi, faceva una ronda muta e veloce, tutte le sere, intorno al nostro palazzo. Un giro solo. I vicini riconobbero subito le sue reali intenzioni: dal suo sguardo fisso. Dal modo in cui guardava, apparentemente senza guardare, verso le nostre finestre illuminate. Fu denunciato. Trovarono un’arma, su di lui.