Nel suo libello più cinico e feroce, Una Modesta (o Ragionevole) Proposta, l’irlandese Swift – applicando i parametri del Fantastico alla Logica Economica –, propose il Cannibalismo come universale panacea, ossia come soluzione finale al persistente problema della scarsità di risorse alimentari nel suo paese. Doveva esser consentito, secondo lui, ad amministratori pubblici e proprietari terrieri, di sfamarsi con i bimbi delle classi meno abbienti, tormentate dalla carestia e votate all’elemosina. I vantaggi per la Società sarebbero stati evidenti.
Primo: il numero dei papisti, che per il rifiuto della contraccezione erano i più prolifici al tempo di Swift, poteva esser drasticamente ridotto. Secondo: i poveri che non riuscivano a pagare l’affitto di casa avrebbero avuto finalmente un bene (i figli piccoli) da farsi sequestrare. Terzo, sarebbero rifiorite le finanze nazionali, rimpinguate dai risparmi che si farebbero sul mantenimento dei pargoli. Quarto: padri e madri non dovrebbero più preoccuparsi del sostentamento della figliolanza oltre il primo anno di età. Quinto: le taverne tornerebbero a riempirsi, grazie alle nuove pietanze. Infatti, aggiunge Swift, “un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo più delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragù”. Sesto, di questo regolato cannibalismo si gioverebbe anche l’istituto del matrimonio: i coniugi, grazie alla prospettiva del guadagno, sarebbero più amorevoli tra loro e più teneri con la prole; diminuirebbero gli aborti, e tra le madri scatterebbe anche una “onesta emulazione per portare al mercato il figlio più grasso”.
“Invito quei politici” – conclude Swift –, “ai quali non garba il mio progetto, e che forse avranno il coraggio di azzardare una risposta, ad andare a chiedere prima di tutto ai genitori di questi mortali se non pensino, oggi come oggi, che sarebbe stata una grande fortuna, se loro stessi, all’età di un anno, fossero stati messi in vendita come cibo di qualità alla maniera da me descritta, evitando così tutta una serie di disgrazie come quelle da loro patite, per l’oppressione dei padroni”.
La satira (o meglio: parabola) swiftiana, mai presa alla lettera, fu riproposta e riformata in più di un grande progetto. Nel suo trattato Philanthropofagia, il poeta e scrittore politico Paulin Gagne – già noto per aver pubblicato un’ipotesi maledetta di Lingua Universale, la Gagne-Mono Panglotte –, “propose la creazione di una associazione di uomini pii che lasciassero le loro carni in pasto ai loro simili affamati”. L’Utopista Cannibalico si diceva convinto che i governi di tutto il mondo avrebbero incoraggiato tali sacrifizi.
Gagne prometteva ai benefattori disposti a farsi divorare, “una morte attraente per mezzo di ghigliottine onorevoli, con la promessa di statue e di pantheon, e con la speranza di ricompense eterne”, soprannaturali.
A detta di Walter Benjamin, in tempi moderni, ci fu un’altra versione, ancora più misantropa, della Modesta Proposta di Swift; Leon Bloy formulò l’ipotesi, “di accordare ai padroni di casa il diritto di utilizzare la carne degli inquilini insolventi” [Benjamin, Avanguardia e Rivoluzione, 120]. Non sono però sicuro che sia vero.
Filantropia e Cannibalismo sembrano quasi destinati ad andare a braccetto. Spero di non turbare nessuna sensibilità se suggerisco che anche l’attuale, provvidenziale, “donazione di organi”, sfiora – in chi la riceve –, l’antropofagia. Almeno come concetto, e esito.