I Robot del nuovo Millennio, come tutti gli Automi Meccanici, non sono altro che gli ultimi rappresentanti di una favolosa stirpe d’argilla: i Golem.
La leggenda dei Golem fu storia “vera” secondo numerosi testimoni.
È noto che, per i cabbalisti, una determinata combinazione di lettere dell’Alfabeto ebraico poteva creare un Uomo, – sia pure, al momento dei primi esperimenti, non tanto un uomo in carne ed ossa, quanto una creatura terrosa, più o meno obbediente, più o meno muta e un po’ bolsa. I dotti ebrei chiamarono questo servo di fango: Golem.
Per creare un Golem, non era sufficiente, però, giocare con le consonanti dell’alfabeto ebraico. Avverte Gershom Scholem: “sembra che originariamente il Gòlem potesse venire alla vita solo durante lo stato di estasi del suo creatore”. Per estensione, non suoni blasfemo congetturare che anche Dio, fosse preda dell’ebbrezza o estasi, allorché creò l’Uomo e la Donna.
Anche Adamo, infatti, fu al principio (Genesi, 2, 7) un impasto o impiastro di terra e polvere: un Golem, che l’alito divino trasformò in essere vivente.
Abramo, ad Haran, creò “persone”, afferma Genesi (12, 5), ma lo fece per dimostrare la forza di Dio “di fronte alla gente”. Quale fu la fine di questi mostruosi Lazzari, nessuno ce l’ha detto; elucubrare che, dopo lo spettacolo offerto al volgo, siano finiti nel Nulla, non pare così lontano dalla verità.
Rabbi Rava divenne famoso tra gli Ebrei perché “creò un uomo e lo mandò a R. Zira, che gli rivolse la parola; quello, però, non poteva rispondere: allora R. Zira esclamò: “Sei stato creato con arti magiche; ritorna alla tua polvere!” .
Furono ancora il profeta Geremia e suo figlio Ben Sira a infondere vita in un “Golem” – cioè, confezionarono un Uomo creato da Uomini. Ci vollero tre anni, prima che ci riuscissero. La creatura che avevano formato, per nulla riconoscente, si ribellò e li rimproverò subito così: “soltanto Dio ha creato Adamo […], non dovete più creare un altro uomo, affinché il mondo non degeneri nell’idolatria”. Quel Golem diede loro anche le istruzioni per distruggerlo. Ed essi lo annientarono.
Nello straordinario saggio che uno dei nostri più amati Maestri, Gershom Scholem, ha dedicato alla Kabbalah, si trova un’altra versione della leggenda di Geremia e di suo figlio ben Sira. Entrando più nel dettaglio si narra che i due, dopo tre anni di approfondito studio dello Yetsirah, “si misero a combinare le lettere alfabetiche secondo i principi cabbalistici della combinazione, unione e formazione delle parole, e crearono un uomo che recava sulla fronte JHWH Elohim ‘Emeth (Dio è la verità), ma nella mano di quell’uomo appena creato c’era un coltello, con cui cancellava la aleph di ‘emeth: restò allora meth”, (morto). Il “Golem” ebbe allora una terribile bestemmia tatuata sulla fronte: “Il Signore Iddio è morto!”. Ma, nella versione riferita, un tale oltraggio non lo disintegrava. Anzi, l’automa terroso ammoniva i due sapienti per la loro idolatra pazzia: perché, avendolo creato, meritavano l’accusa d’essersi sostituiti in modo sacrilego a Dio, e, quindi, di averlo in qualche modo ucciso. Dalla favola, forse, può essere tratta questa morale: se l’Uomo comincia a creare, incomincia a uccidere Dio.
È legittimo chiedersi: Geremia e Ben Sira vanno considerati “assassini”, per aver soppresso un Golem? No. Il Golem non “muore”, ma ritorna alla terra, e quindi «colui che “uccide” un Golem non merita di essere punito e non infrange nessun comandamento della Torah”».
Shemu’el il Pio creò un Golem, ma non lo distrusse. Questa creatura servizievole era muta. Come un normale domestico, accompagnava il sapiente padrone nei suoi pellegrinaggi in Germania e Francia.
Salomon ibn Gabirol – “famoso poeta e filosofo del secolo XI – aveva creato una donna che lo accudiva. Quando fu denunciato al governo (evidentemente per magia), dimostrò che non si trattava di una creatura completa, reale, ma che era fatta solo di pezzi di legno e di cerniere, e la disfece risolvendola nuovamente nei suoi elementi originali”.
Ancora nel Seicento, né l’intellettuale, né il viaggiatore si scandalizzavano imbattendosi nei servi artificiali e (forse) sciocchi dei rabbini: «nel 1675 Johann Wülfer scrive che in Polonia ci sono “costruttori così eccellenti che con l’argilla e pronunciando il nome di Dio sono capaci di fabbricare questi famuli muti”».
Nella soffitta della vecchia sinagoga di Praga si trovano ancora oggi i resti del più celebre dei Golem, che, con approssimazione perdonabile, si può definire il “Golem Eponimo”: quello creato da Rabbi Loew. Tuttavia nessuno può salirvi, perché uno dei discepoli di Loew, rabbi Ezekiel Landau, l’ha proibito a tutte le generazioni future. Si dice che una volta, lui stesso, “dopo un lungo periodo di digiuno, era salito a vedere i resti del Golem”. Rabbi Ezekiel non ci ha mai ragguagliato su “cosa” vide, né su cosa “incontrò” (se quel che vide era vivo). Invece di un racconto, ci ha tramandato una maledizione, che vale ancora di più, per sbrigliare la nostra fantasia.
[dalla Fantaenciclopedia, voce “Automi e Macchine”]
[in copertina: illustrazione di Hugo Steiner-Prag per Il Golem di Gustav Meyrink]