IV- Prelati è un ciurmatore quanto gli altri, ma è entusiasta come un pivellino. Pieno di buona volontà, si dà da fare. Traccia dappertutto pentacoli, circoli densi di simboli e trappole magiche: ma il suo diavolo di riferimento, che si chiama Barròn, sollecitato a comparire davanti al maresciallo dozzine di volte, altrettante volte si rifiuta.
De Rais, che s’impoverisce ogni giorno di più, pretende a questo punto un abboccamento diretto col Maligno. Ancora una volta, allora, la pantomima già sperimentata si ripete, dandoci modo di vedere (sono parole di Bataille) “fino a che punto arriva la dabbenaggine di Gilles”.
Prelati si chiude in una stanza, da solo; da dietro la porta lo si ode prima pronunciare formule arcane, poi battibeccare con una creatura muta e invisibile, quindi urlare; infine, sopraggiungono rumori di busse, mobili rotti, masserizie infrante. Quando uno dei famigli trova chissà come il coraggio di entrare nella camera stregata, l’incantatore è a terra, esanime, tumefatto, insanguinato. Con un filo di voce denuncia d’essere stato aggredito dal suo demone “amico”, che per l’occasione si è rivelato un energumeno. Gilles, impaurito e commosso, gli fa somministrare l’estrema unzione. Il giovanotto però, poche ore dopo, è già fuori pericolo.
Viene fissata – chissà come – una nuova data per l’incontro col demonio. Per addolcirne le neghittosità, il maresciallo si presenta all’appuntamento con un dono prezioso: un’ampolla di vetro in cui galleggiano, dentro due pinte di sangue sgorgato di fresco, una mano, il cuore e gli occhi di un bimbo di sei mesi. Né Barròn, né Belzebù, però, gradiscono l’omaggio. Disertano, non si degnano di dare la minima notizia.
Gilles si persuade che il diavolo non si mostra perché diffida della limpidezza delle sue intenzioni. Impone a Prelati di imbastire un nuovo abboccamento. Stavolta impugna un’obbligazione sottoscritta col sangue del suo dito mignolo, e in cambio dei suoi servigi per il Maligno reclama “scienza, potenza, ricchezza”.
Nulla. Non ottiene neanche stavolta quello che si aspetta; ma qualcosa accade: una grande paura si impossessa di lui. De Rais esprime il desiderio di cambiare vita, pentirsi, recarsi come penitente fino a Gerusalemme. Ancora il suo piano astuto, immagino, in azione: salvarsi l’anima con l’indulgenza plenaria che viene concessa ai pellegrini che baciano, contriti, il Santo Sepolcro di Gesù.
Ma poi si sente ancora abbastanza focoso per peccare, e rimanda l’assoluzione finale a un futuro senza data. È in questi frangenti, mentre ha ripreso a squartare, a sodomizzare, a confidare nell’ausilio dell’Inferno, che cade nella rete dell’Inquisizione.
Dopo quattordici anni di delitti efferati e di feudale impunità, infine, il 26 ottobre 1440, il Maresciallo Gilles de Rais, di anni 36, viene impiccato. Il suo corpo viene messo in una bara e poi ridotto in cenere sul rogo. “Anche la sua morte” – commenta Georges Bataille – “fu l’occasione d’un fasto teatrale”.
Ripeto, il piano del nobile malvagio non è mai esplicitato fino in fondo; ma gli indizi che un tale disegno veramente esista sono tanti, disseminati negli atti del processo. Prova ne sia che un attimo dopo aver ammesso i suoi orridi crimini davanti agli inquisitori, il Maresciallo de Rais fa voto pubblico di ritrovarsi in Cielo con Prelati, il favorito tra tutti i suoi complici. È ancora convinto di accaparrarsi il Paradiso.
V- Un’ultima considerazione la merita proprio questo furbo italiano. Francesco Prelati avrebbe dovuto confessare che non aveva mai avuto commercio coi dèmoni, come minimo; e poi rimettersi alla clemenza del Tribunale Ecclesiastico. Ammettendo di aver raggirato de Rais, poteva, forse, attenuare la propria inevitabile condanna – che fu: carcere a vita. Poteva testimoniare di essere solo un truffatore, non un ruffiano del Maligno. Invece tenne a vantarsi coi suoi accusatori che era un bravo stregone; che il diavolo Barròn, a lui – ma solo a lui –, continuava a mostrarsi immancabilmente. Sempre, diceva, con l’aspetto d’un bellissimo giovane.
Non so se Prelati ne fosse consapevole, ma questo era il colpo di grazia per il suo nefando padrone. Il maresciallo dové prendere atto sul patibolo che persino il diavolo, di lui, aveva ribrezzo, e che lo scansava come fosse l’ultimo dei parvenu.
Gilles era un mostruoso assassino ma, al tempo stesso, un illuso nutrito di aspettative religiose. Il suo Piano prevedeva di siglare col Demonio un Patto ambiguo. Perciò, pretendeva di incontrare Belzebù stringendo nelle mani le reliquie della Vera Croce, oppure saltava nei circoli magici segnandosi come davanti al tabernacolo, e tutto questo, sempre, col nome di Maria sulle labbra. Contraddittori eccessi cui era trascinato dal desiderio, paritario, di godere d’un Potere Infernale sulla Terra e beneficiare poi della Salvezza in Cielo.
Convinto d’essere in possesso d’un piano perfetto, il Maresciallo de Rais ne scontò invece tutte le ingenuità, le superficialità. Finché, da morto, pendendo dalla forca, divenne il Martire ridicolo della propria Logica astrusa.
[dalla Fantaenciclopedia]
[in copertina: Sant’Agostino e il diavolo, di Michael Pacher]