I- Il primo libro conosciuto d’un Rosa-Croce (se mai l’autore lo sia stato veramente, se mai ce ne siano stati altri), reca il titolo: Fama Fraternitatis. Narra la storia di Christian Rosenkreuz, enigmatico, congetturale fondatore della Setta, un antico cavaliere errante che si era immolato alla fine del Quattrocento nella ricerca di Dio e della Verità. Dicono gli editori che il manoscritto fu ritrovato nella sua tomba, che venne dissigillata nel momento esatto previsto dall’Autore, dotato, tra le altre qualità morali e intellettuali, anche del dono della profezia.
Il testo della Fama fu pubblicato a Kassel nel 1614, abbinato a un’altra opera, una satira, destinata, per lo spirito pungente e polemico col quale trattava temi d’attualità, a far parlare di sé: la Riforma universale e generale dell’intero universo – un’Utopia ascritta ai “sette savi della Grecia”, che altro non era che la traduzione di uno dei Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini, stampati a Venezia due anni prima.
Posta in coda alla “burlesca” Riforma scritta dall’italiano, la Fama Fraternitatis si presentava, implicitamente, come la rivendicazione d’una vera Riforma Universale del Sapere, esposta questa volta in termini “esoterici”.
Non vi è alcuna certezza su chi sia il genuino autore della Fama. Forse non si trattò neppure d’un singolo, ma d’un gruppo, sparuto, di intellettuali tedeschi “illuminati”: primi indiziati, gli accòliti di un Cenacolo segreto di Tubinga. Tuttavia, secondo gli studiosi più attenti dei Rosa-Croce (cito, su tutti, Frances Yates e Paul Arnold), il vero promotore, se non il fondatore, dell’Ordine e del “complotto” che ne seguì, è stato il commediografo e diacono luterano Johannes Valentin Andreae.
Il “magister” Andreae, nativo del Württemberg, fu sicuramente autore d’un altro libro-cardine di questo mosaico misterioso: Le nozze chimiche di Christian Rosenkreuz: anno 1459, edito nel 1616. Eppure questo testo – che Andreae, pentendosi o fingendo di pentirsi, s’è attribuito senza smentite –, è stato inteso dalla critica come un rabbioso tentativo di “gettare discredito sulla Confraternita”; e questo accadeva, appena due anni dopo la prima uscita pubblica dei Rosa-Croce.
Non si può dubitare, che il supposto fondatore abbia davvero profuso uno zelo singolare nella demolizione della “propria” creatura. Nel 1617, passato solo un anno da Le Nozze Chimiche, Johannes Valentin Andreae nel suo Menippus si scagliò contro i Rosa-Croce biasimandoli per aver dato vita solo a “un gioco di curiosi”. E li accusò d’aver creato un “Ludibrium” – d’aver inscenato cioè una specie di Farsa da Teatro ad uso e consumo di oziosi e dilettanti.
L’ideatore, dunque, si è assunto il ruolo di primo detrattore della Società Segreta che ha fondato: e questa forma di “rivalsa” non è dovuta, come d’abitudine, a una emarginazione successiva, ma (ed è fondamentale rilevarlo) appartiene in modo intrinseco allo Spirito col quale fu costituita la Confraternita.
In ogni caso, se non si trattò d’una Farsa – termine col quale, dopo Andreae, condannò l’intera impresa anche Tommaso Campanella – o di un’Impostura (come affermò Newton), certo quello dei Rosa-Croce fu uno Scandalo, che turbò le coscienze di tutto un secolo, il Seicento.
II- Che cosa vogliono, e soprattutto, chi sono i Rosa-Croce originali? È estremamente difficile decifrarne l’identità e perfino l’esistenza dalla lettura dei manifesti dei primi anni, come pure dal profluvio dei testi che commentarono le loro “provocazioni”.
Ci viene forse in aiuto un opuscolo pubblicato da Gabriel Naudé col titolo Instruction à la France sur la vérité de l’histoire des Fréres de la Roze Croix, dal quale apprendiamo che, nel 1623, in alcuni crocevia di Parigi, furono affissi dei vistosi biglietti manoscritti, recitanti questo oscuro messaggio: “Noi, deputati del Collegio principale dei Fratelli della Rosa-Croce, facciamo soggiorno visibile e invisibile in questa città, per grazia dell’Altissimo, verso il quale si rivolge il cuore dei giusti. Noi dimostriamo e insegniamo senza libri o altri segni come parlare le lingue dei paesi dove vogliamo essere, per trarre fuori gli uomini nostri simili dall’errore e dalla morte”.
Un nuovo libello contemporaneo a quello di Naudé, anonimo stavolta, ma dal titolo inequivocabile Effroyables pactions faites entre le Diable et les prétendus Invisibles (“Orrendi patti tra il diavolo e i presunti Invisibili”), cita il testo di un altro di quei proclami: “Noi, deputati del Collegio di Rosa-Croce, annunciamo a tutti coloro che vorranno entrare nella nostra Società e Congregazione, che saranno istruiti nella perfetta conoscenza dell’Altissimo, nel cui nome quest’oggi ci riuniremo, e li renderemo da visibili invisibili e da invisibili visibili, e saranno trasportati in tutti i paesi stranieri in cui vorranno andare. Ma avvertiamo il lettore desideroso di acquisire tali meravigliosi poteri, che noi conosciamo i suoi pensieri, che se desidera vederci per sola curiosità, non riuscirà mai a comunicare con noi; ma se vuole veramente essere iscritto nel registro della nostra confraternita, noi che possiamo giudicare i suoi pensieri, gli mostreremo la veracità delle nostre promesse, a tal punto che non indicheremo il luogo della nostra dimora, poiché i pensieri uniti alla volontà sincera del lettore potranno svelarci a lui e lui a noi” ».
Da queste poche righe programmatiche già emerge il quadro di una Setta o Società Segreta “ideale”: talmente misteriosa e esoterica che niente può distruggerla.
I suoi soci sono Anonimi, Invisibili e leggono il pensiero; la loro sede principale può essere dovunque, e quando si manifestano, sono parvenze visibili ma inattaccabili da qualsiasi potere temporale.
Anche il reclutamento avviene con criteri straordinari: chi lo merita, sarà un Rosa-Croce; ma in qualche modo lo è già, almeno in segreto, anche se non sa come e dove iscriversi. Il Prescelto, l’Illuminato, il nuovo Confratello, avrà una vita visibile, normale per tutti gli altri, e una invisibile, rosa-crociana. In nessun modo ostenterà le nuove conoscenze acquisite: fin dai tempi leggendari di Christian Rosenkreuz, i Rosa-Croce infatti teorizzano che la Verità non va esposta “con leggerezza alla censura del mondo”. La prova migliore che hanno raggiunto la Suprema Conoscenza, è, appunto, che si rifiutano di divulgarla.
Dati questi presupposti, si capisce bene come mai, per decenni, nessuno ammetterà d’essere un Rosa-Croce. Tutti coloro che vengono sospettati di appartenere alla Setta, “affermano di non aver mai incontrato Confratelli in tutta la loro vita”. Cartesio stesso, nel cuore della Germania rosa-crociana, e negli anni di massimo fulgore della disputa intorno all’Ordine Segreto, pur desiderandolo ardentemente, non riuscì a conoscerne nessuno. E, almeno in apparenza, reagì con stizza.
Non fu il solo. Quelli, tra i maggiori filosofi e scienziati del secolo, che incrociarono le tesi rosa-crociane (e si possono fare i nomi di Comenio, Campanella, Bacone, Spinoza, Newton, Leibniz), ne furono infastiditi o disgustati più che conquistati. Nonostante ciò, tutti costoro furono a loro volta considerati – dai posteri, dai contemporanei – dei grandi Adepti della Confraternita, i migliori Rosa-Croce del loro tempo.
D’altra parte: chi è affiliato, se nega di far parte della Setta, mente; perciò tace, anzi, se può, critica, sferza, prende le distanze.
Ma anche chi sostiene di far parte della Setta e cerca di far proseliti, mente.
Ci viene dunque rivelato un mondo parallelo, totalmente altro e Fantastico. Un’Altra Dimensione, nella quale, come tessuto connettivo, al Segreto non è separabile la Menzogna.
Si deve riflettere sul fatto che, se non fosse per i citati proclami di Parigi, e per altri pochi testi – i più antichi, soprattutto tedeschi – lasciati circolare con sapiente negligenza, nulla sapremmo sui veri intenti della Confraternita.
Invisibilità, telepatia, teletrasporto, le promesse di quattro secoli fa si sono rivelate irrealizzabili chimere.
A questo punto c’è seriamente da chiedersi se una Confraternita del genere sia mai esistita veramente, visto che è del tutto indifferente, persino per i suoi ideatori che ci sia mai stata.
Lo “deduce”, con la consueta lucidità, Umberto Eco: «non solo non esistono prove storiche dell’esistenza dei Rosa-Croce, ma per definizione non possono esisterne […]. Al massimo si può usare l’assenza di prove come l’unica prova evidente. Così si comportava infatti (ma posizioni del genere si potrebbero trovare in molti testi moderni) Heinrich Neuhaus nel XVII secolo: “Per il semplice fatto che essi cambiano e nascondono il loro nome, mentono sulla loro età, e che per loro stessa ammissione vengono senza farsi riconoscere, non vi è persona con un poco di logica che possa negare che necessariamente occorra che essi esistono”».
È un caso, questo – pare, non raro –, nel quale ontologicamente si desume l’esistenza d’un Ente o d’un Soggetto solo dalla Menzogna con la quale lo si circonda.
III- Nella sintesi mirabile di Jorge Luis Borges, Johannes Valentin Andreae, fu “un teologo tedesco il quale, al principio del secolo XVII, descrisse la comunità immaginaria dei Rosa-Croce; comunità che altri, poi, fondò realmente sull’esempio di ciò che colui aveva immaginato”.
Questo spiegherebbe tutto: anche le invettive di Andreae contro chi poi, stravolgendo il suo progetto originario, ha cercato di costituire nella concretezza della Realtà la Confraternita Perfetta.
Ma se la Rosa-Croce autentica, non è mai esistita, sono esistiti, quindi, solo dei falsi adepti. L’esempio di cui parla Borges è stato travisato. Così la pensa anche René Guenòn: “è probabile che la maggior parte dei pretesi Rosa-Croce, fossero in realtà soltanto dei Rosicruciani […]. È anzi certo che non lo erano in modo alcuno, per il semplice fatto che facevano parte di tali associazioni”.
Il paradosso è esplicito: la Rosa-Croce è un’Associazione vera, come associazione, fintanto che non esiste. Se invece esiste è falsa: e di un’associazione falsa si può dire, a ragione, che non esiste.
In effetti, visto alla luce di queste analisi, e degli avvenimenti successivi alla pubblicazione della Fama Fraternitatis, il progetto dei fondatori della Rosa-Croce sembra più leggibile.
Nella fase iniziale (Tubinga, 1614), Andreae e il suo cenacolo di Riformisti Clandestini intendevano creare una falsa Associazione che richiamasse l’attenzione degli Spiriti più illuminati, – ma senza un programma preciso, che non fosse quello di rimarcare la loro diversità con la cultura dominante, anche in campo religioso. Poi – censite le domande di adesione, selezionati i possibili adepti, resa universalmente “ragionevole” la dottrina, propagandate la forza e le dimensioni della Confraternita–, si voleva ribaltarne la clandestinità e sostituirla con una Utopia compiutamente realizzabile.
Il vero e primario obiettivo del diacono luterano sembra proprio quello: saggiare il terreno con una proposta “farsesca”, un “Ludibrium” che terremotasse le coscienze, e poi inaugurare su quelle fondamenta un nuovo Ordine e un più veritiero Sodalizio: che Andreae chiamò “l’Unione – o Socìetas – Cristiana”.
A questo punto, però, tra le due Fratellanze – la Rosa-Croce e l’Unione Cristiana –, era ovviamente votata al successo la prima, la misteriosa, l’Invisibile, la più attraente, laica e “giocosa”. Doveva necessariamente prevalere la Confraternita fondata sui rituali segreti, la clandestinità degli illuminati, i segni cifrati, gli effluvi sulfurei dei gabinetti ermetici. Non è né la “ragione”, né la filosofia, che contano o predominano, in campo esoterico.
La Rosa si ribellò ai suoi ideatori, che altrimenti, dilaniandosi tra loro su cavillose questioni teologiche, in poco tempo l’avrebbero condotta alla rovina; quindi, riformata, radicalizzata, assunse vita autonoma: come dimostrano gli echi europei degli impudenti proclami parigini, già “rosicruciani”, del 1623.
Il Magister Andreae, che aveva scatenato queste fantasie, uomo di mondo e di teatro, doveva intuirlo fin dal principio: che la Farsa avrebbe prevalso sull’onestà dei propositi e la purezza delle Utopie. Per cui, Altri che non i fondatori, diedero vita a una più o meno invisibile Rosa-Croce “rosicruciana”, di stampo massonico – un’immarcescibile società segreta che, come tutti sappiamo, è giunta, tra molti scismi, fino ai nostri giorni.
[Ho trattato l’argomento “Rosa-Croce” in un saggio molto più articolato che compare nella voce “Sogni” della Fantaenciclopedia, dove si descrive la Figura di Cartesio, probabile adepto della Confraternita, come “Sognatore”]
[in copertina: illustrazione dal Summum Bonum di Robert Fludd (1629)]