Verso la fine del XVI secolo, in Francia, fu istituita per legge un’assemblea, chiamata “Congrès”. Si trattava d’un virtuoso esercizio, o sforzo, di voyeurismo collettivo, che prendeva il suo nome dalla presenza concomitante di giudici, chirurghi, preti, mammane e matrone prodighe di prole e di esperienze d’accoppiamento. Scopo primario del “Congrès” era quello di esaminare le lagnanze delle donne contro i mariti sospettati di impotenza.
Molte mogli illibate, sposate ancora fanciulle con uomini anziani o senescenti, avevano un’idea chimerica del connubio e del talamo nuziale. Altre, maritate per convenienza o per avidità di dote, venivano ignorate a bella posta dal coniuge. Quasi sempre aizzate dalle madri, queste giovani ricorrevano allora al “Congrès”, per accertare se, nonostante un certificato contatto col marito, erano rimaste, o meno, ancora vergini.
Il Dictionnaire des Superstitions, compilato nell’Ottocento da De Chesnel, non lascia dubbi sul fatto che il consulto e il verdetto avvenivano sul campo, ossia, sul letto: per cui il marito doveva davanti a tutti i convenuti “distruggere o confermare l’accusa mediante una pubblica prova”.
Il Dulaure, citando un giureconsulto di quei tempi, spiega dettagliatamente quest’Ordalia dei Sensi. I due sposi venivano confinati in una camera, spogliati nudi “dalla testa ai piedi” e visitati dagli esperti. Dopo un rapido lavacro, che riguardava solo le donne, l’uomo e sua moglie si infilavano in pieno giorno in un letto. Cerusici, magistrati, ecclesiastici, potevano restare; altrimenti, su richiesta di una delle due parti, si ritiravano in un guardaroba o in una galleria, dalla quale erano comunque obbligati a sbirciare quello che accadeva. Le matrone e le levatrici invece dovevano accamparsi proprio accanto al letto. Al massimo si tiravano le cortine.
In queste condizioni l’uomo era tenuto a dimostrare pubblicamente la sua possanza, mentre – è ovvio – la controparte, che l’aveva denunciato per la sua inettitudine, faceva di tutto per freddarne gli ardori suscitando dispute e alterchi per ridicoli nonnulla.
Al termine della prova, l’intimità della sposa veniva sondata, con gran schiamazzo, e quasi sempre in assenza del marito. La procedura poteva essere ripetuta tre volte, per non lasciare dubbi alla Corte. Prima del connubio obbligatorio, accadeva anche che le donne “esperte” convocate nel Congrès rovistassero il marito denunciato, sollecitandone l’istinto: i loro racconti poi facilmente diventavano di pubblico dominio. Assemblee di questo tipo furono in voga a partire dal 1577.
Fare cilecca prima, durante e dopo il Congrès non era un trauma, per l’orgoglio del coniuge maschio. Alcuni mariti vigorosi e schifiltosi volentieri affrontavano la bocciatura, pur di liberarsi delle mogli. Anche se i giudici poi, per difetto di impotenza, toglievano loro la dote.
A meno di decidere la questione con una serie di cavilli: Bayle, nell’articolo “Quellenec” del suo Dictionnaire, si sdegna per le impudicizie del Congrès, e riporta le parole d’un giudice misogino, il quale, in una causa simile, interrogò la ricorrente in questi termini: “se voi dite d’essere una vergine, del tutto all’oscuro di certe pratiche, come fate a sapere che vostro marito non vi ha già rapito il pulzellaggio?”
Altre volte i chirurghi compiacenti, durante l’ispezione successiva al convegno amoroso, si assumevano l’onere di salvare la reputazione dello sposo, sfregiando a mano o con strumenti adatti il pulzellaggio della convenuta. In numerosi casi la loro connaturata goffaggine veniva in soccorso all’onore del marito.
Waree, dà una precisa descrizione di quanto accadeva durante gli “esami clinici” che concludevano il Congrès. Si ordinava alla querelante, appena reduce dalla pubblica prova nell’alcova, di stendersi sul dorso, e di divaricare le gambe. I medici concorsi, e le levatrici convocate dal giudice, avevano il diritto di toccare, maneggiare, controllare, “ouvrir”. Un cerusico poteva servirsi, nel caso, dell’apposito strumento chiamato “le miroir de la matrice”, oppure sondare l’interno dell’ “antro venereo” con un membro virile “fait de cire ou d’autre matière”. Si capisce allora come durante questa pratica popolata e vergognosa accadesse spesso che spose-bambine perdessero l’innocenza, e di conseguenza il Processo, senza alcuna fatica del marito.
“Lo scandalo di questa cinica istituzione – chiosa Chesnel – fu infine riconosciuto e un decreto del 16 febbraio 1677 proibì ai giudici ecclesiastici e civili di ricorrere alla prova del Congrés nelle cause di diritto matrimoniale”.
Non fu tanto la morale offesa, a decretare l’abolizione del “pubblico connubio”, ma il raggiro volontario o involontario della legge. Un certo René de Cordouau, marchese di Singey, dichiarato “impotente” in pompa magna dal Congrès, si risposò ed ebbe tre figli dalla seconda moglie. Fu la pietra tombale d’ogni Scienza dell’Impotenza. Le autorità corsero ai ripari ed estinsero l’infocata assemblea.
[dalla Fantaenciclopedia]
[CONTINUA DOMANI, SESTO GIORNO DELLA “SETTIMANA DEL MATRIMONIO”]