I- I Freaks, i cosiddetti mostri o scherzi di natura, contribuiscono loro malgrado a complicare il quadro dell’Umanità. Combinatoria di carni affastellate, Babele di membra, fucina di Doppi e Tripli e di smisurate Metamorfosi, essi sono “donne e uomini impossibili”, eppure esistono in case affrante dal dolore, o nei più dimenticati ospizi; si ebbe poi persino la crudeltà di “mostrarli” nelle Fiere.
Nell’antica Roma, i Freaks non erano neppure considerati “esseri viventi”. Sopprimerli quindi non era un delitto, perché non erano mai stati vivi. Quando la comunità scopriva al proprio interno un giovane ermafrodito, scampato alla morte da neonato, la religione romana proibiva di spargere il sangue d’un simile mostro, che avrebbe avvelenato la terra, né, per lo stesso motivo, si poteva sotterrarlo, se fosse morto. Quasi sempre allora, lo si abbandonava in mare, dopo averlo ben legato a una zattera, o altro naviglio, rigorosamente costruito con “arbores infelices”, cioè: “Alberi Infelici”.
Ancora nel Codice di Giustiniano si stabilisce: “ad nullum declinans monstrum vel prodigium” (6.29.3.1). I mostri “non sunt liberi”, e, al pari dei nati morti, non possono dirsi “neque nati, neque procreati”, afferma il Digesto (50.16.129) –: sono pure illusioni di carne.
Una rigida intelaiatura di norme impedisce da sempre al sacerdote cattolico di battezzare gli “scherzi di natura”, in quanto non vanno considerati “umani”. S’usano in questi casi formule dubitative: ossia li si asperge d’acqua benedetta, ma “sotto condizione”.
Sui Mostri inciampano le più corazzate Teodicee. Salvo trovar loro una funzione “educativa”. Il grande medico Paré chiama i “Terata” più complicati: “esempi della collera di Dio”.
Anche per il popolino di una volta, i Freaks andavano considerati come le bestemmie nelle chiese. Alla ripugnanza che destavano si aggiunse la condanna biblica, l’anatema.
Nel Prodigiorum ac ostentorum chronicon di Conrad Lycosthenes (pseudonimo di Conrad Wolffhart), ci si imbatte in un’illustrazione che rappresenta un “fanciullo mostruoso” nato in Belgio nel 1543: un neonato caudato con una stretta proboscide al posto del naso, mani e piedi che paiono zampe di rana o lucertola, una pancia dotata d’occhi tristissimi, tumori e enfiagioni in tutto il corpo, che hanno assunto forma zodiacale d’altrettante testine di cane, pecora o scimmia. Lychostenes ci tiene a informarci che il bimbo mostruoso è nato da “nobilissima e onestissima famiglia”. Questo bambino non sopravvisse alla nascita che quattro ore appena. Prima che morisse, fece in tempo a parlare. Fu udito annunciare: “Vigilate, perché verrà il Signore Dio vostro”.
Anche non avesse parlato, la creaturina, solo venendo alla luce fungeva da araldo della prossima “fine del Mondo”.
Già uno dei Testi più antichi dell’ Umanità, inciso su una tavoletta d’argilla a Babilonia, intorno al 2800 a.C, sentenziava: “Quando una donna partorisce un infante che ha sei dita in ogni piede, gli abitanti del mondo saranno danneggiati”.
Un altro di quei casi, commenterebbe Frazer, in cui “per una curiosa associazione di idee un fatto fisiologico causa turbamenti cosmici”.
Tuttavia i cosiddetti “mostri” non erano (e non sono), offese a Dio, né scherzi contro la Natura. Essi rappresentano la Natura, irrazionale come il corso della Vita, che essa, misteriosamente, alleva e custodisce nel suo seno.
Perorando la causa degli Scherzi di Natura, Montaigne prende spunto da una terribile malformazione fisiologica (un fanciullo nato vivo con due teste, contrapposte, una dentro l’altra) per fondare una nuova Teodicea: “quelli che noi chiamiamo mostri” – scrive –, “non lo sono per Dio”. Infatti, tutto ciò che fa Dio è “buono e comune e normale”. Ne deve conseguire che “la forma che ci stupisce abbia un rapporto con qualche altra forma dello stesso genere sconosciuta all’uomo”. Il saggio francese ci suggerisce che la combinatoria anatomica dei Freaks ha insomma un senso: evocare forme possibili di esistenza. Che già adesso potrebbero – aggiungo – allignare senza scandalo in lande sperdute o in lontanissimi pianeti.
Non fosse per il dolore che, quando sono coscienti, provano questi “Mostri” – e la sofferenza, che sempre, prova chi a loro vuol bene –, c’è da augurarsi che sia vero.
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[in copertina: La Strage di Frankenstein (I was a Teenage Frankenstein, 1957)]