I- Cosroe II (570-628), sovrano sasanide che i persiani chiamarono “il vittorioso”, possedeva secondo Elias Canetti un metodo infallibile per sincerarsi della fidatezza, la riservatezza e la devozione dei cortigiani cui voleva affidare incarichi importanti.
Egli sceglieva, nella sua corte, due dignitari che fossero notoriamente amici per la pelle. A uno confidava di voler uccidere l’altro, condannandolo alla pena capitale. Gli imponeva poi di tacere, anche con gli amici più intimi e cari, altrimenti l’avrebbe severamente punito.
Nei giorni successivi, quindi, sorvegliava il contegno, gli atteggiamenti, l’espressione di quello che, segretamente, era minacciato di morte. Se il suo comportamento non mutava, premiava l’amico, conferendogli un incarico fidato e di prestigio. Se invece l’altro dava a vedere di sapere qualcosa, l’amico veniva degradato e umiliato.
In ogni caso Cosroe II, all’opposto di altri tiranni, lasciava in vita entrambi gli amici. Se il suo espediente aveva avuto esito positivo, diceva al suo nuovo fidatario che aveva deciso di graziare il suo compagno. Nell’evenienza negativa, faceva sapere a colui che aveva minacciato, che aveva solo voluto mettere alla prova il suo amico, e non mettere in pericolo la sua vita. I due, poi, dovevano evidentemente vedersela tra loro.
II- Nel suo Verità Segrete esposte in evidenza, Elémire Zolla segnala un capolavoro indù sugli “Arcani del potere”, l’Arthaśāstra di Kautiliya (l’Insidoso). In esso, come e ancora prima del Principe di Machiavelli, si erudiscono i sovrani sugli stratagemmi più astuti per conservare il trono, consolidare le proprie prerogative, estendere i propri domini. Particolarmente oculato – vi si dice – dovrà essere il re nella scelta dei ministri. Ma: come garantirsi la loro fedeltà? “Per vagliare i ministri c’è un unico mezzo: metterli alla prova”.
Cortigiani rispettati, che sono in realtà agenti fidati del sovrano, dovranno avvicinarli. In segreto, a uno di loro, il più religioso, verrà proposto di spodestare il re, adducendo il motivo che “non è abbastanza pio”. Un altro verrà invitato a complottare per amore, o per lussuria: gli si dirà che la regina, vogliosa, lo desidera, e “una monaca riverita a corte fingerà di fare da intermediaria”.
Di un altro ministro verrà saggiata la disperazione. Con una falsa accusa, sarà imprigionato in una sudicia cella. Il detenuto che già vi alloggia gli offrirà di entrare in una congiura per rovesciare il sovrano. Dalla reazione dei prescelti, il re saprà se ha ben riposto la propria fiducia.
Essenziale per il principe più avveduto è anche una rete capillare di Spie. È grazie a loro che sarà possibile conoscere e anticipare i nemici. Chi sono le spie migliori? Gli scontenti, i livorosi, i vagabondi, i ruffiani, i teatranti. Zolla aggiunge ancora: “lo studente inquieto, il monaco vagante in contatto con vari Ordini, l’ agricoltore sfortunato, il mercante fallito”. Non va trascurato, però, neppure “l’eremita con un seguito di esaltati”. Il servizio segreto – accortezza sublime – farà in modo che le profezie di quel santone si avverino. Ciò lo renderà un potentissimo agente, che controllerà un enorme numero di proseliti, aumentando l’intelligence del sovrano e dotandolo di una duttile armata.
Nel Kautiliya Arthaśāstra, si esalta pure l’arte della Provocazione, espediente principe per eliminare i rivali, o semplicemente gli oppositori. C’è un elenco di incidenti che possono essere provocati con sapienza. Un esempio: si fanno entrare i nemici “a palazzo insieme a degli agenti segreti armati. Le guardie perquisiranno e arresteranno gli agenti, i quali denunceranno i disarmati nemici del re come loro complici. Dando per buona l’accusa, questi saranno abbattuti. In seguito, si faranno abbattere dalle guardie anche gli agenti segreti, affinché del gioco non resti traccia”.
[in copertina: Eraclio decapita Cosroe I, di Jan de Beer]