I- Il grande attore tragico Polos, perso che ebbe l’unico amatissimo figlio, tornando a teatro per recitare la parte di Elettra nella tragedia omonima, “tolse le ceneri e l’urna dal sepolcro del figlio e, tenendole strette, come se fossero quelle di Oreste, riempì la scena non con una simulata imitazione, ma con dei veri lamenti, sgorganti dal cuore”. Lo racconta Aulo Gellio.
Non credo si tratti d’una premonizione del futuro “metodo Stanislavskij”, una “psicotecnica” che prescrive all’attore un totale coinvolgimento emotivo nel ruolo che sta recitando, e immedesimazione, e simbiosi, col proprio personaggio. Al riparo dell’abito femminile, Polos poteva invece finalmente piangere il suo ragazzo morto come avrebbe fatto, senza virile ritegno, una madre, più che un padre. E certo commosse il pubblico come mai nessuno prima di allora.
Emulo di Polos, ma ancor più tragico nel destino, fu il celebre attore inglese Palmer. Costui, “avendo perduto la moglie e il figlio, che adorava, ne concepì un dolore profondo e inconsolabile. Nel 1798, recitando il ruolo dello Straniero in una piéce di Kotzebue (Menschenass und Reue), la fisionomia e i sentimenti del suo personaggio influenzarono a tal punto la sua disposizione d’animo, che, entrando in scena nell’atto terzo, e dovendo rispondere a una domanda che riguardava la salute dei suoi figli, crollò in terra, emise un gran sospiro, e rese l’anima, malgrado l’avessero soccorso tempestivamente. Considerando il gran numero di dettagli e testimonianze”, – conclude, commosso, il Fournel – “non è possibile dubitare di questo fatto veramente straordinario”.
II- L’attore irlandese Henry Mossop (1723-1766) aveva un metodo particolare, e infallibile, per immedesimarsi e incarnare nel modo più realistico, sul palcoscenico, i grandi personaggi del proprio repertorio. Uniformava il menu dei suoi pasti al ruolo che doveva interpretare.
Se, qualche ora dopo, doveva calarsi nei panni d’un ardente innamorato, sullo stile di Romeo, mangiava a cena immancabilmente una testina di vitello; un numero imprecisato di uova fresche lo disponeva ai monologhi più teneri e sentimentali; non sarebbe mai stato un credibile Otello, o un’altra possente figura di “geloso”, se non avesse avuto cura di pasteggiare con cipolle crude; infine, una porzione abbondante di sanguinaccio – ovviamente, si direbbe – in lui “metteva in movimento l’energia d’un tiranno sanguinario”.
C’è da chiedersi se il “Metodo” di Mossop sia mai caduto, completamente, in disuso: certi atletici attori d’oggi, che si credono Grandi della Scena, pare abbiano tratto maggior profitto dalla loro dieta, piuttosto che dalle scuole di recitazione.
[CONTINUA IL 27 MARZO, “GIORNATA MONDIALE DEL TEATRO”]