Il 18 luglio 1936 una folla straripante si accalcò al Cotton Bowl Stadium di Dallas, in Texas, per assistere al matrimonio di Violet Hilton, attrazione delle fiere metropolitane e reginetta prima del vaudeville, poi del burlesque. L’accompagnava all’altare, e non poteva accadere diversamente, la sorella Daisy, altrettanto popolare in tutto il mondo dello spettacolo.
Violet e Daisy, d’origine inglese, inseparabili fin dalla nascita, erano due “gemelle siamesi”.
Indissolubilmente cucite assieme dalla natura, condividevano gran parte del bacino. Avevano recitato (congiuntamente) anche in Freaks (1932), film culto di Tod Browning, ma a garantire la loro popolarità fu, oltre che la menomazione, il faccino grazioso, l’agilità con la quale danzavano i loro obbligati duetti, e le loro doti di cantanti e musiciste. Si esibivano sui palcoscenici da quando avevano tre anni. In età più tarda, Violet apprese a suonare il sassofono, Daisy il violino. Non è facile mettere insieme un repertorio per i concerti di questi due strumenti, ma le due sorelle venivano comunque apprezzate dal pubblico. Guadagnavano cifre davvero considerevoli, per l’epoca.
Violet si innamorò di un musicista, un certo Maurice Lambert; non sappiamo fino a che punto Daisy approvasse quell’infatuazione: certe foto scattate al terzetto la mostrano anzi poco affiatata, per non dire contrariata. I due amanti però presero la loro storia molto seriamente: in uno degli Stati che ospitava gli show delle ragazze chiesero la licenza matrimoniale. Gliela negarono. Provarono altrove. Le autorità di altri venti Stati gli impedirono le nozze. C’era il pericolo di autorizzare una sorta di Ménage à trois, e Lambert era già in odore di bigamia.
Tanto accanimento aveva avuto un precedente. Lo stesso tipo di rifiuti l’avevano già collezionato Josepha e Rosa Blazek, altre due famose “siamesi” che condividevano anche e bacino, e che erano state celebri attrazioni del vaudeville degli anni Venti. E questo nonostante Josepha avesse urgente bisogno d’un matrimonio riparatore, dato che aveva annunciato pubblicamente d’essere sia “incinta”, sia “ancora vergine”. La smaliziata Rosa, giurò che la sorella diceva la verità. Nessun giudice o parroco si intenerì: nessuno Stato consentì alle nozze.
Quando finalmente, nel 1936, il Texas si decise a concedere l’agognata licenza, Violet Hilton si presentò all’altare, oltre che con la sorella, con un uomo differente da Lambert, il ballerino James Moore. Fu un matrimonio di facciata, combinato a scopi pubblicitari: Moore era notoriamente alieno alle frequentazioni femminili. La sposa, per il visibilio della folla, davvero immensa, sfoggiava un vaporoso abito bianco, tradizionale, con un lungo velo che le coronava la testa. Daisy invece, trascinata quasi controvoglia, indossava un vestitino senza pretese, che, secondo i giornalisti specializzati in gossip, non riusciva a nascondere il suo avanzato stato di gravidanza. Notizia peraltro mai confermata.
Cinque anni dopo Violet, anche Daisy si sposò, con l’attore Harold Estep. Non fu un matrimonio fortunato; durò solo dieci giorni. Fu annullato. Le ragioni di una tale brusca separazione non furono mai chiarite da nessuna delle due inseparabili sorelle, entrambe parte in causa in questa ardua “partita a quattro”.
C’era abbastanza clamore intorno alle “comuni” esperienze sessuali delle due siamesi, per alimentare un’insana e morbosa curiosità. Le gemelle venivano spesso intervistate proprio su questo argomento, e i cronisti non provavano vergogna a chiedere, cosa accadeva all’una, se l’altra voleva godersi un po’ di intimità con il marito. Ricorda Leslie Fiedler nel suo saggio Freaks che «Violet diede una risposta esauriente: “Certe volte”, disse, “non ci bado. Certe volte mi metto a leggere e certe volte faccio un pisolino”». Pare che fosse stato il grande Houdini in persona a dare loro lezioni “su come astrarsi nei momenti di piacere sessuale dell’altra”. Distrarsi fino in fondo però doveva essere abbastanza complicato, e non tanto per motivi logistici: le sorelle condividevano dalla nascita non solo il bacino ma anche la circolazione sanguigna, per cui, suppongo, i loro cuori dovevano battere all’unisono, in determinate circostanze.
Dopo aver dissipato completamente le loro fortune, Violet e Daisy tornarono al cinema, nel 1951, recitando in un intricato melodramma basato proprio sulle loro avventure amorose: Chained for Life. La locandina esposta nelle sale cinematografiche presentava le sorelle Hilton come la “Settima” (non l’ottava/nona) “Meraviglia del Mondo”. “Cosa accade nei loro momenti più intimi?”, si chiedeva la pubblicità.
Chained for Life non fu un capolavoro come Freaks, ma, secondo i giudizi della critica e degli spettatori, uno dei film più sconciamente brutti della Terra.
Quando la loro popolarità era ormai un ricordo, le due “siamesi” tornarono alla ribalta della cronaca per le loro battaglie politiche. Naturalmente, su fronti opposti. Una militò nelle file democratiche, l’altra si schierò apertamente per Nixon.
Le sorelle Hilton morirono alla fine degli anni Sessanta, epoca in cui lavoravano in un supermercato come “doppia cassiera”. Erano ammalate di influenza asiatica da parecchie settimane e s’erano rinchiuse nel loro appartamento. Daisy, secondo l’autopsia, spirò per prima. Violet ne seguì la sorte tre o quattro giorni dopo. In silenzio, senza dar l’allarme.