I- Nel Regno Ultraterreno funestato dai Demòni, a quanto riferiscono i Santi dei periodi più bui del cristianesimo, esisterebbe una farraginosa burocrazia diabolica, certo non infallibile. Per una sua mancanza, si può entrare e uscire, con le scuse, dall’Inferno.
È il caso di un grave equivoco anagrafico, inopinato, che accadde nell’anno 590, come certifica Gregorio Magno.
Un certo Stefano morì, a tutti gli effetti, di morte vera, a Costantinopoli. I parenti decisero d’imbalsamarlo, per cui il cadavere rimase una notte senza sepoltura. Intanto la sua anima venne ghermita dai diavoli, e trascinata agli inferi. Qui lo aspettava Satana in persona, che non lo accolse certo nel migliore dei modi. Il Maligno urlò e punì i suoi, perché – disse – avevano sbagliato morto. È un altro Stefano di Contastinopoli, un fabbro, che dovevano presentargli i suoi scherani. Il primo Stefano, vittima ignara di quell’errore grossolano, tornò in vita; il suo omonimo, il fabbro, nello stesso preciso istante, fu trovato morto.
Siamo abituati a un’altra immagine dei diavoli, tutta rapacità e istinto, come se, appollaiati sulla spalliera del loro letto di agonia mentre i peccatori sono in fin di vita, annusassero le loro prede con l’acquolina in bocca; sorprende così, in racconti come questo, scoprirli nel ruolo di grigi impiegatucci, passacarte soggetti a interruzioni di carriera, vittime dell’omonimia, personaggi da commedia degli equivoci.
II- Per certi versi questa vicenda deprecabile è simile a un’altra, narrata da Beda il Venerabile nella Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum (libro V).
Dryhthelm – non un asceta, ma un uomo comune, sposato, con figli, piccolo possidente, padrone d’una fattoria nella Northumbria –, nell’anno 806 fu risuscitato per divina volontà nello stesso letto dove era trapassato, e decise, da quel momento, di farsi monaco e di ritirarsi in un convento. A Mailros, nel Tweed, prese possesso d’una cella remota da ogni altra, dalla quale poteva tuffarsi nel gelido fiume circostante, e restava per ore rincantucciato sul fondo delle acque. D’inverno, rompeva il ghiaccio e se lo portava nel suo alloggio, per usarlo come si usa una coperta. Né mai fu visto accendere un fuoco e riscaldarsi. Dryhthelm si sottoponeva a queste terribili penitenze, quasi fosse “avido” di quei contatti glaciali, che gli ricordavano i luoghi ultraterreni per i quali era transitato.
Ai confratelli, il risorto raccontò la sua terribile esperienza di Testimone oculare dell’Aldilà.
Appena morto, una guida dal viso splendente e la veste fulgida lo condusse in una valle ampia e profonda. Alla sua sinistra vide il rogo d’un vulcano in perenne eruzione, a destra turbini di grandine e di neve. Un vento tempestoso spingeva ora di qua, ora di là, migliaia di anime in pena: in modo che chi era stato scottato dal fuoco inestinguibile, subito dopo veniva sferzato dal freddo glaciale, e poi tornava tra le fiamme, e quindi al gelo, e così all’infinito. Dryhthelm chiese a chi lo precedeva se quello era l’Inferno, ma costui rispose: Non sei ancora nell’ Inferno. Avanzarono nell’oscurità, che diventò sempre più fitta, finché il possidente si accorse che era stato abbandonato, e si trovò sul bordo di un burrone dove, in forma di sfere, vide precipitare le anime dannate. Lo raggiunse un drappello di demoni ghignanti che trascinavano un gruppo di reietti piangenti e ululanti. Mentre l’attanagliava la paura che ghermissero anche lui, la sua guida tornò a salvarlo, e lo pilotò verso una vasta prateria, fragrante di fiori, popolata di persone biancovestite. Credé che quello fosse il Paradiso, ma: “Non sei ancora in Cielo“, fu ammonito.
Infatti il destino di Dryhthelm non era quello di soggiornare in un luogo di delizie, né quello di venire seviziato in uno stabilimento di torture. S’era ritrovato all’imboccatura di entrambi, ma fu costretto a ripercorrere all’indietro il cammino appena percorso. L’angelo che lo accompagnava gli disse che quelli erano gli ordini che aveva ricevuto quando l’aveva lasciato solo: riportarlo a casa.
Nella migliore delle ipotesi, si piò immaginare che le Autorità Ultraterrene volessero che lui tornasse sulla Terra, proprio per raccontare quello che aveva visto, a fini edificanti. Ma è più probabile che si fossero semplicemente sbagliati, o non sapessero proprio dove alloggiarlo, e, nell’incertezza, gli concedessero ancora qualche anno di vita. Che poi Dryhthelm passò in clausura ad affogarsi e a surgelarsi.
Borges annovera questa prosa di Beda il Venerabile tra le fonti della Commedia di Dante.
Più banalmente, è certo che storie come queste – e altri Exempla medioevali – hanno ispirato quei racconti che religiosi e religiose di tutti i tempi utilizzano per traumatizzare gli educandi, soprattutto bambini, con un salutare (secondo loro) Terrore dell’Aldilà.