George Psalmanaazaar, colui che – prima e più di Chiang Kai-sheck – nella storia planetaria è sicuramente il più famoso “abitante di Formosa”, non aveva nemmeno i tratti da orientale. Malgrado ciò, causò un malessere diffuso, in Inghilterra, la scoperta che non fosse neppure formosano.
Andando con ordine: nel 1703 approdò a Londra un uomo con un passaporto giapponese (poi riscontrato falso). Disse di chiamarsi Psalmanaazaar e di essere fuggito dall’isola di Formosa (l’odierna Taiwan), dove, in quanto cristiano, era perseguitato. La “Società per la Propaganda del Vangelo” lo avvicinò, e chiese la sua collaborazione per tradurre il Nuovo Testamento in formosano. La grande isola all’epoca, era pressoché sconosciuta, e nulla si sapeva dei suoi costumi, della sua cultura. L’uomo aderì con entusiasmo alla richiesta. Dettò un vocabolario, rilesse, corresse in bozze. I Vangeli, resi in lingua e in caratteri “locali” di scrittura, furono stampati in migliaia di copie, per essere distribuiti ai missionari in partenza per l’Oriente. Ancora oggi quei volumi ci appaiono tanto preziosi, quanto Fantastici.
Comunque, incoraggiato dai risultati, il rifugiato pubblicò nel 1704 un dettagliato “Ragguaglio” sul suo luogo di nascita (An Historical and Geographical Description of Formosa), arricchito di rocambolesche avventure personali e illustrato da “several cuts”.
L’isola, a suo dire, era abitata dai Cannibali, che adoravano un orribile demonio.
Solo nel 1728 George Psalmanaazaar si decise a confessare che non era mai stato a Formosa, non era originario di quelle terre, non sapeva com’era fatta l’isola, non conosceva neanche una parola autentica di quella che avrebbe dovuto essere la sua lingua natale. Aveva inventato tutto, ma adesso si era ravveduto, grazie a una lettura edificante sulla “vita devota”.
Resta il fatto, a suo disdoro, che pur di dar credito d’essere un selvaggio formosano, Psalmanaazaar s’era spinto al punto di fingersi cannibale. Anche in Inghilterra millantò d’aver conservato i gusti gastronomici che attribuiva ai suoi connazionali; per cui, “eccitato a mangiare la carne d’una donna impiccata, lo fece, senza alcuna ripugnanza”.
Swift, lo cita in Una Proposta ragionevole: “Psalmanazar, nativo dell’isola di Formosa, venuto di là a Londra circa vent’anni fa […] conversando raccontò al mio amico che nel suo Paese, quando qualche persona giovane veniva suppliziata, il carnefice vendeva il cadavere a persone altolocate come una primizia, e che ai suoi tempi il corpo di una grassa fanciulla di quindici anni, che era stata crocifissa per un tentativo di avvelenare l’imperatore, era stato venduto al primo ministro di S. M. Imperiale e ad altri grandi mandarini della corte, in quarti dalla forca, per quattrocento corone”.
Non ebbe dunque scrupoli, l’avventuriero, a utilizzare il Cannibalismo come argomento retorico, per confermare la sua provenienza, anche presso chi dubitava della sua identità.
Tzvetan Todorov ricorda (in The Morals of History) che “Psalmanazar” nel 1747 scrisse la voce “Formosa” per un’Enciclopedia geografica, e per l’occasione finse di non essere Psalmanazar, incolpando il preteso isolano di aver inventato molti particolari fittizi e favolosi. Anche questa è una caratteristica dei mitomani e dei truffatori: far circolare voci che li diffamano e li smascherano.
Nel 1764 – era morto da un anno – uscirono le sue vere Memorie, e riscossero lo stesso successo che aveva ottenuto, sessant’anni prima, la sua frode letteraria. Il pubblico ama i truffatori che lo fanno sognare. Persino Mesmer, entusiasmando migliaia di seguaci, si autoaccusò di ciarlataneria.
[da un articolo della voce “Verità e Menzogna” della Fantaenciclopedia]