Nel 1959 il regista Riccardo Freda (con lo pseudonimo “Robert Hampton”) e il direttore degli effetti speciali e della fotografia Mario Bava (nascosto dietro i due pseudonimi facilmente decrittabili “John Foam” e “Marie Foam”) realizzarono congiuntamente, nel giro di pochi giorni di lavorazione, un film cardine nella storia del cinema “di genere” italiano: il “fantastico” Caltiki, il Mostro Immortale, opera scopertamente debitrice delle atmosfere e delle trame di Blob: Fluido mortale e della saga britannica di Quatermass.
Il mercato non solo nazionale cadde nella trappola dei falsi nomi anglosassoni, e assicurò alla pellicola un discreto successo.
Punto di forza di Caltiki è naturalmente l’apparizione del Mostro, che, colpito da una radiazione stellare, comincia a crescere a dismisura e a diventare sempre più vorace.
Bava spiegò più tardi, nelle sue interviste, il trucco che aveva usato per animare quest’essere ributtante: c’era una comparsa, dentro. Che rischiò di morire soffocato, al termine dell’esperienza più massacrante e puteolente della sua intera vita lavorativa.
La massa gelatinosa che costituiva Caltiki era formata infatti da un quintale di “trippa e altre interiora di bovino adulto”: Bava aveva ritenuto che fosse la materia giusta per conferire elasticità e vischiosità alla sua Creatura.
Purtroppo il film fu girato d’estate. La trippa cominciò presto a deteriorarsi e il fetore attirò miriadi di mosche fameliche e nuvole d’altri insetti.
Gli “effetti speciali” degenerarono in rivoltanti “effetti naturali”.
Ci duole che, del film, non esista un “dietro le quinte“: sarebbe stato il prototipo del primo “horror vero“ della cinematografia mondiale.
[questa copia, benché colorizzata, è la migliore e più completa che ho trovato]