I- Aurangzēb (1618-1707), sovrano dell’impero Moghul e dominatore dell’India, ebbe fama di perfetto musulmano; ma fu anche accanito persecutore e tassatore degli infedeli.
Un giorno, racconta la tradizione, interrogò un rabbino chiedendogli: qual è la Religione vera? Il rabbino, che temeva per la sua vita, improvvisò questa risposta in forma di parabola:
Un padre aveva tre figli. La sua ricchezza consisteva in un grande diamante, che ogni figlio voleva per sé, dopo la sua morte. Accortosi che la sua eredità poteva causare lutti e tragedie in famiglia, il padre fece realizzare due falsi diamanti, in tutto e per tutto simili al primo, tanto che nessuno sarebbe mai stato capace di distinguerli. E ad uno ad uno chiamò i figli separatamente, e consegnò loro in segreto i tre diamanti. Due erano falsi, uno vero, ma, essendo in tutto simili, solo il padre sapeva a chi aveva dato l’autentico diamante.
Questa – commentò il saggio ebreo – è la storia delle tre Religioni, mosaica, cristiana, musulmana. Solo una è Vera, le altre le somigliano in modo portentoso. Ma solo Dio sa qual è la Vera. Se ha voluto celarla con tanta cura – aggiunse – chi sono, gli uomini, per smentirlo?
Così il rabbino, con questa risposta ambigua e misteriosa, salvò la sua vita.
Certo, si potrebbe obiettare alla parabola, che per scoprire qual era il vero diamante sarebbe stato sufficiente sottoporli tutti e tre alla stima di un esperto. Ma c’è un solo vero esperto in questo campo metaforico: ed è proprio Dio, che tacerebbe. Né si potrebbero portare le pietre preziose al mercato per vedere quanto valgono. La Fede, infatti, non ha valore di mercato. E sarebbe turpe, ignominioso, assoggettarla a una simile prova.
Resterebbe dunque, vivo, un solo enigma: il comportamento di Dio. Che regala ai popoli motivi di divisione, invece di pronunciarsi definitivamente su una materia che lo riguarda tanto da vicino.
Tuttavia, seguire la logica della risposta arguta del rabbino è abbastanza inutile. Aurangzēb, l’Ebreo, e persino – se fosse stato lì presente – un Cristiano di passaggio, non avrebbero avuto dubbi, che il vero diamante di cui si parlava fosse quello in loro possesso. Il resto, va considerato paccottiglia: una gentile concessione agli infedeli, o per paura, o per indulgenza.
Gotthold Ephraim Lessing, illuminista, si ricordò di questo racconto, non si sa se storico o leggendario, nel suo Nathan il Saggio; però, traghettandolo dall’Oriente all’Occidente, lo rese inutilmente più insipido e complicato. Sostituì tre anelli ai tre diamanti e ne fece oggetto di una prolissa disputa giudiziaria davanti a un gretto magistrato. Anche le parabole, come le storielle umoristiche, hanno invece bisogno, per convincerci, di stringatezza, di economia.
II- È pur vero che in passato i dubbiosi hanno trovato spesso un modo più concreto e meno immaginifico per stabilire quale sia la Vera Religione.
Si è ritenuto spesso, nella Storia, che la Fede migliore sia quella che “muove le montagne”, – cioè a dire, il Credo che supera le Ordalie. Così da sempre si sono regolati interi popoli, dinastie regnanti, singole tribù, quando si trattava di scegliere un comune culto di Stato. Ad esempio si faceva, tra i Germani, una sorta di “verifica preventiva”, una prova del fuoco che somigliava a una sorta di roulette. Questi idolatri potevano convertirsi in massa al cristianesimo, se un voto, fatto da qualcuno di loro nel momento del pericolo, e indirizzato al Dio di Gesù, piuttosto che a Thor o a Odino, veniva effettivamente esaudito. A un “miracolo” di questo tipo si deve, pare, la conversione dell’intero popolo dei Burgundi, i quali – assevera Socrate Scolastico nella sua Storia Ecclesiastica –, desiderosi d’un soccorso soprannaturale, s’accorsero che la Divinità dei romani proteggeva questo popolo meglio d’ogni altra.
Il “Giudizio di Dio” in tema di Religione è però posto su un crinale logico talmente scivoloso che, seguendolo conseguentemente, si giunse persino alle conversioni di massa collegate alle imprese “sportive”, e, almeno in un caso. all’Apostasia per Regata.
Secondo quel che narrano gli storici Nicolas Gervaise e Contant d’Orville, il re di Macassar, deciso ad abbandonare l’idolatria insoddisfacente dei suoi Padri, si trovò nel rovello di scegliere il Credo a cui votare le sue genti. Dovevano abbracciare la Religione di Cristo o quella di Maometto? I suoi consiglieri ne discussero a lungo, ma non approdarono a alcuna soluzione. Allora il re – sembra una favola, ma non lo è – mandò a chiamare contemporaneamente i missionari di entrambe queste Fedi, stabilendo che avrebbe accolto e venerato la dottrina di quelli che fossero arrivati per primi nel porto della capitale.
Gli parve insomma ragionevole supporre che Dio Onnipotente, presiedendo il soffio dei venti marini, avrebbe favorito i vascelli dei suoi sacerdoti prediletti.
Giunsero in anticipo i kazis maomettani e, con grande scorno dei missionari devoti a Cristo, gli abitanti di Macassar si prosternarono all’Islam e al suo Profeta.
Commenta l’ateo barone d’Holbach: “Dio, evidentemente, permette che il caso decida la religione dei popoli”– senza prendere in considerazione l’ipotesi che Iddio può essere, invece, musulmano.
[in copertina: illustrazione da “All Detective Magazine”]