I- Ironia di certe espressioni popolari: si può “avere un piede nella tomba”, o “nella fossa”, e poi campare ancora quarant’anni, senza possibilità d’essere smentito.
Questo accadde appunto al generale e dittatore messicano Antonio de Padua María Severino López de Santa Anna y Pérez de Lebrón, conosciuto da tutti col nome abbreviato “Santa Anna” (o anche “Santana).
Il barbaro conquistatore di Alamo – che si fregiò del titolo di “Napoleone del West”, benché le sue sconfitte sul campo di battaglia superassero di gran lunga le sue vittorie –, perse una gamba il 5 dicembre 1838, mentre era impegnato nell’inutile difesa di Vera Cruz da un attacco ben orchestrato dei Francesi. Una cannonata gli tranciò l’arto appena sotto il ginocchio. Lui stesso si diede per morto, e invece sopravvisse, fino al 1876.
Nel frattempo, il generalissimo ebbe modo di prestarsi a almeno un paio di “onoranze funebri parziali“. La gamba recisa, con il “piede” annesso, finì dapprima in una fossa della sua hacienda, sepolta con un commovente rito cattolico, ma poi venne riesumata anni dopo, nel 1842, quando, in un momento di grande lustro personale, Santa Anna le concesse più degni “Funerali di Stato”. Costrinse i suoi sudditi a acclamare la gamba, facendola sfilare, in parata e pompa magna, per le vie della capitale. Il “Napoleone del West” seguiva in carrozza il proprio arto, contrito per la perdita, indossando al posto suo una protesi di legno. La protesi, dotata di una civettuola calzatura a punta, figura oggi tra i tesori di un museo nordamericano.
II- “Fantasma”, non è solo un termine scientifico, che si riferisce a qualcosa di oggettivo, ma ha un uso consolidato e costante nel gergo della neurologia. “Fantasmi” sono infatti, dice Oliver Sacks, “l’immagine o il ricordo persistente di una parte del corpo, di solito un arto, protratta per mesi o anni dopo la sua perdita”. Si continua a percepire per molto tempo, dopo un’amputazione, la sensazione che “ciò che manca” sia presente. Circostanza che “fu notata nel Cinquecento da Ambroise Parè, e sperimentata dall’ammiraglio Nelson dopo la perdita del braccio destro in battaglia”.
É certo che chi vuole indossare un arto meccanico, se vuole accettarlo come una parte del proprio corpo e muoverlo in maniera soddisfacente, deve prima “risvegliare” lo Spettro dell’arto, quello che ha perduto. Propriamente, é in realtà il “fantasma” che indossa la protesi, e la fa muovere.
Chi crede negli Spettri, troverà forse in questa rigorosissima immagine dei “fantasmi” parziali” una legittimazione “scientifica” dello spiritismo.
Si tratta pur sempre di una gamba, un braccio, un piede, una mano, morti e sepolti: tuttavia si “sente” che ci sono ancora. Il moncherino diventa una zona, un luogo in cui “ci si sente”, per dirla in termini popolari, spiritistici.
I “Fantasmi Parziali” di Arti Mancanti sono: o maligni e dispettosi, oppure benigni, esattamente come quelli più tradizionali che infestano le case e le rovine.
Alcuni esempi si trovano, ancora, nel libro di Sacks L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello: “un marinaio si recise accidentalmente l’indice della mano destra. Nei quarant’anni seguenti fu tormentato dal fastidioso fantasma del dito rigidamente teso, com’era nel momento in cui se l’era reciso. Ogni volta che avvicinava la mano alla faccia, per esempio per mangiare o per grattarsi il naso, temeva che il dito fantasma gli cavasse un occhio”.
Un altro paziente, privo di una gamba, dice a Sacks: “c’è questa cosa, questo piede-fantasma, che a volte fa un male cane; le dita si inarcano o si contraggono in spasmi dolorosi”.
Accanto ai “Fantasmi di Arti Propri Amputati” non possono mancare i “Fantasmi di Arti Altrui”. O almeno ritenuti per tali. Una degente del reparto amministrato da Oliver Sacks, non riconosceva le proprie mani: le giudicava “estranee”, “posticce”, “inanimate”. Non aveva sensibilità nelle dita, si faceva imboccare.
Il neuropsichiatra, racconta anche il caso singolare d’un uomo che fu ricoverato nel suo ospedale. Dormì normalmente, ma quando si svegliò, e provò un movimento, gli accadde – sono parole sue – “una cosa orribile”. Trovò nel letto “una gamba sconosciuta”, “una gamba umana recisa”. Ma la cosa ancor più straordinaria avvenne immediatamente dopo: “quando la gettò fuori dal letto, lui, ecco, lui le andò dietro, e ora quella roba gli era attaccata”. Il dottor Sacks avvertì il suo paziente, con tutto il garbo possibile in un medico, che quella gamba non era “attaccata” a lui: era proprio la sua. Il malato non se ne convinse mai. Era sicuro che si trattasse di un’imitazione.
“Ho male all’altro”: è una sublime espressione di Roland Barthes, che compare nei suoi Frammenti di un discorso amoroso e che ben si attaglia a certi dolori – come quelli d’Amore, come quelli Fantasma –, che riescono a farci soffrire duraturamente pur sapendo, noi, che non ci appartengono affatto.
[dalla Fantaenciclopedia]
[in copertina: Il chirurgo Pavlov nel teatro operativo, di Ilya Repin]