I- Esiste, è noto, un Vangelo di Giuda, un apocrifo del II secolo dell’era nostra, riscoperto solo nel 1978, che noi possiamo leggere, a frammenti, appena dal 2006. Secondo sant’Ireneo (Contro le eresie I, 31) questo Vangelo è opera degli gnostici Cainiti. I quali veneravano ovviamente Caino, ma onoravano anche tutti gli altri personaggi riprovati dalle Scritture – compresi Esaù, Korah, i peccatori di Sodoma e Gomorra – e tra questi, particolarmente, Giuda Iscariota. Gli gnostici seguaci di questa Sétta fanatica, autentici estremisti, erano convinti che, per ottenere la Salvezza, bisognava infrangere l’intero “corpus” dei Comandamenti di Dio.
La tenebrosa figura di Giuda non ha affascinato però solo i satanisti, gli ammiratori della Malvagità, o gli eretici emarginati dall’ortodossia, ma ha ispirato anche eminenti simpatie e più di un’agiografia. Si potrebbe citare a questo proposito una bibliografia sterminata tesa a “riabilitarlo”, un’opera massiccia di riparazione che arriva fino al vicino Novecento con Bulgakov (Il Maestro e Margherita), Caillois (Ponzio Pilato) e Borges (“Tre versioni di Giuda”, in Finzioni).
Era ed è infatti opinione sufficientemente diffusa, che la Cristianità dovesse esprimere gratitudine all’Iscariota, per aver baciato il Messia consegnandolo ai deicìdi. Si opinava che, in certo modo, il Traditore di Gesù si fosse sacrificato: c’era un lavoro sporco da fare, per inverare le Profezie, e qualcuno doveva pure addossarsi l’infamia dell’incarico. Si disse perfino che era stato il Cristo stesso a ordinare a questo apostolo di favorire il suo arresto. E ciò perché Giuda lungi dall’essergli infedele, era il vero allievo prediletto del Redentore, che a lui, e solo a lui, durante colloqui segreti, aveva rivelato il senso riposto, esoterico, del suo insegnamento.
Questo era proprio l’assunto dell’Apocrifo Vangelo redatto, si dice, da Giuda stesso –, dove leggiamo che Gesù incontrò privatamente l’apostolo e l’indottrinò per una settimana, prima della Pasqua fatale. E quando Giuda domandò al Messia (che qui è un’entità essenzialmente spirituale): “Che faranno i battezzati in nome tuo?”, gli fu risposto: “Tu sarai maggiore tra loro, perché sacrificherai l’uomo che mi riveste”.
Ci fu poi un animato dibattito, tra specialisti di questioni dottrinarie, ma anche tra i più illuminati tra i pensatori cristiani, sull’eventualità che lo stesso Gesù, in extremis, potesse aver salvato l’anima di Giuda dall’Inferno. Teofilatto di Ocrida riferisce d’una certa corrente cristiana di pensiero, che risale probabilmente a Origene, secondo la quale il Traditore s’impiccò all’Albero maledetto – un Siliquastro – non solo per il rimorso d’aver fatto condannare alla Croce il suo Maestro, ma proprio con l’intento di precedere Gesù Cristo all’Inferno, e aspettarlo al varco delle Bolge, allo scopo preciso di impetrare il suo perdono, e di ottenerlo nel più breve tempo possibile.
Prendendo posizione in questa disputa, l’Imperatore Michele si batté a Bisanzio perché Giuda venisse canonizzato.
II- La questione, assai spinosa, se il delatore di Gesù fosse da annoverare tra i dannati, o piuttosto invece tra i Beati, si trascinò per secoli, turbando molte coscienze tra i cattolici. Ancora al principio del Milleottocento c’era chi dedicava tutti i suoi studi e le sue riflessioni a questo, che può essere considerato il più triste dei dilemmi teologici: è in Paradiso, Giuda? O è all’Inferno?
Secondo Firmin Boissin (un informato “storico dell’Eccentricità”) il quesito angosciava particolarmente il primo Vicario della Cattedrale di Parigi, l’abate Guillaume Oegger. Il sacerdote “si sentiva pieno di compassione per la sorte di colui che aveva tradito il suo Maestro. Gli occhi molli di lacrime, gli pareva che la Redenzione sarebbe stata senza effetto, se non avesse salvato anche Giuda”.
Ma se l’uomo dei “trenta denari”, il suicida che si era appeso al Siliquastro, era tra i Beati, allora – ragionò l’abate –, di fronte a un tale atto di Divina, incommensurabile, Misericordia, non occorreva ripensare la missione stessa del sacerdozio cristiano? Non doveva, allora, la Chiesa, abbracciare il Vangelo della Rigenerazione di Giuda, simbolo e apostolo di tutti gli “Ultimi” dell’Universo?
Per trovar requie al rovello di questi interrogativi, che non lo lasciavano neppure dormire, Oegger, una notte, riparò in Notre-Dame deserta, e lì ebbe una rivelazione. Sorgendo inaspettata, una voce interiore gli sussurrò che “il paria del Vangelo è salvo, e che sarà, proprio a causa della duratura maledizione che pesa sul suo nome, il Redentore di tutti i paria”.
Profondamente scosso, vibrante, ma ancora indeciso, il Vicario della Cattedrale dubitò di aver frainteso. Piangendo senza ritegno e amaramente, chiese allora a Dio un miracolo, e a Giuda la rivelazione del proprio, personale destino:
“Ah, infelice! Se è vero – pronunciò queste parole a voce alta, di fronte all’altare maggiore –, se è vero che il sangue del tuo Maestro ti ha purificato, se tu, sei veramente salvo, vieni a impormi le mani e fammi sacerdote della Misericordia e dell’Amore!”
Quello che accadde dopo, lo stesso Oegger lo raccontò, più tardi, in questi termini: “Allora – scrisse – sentii positivamente e realmente due mani calde e vive posarsi sulla mia testa, come fossero quelle del Vescovo il giorno dell’Ordinazione. Non dormivo, né ero svenuto: e le sentii. Fu un contatto reale, che durò qualche secondo. Dio mi aveva esaudito, il miracolo era avvenuto. Da quella notte, cominciò per me una novella vita”.
In questa esistenza rigenerata, il primo Vicario di Notre-Dame non solo si fece apostolo di Giuda – “il Santo che non ti aspetti” –, ma ripudiò completamente il cattolicesimo, e gettò la tonaca alle ortiche per convertirsi alla chiesa Neo-Gerosolimitana fondata dai seguaci di Swedenborg.
Riprese gli studi, li orientò verso l’esoterismo. In una sua opera presto eclissata, Il vero Messia, datata 1829, Oegger divulgò d’essere giunto alla totale decifrazione della “Lingua Autentica della Natura”.
Dopo esser stato, per lunghi anni, pastore della locale comunità swedenborghiana, l’ex abate morì a Monaco di Baviera – se ha ragione Firmin Boissin – “letteralmente pazzo da legare”.
[dalla Fantaenciclopedia]