Vi sono stati intermedi tra la vita e la morte diversi da quella particolare condizione che si impossessa del malato nell’agonia, oppure dalla morte apparente, che si risolve in un risveglio tardivo. Stati che differiscono dalla condizione patologica in cui il cervello ha smesso di funzionare, il respiro manca, ma il cuore batte ancora. Tra l’esser vivo e l’esser morto c’è davvero un’intera gamma di sfumature e gradi, non tutti esplorati, e di inattese potenzialità.
È detto – dagli Ebrei –, di Mosè, che egli “si fermò in mezzo tra i vivi e i morti”, senza per questo diventare immortale. Qualche millennio dopo, il lettore occidentale si imbatte in questa sottigliezza di Chamfort: «un elzevirista scrisse nella sua gazzetta: “Gli uni dicono che il cardinale Mazzarino è morto, gli altri dicono che è vivo, io non credo né a questi né a quelli”».
Esisterebbero, dunque, nel ventaglio del nostro “essere nel mondo”, ben quattro possibilità: uno, Esser Vivo; due, Esser Morto; tre, Essere Immortale; quattro: Essere, né Vivo, né Morto. Ma poiché, per arrestare una Combinatoria, ci vuole solo lo strale folgorante di un Dio, ecco subito comparire una quinta probabilità: Essere, contemporaneamente, Vivo e Morto.
Giustino il Giovane, affacciandosi sulla piazza gremita dalle due fazioni colorate e trepidanti, le quali, in perenne e feroce lotta tra loro, dilaniavano la capitale della nuova Roma, urlò: “O azzurri, Giustiniano è morto! O verdi, egli è ancora vivo!”. Gridata in una costernata, sobillata, Bisanzio, la frase può essere intesa come una pietosa bugia, un motto di spirito fuor di luogo, oppure un escamotage per differire una rivolta. La scienza moderna ci avverte invece che questa quinta condizione esiste veramente. In essa mena (si fa per dire) la sua grama esistenza il famoso “Gatto di Schrödinger”.
Il felino teorizzato dal fisico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) merita d’essere annoverato in un “Bestiario Fantastico” appunto per questo motivo: che esso, “finché rimane inosservato è simultaneamente vivo e morto”.
Erodoto narra che, presso gli Egizi, se un gatto domestico muore, tutti gli abitanti della casa si radono le sopracciglia”. Nell’evenienza avessero in casa un “Gatto di Schrödinger” rimarrebbero forse interdetti: un sopracciglio sì, un sopracciglio no.
Schrödinger giudicava l’esperimento col suo “Gatto” solo un’ipotesi “burlesca” – ma dal riassunto che ne fa Piergiorgio Odifreddi [ne: Il Vangelo secondo la Scienza] si evince il quadro clinico-morboso di tutta la messinscena:
«Si pone un gatto in una stanza isolata insieme a una fiala di veleno, la cui rottura può essere provocata dall’emissione casuale di una particella, ad esempio, da una sostanza radioattiva in un contatore Geiger. Se il gatto viene considerato come un sistema quantistico e descritto mediante una funzione d’onda, esso si trova in una sovrapposizione dei due stati “gatto vivo” e “gatto morto”, ed è quindi “un po’ vivo e un po’ morto”, fino a quando un osservatore esterno guarda nella stanza. Nel qual caso, e solo allora, la funzione d’onda collassa a uno dei due stati, “gatto vivo” o “gatto morto”».
Il Gatto Quantistico di Schrödinger pare complicare l’ipotesi di Berkeley. Il vescovo – ci piace citarlo nella sintesi di Borges –, sostenne che gli oggetti (qui si legga: i gatti) continuano la loro esistenza oggettiva anche quando non sono osservati: “poiché quando non li percepisce un individuo, li percepisce Dio”. Ovviamente, Dio sa sempre se un gatto è morto o vivo, e se lo sa lui, lo sa anche il gatto. Da un punto di vista rigidamente berkeleyano, al gatto di Schrödinger è negata la condizione d’essere “un po’ vivo e un po’ morto”. È molto probabile però che un animale di tal genere sia “fuori della Grazia di Dio” – soprattutto in considerazione del trattamento che gli viene riservato.
In uno dei saggi raccolti nel libro Simmetrie, Riflessioni, Eugene Wigner, premio Nobel per la fisica nel 1963, ha proposto un’ulteriore e sofisticata variante dell’esperimento di Schrödinger, poi passata agli annali della Scienza come “l’amico di Wigner”. L’astuto Fisico ha scoperto che non c’è alcun bisogno che l’osservatore, quello che ha concretamente messo il gatto nella stanza dell’esperimento, vi getti pure uno sguardo dentro per accertarsi se la bestia è ancora viva. Basta che chiami un amico.
Quando l’amico di Wigner guarda nella stanza, la funzione d’onda dell’osservatore collassa ugualmente, anche se l’osservatore principale, di persona, non ha visto niente. Commenta Odifreddi: “in altre parole, il collasso della funzione d’onda è un fenomeno soggettivo determinato dall’azione della coscienza”. Di conseguenza, “il materialismo è incompatibile con la meccanica quantistica”.
Il vescovo Berkeley sarebbe soddisfatto di quest’ultimo esperimento. In effetti, a ben osservare, sembra una variazione sado-scientifica del suo vetusto “esse est percipi”. Basta che l’Amico di Wigner sia Dio.
[dalla Fantaenciclopedia, voce: “Bestiario”]
[in copertina: Giullare con Gatto, di Jacob Jordaens]