III- Nostradamus contò numerosi denigratori tra i suoi contemporanei. Uno di questi, l’anonimo Hercules le Francois, lo bollò col nomignolo: Monstradamus. E accusò l’astrologia praticata dal Veggente, d’aver fatto “precipitare il Signore Iddio dai cieli tirandolo per la barba”.
Gli ammiratori del profeta, però, sono stati sempre infinitamente più numerosi di quelli che l’hanno diffamato.
Anche i più cauti, appena addentrati nell’opera enigmatica di Nostradamus, hanno perso la bussola e si sono appassionati a riscoprire segreti destini e precise analogie tra le quartine e i fatti “compiuti” della Storia. Perciò, da almeno quattro secoli e mezzo, “prendere sul serio Nostradamus” (come fece un intellettuale lucido e illuminato come Georges Dumézil), è diventato un gioco intrigante, al quale vorremmo prestarci anche noi, almeno per qualche momento.
Indaghiamo, per esempio, la quartina 83 della nona Centuria, che recita:
“Sol vingt de Taurus si fort terre trembler,
Le grand theatre remply ruinera,
L’air, ciel et terre obscurcir et troubler,
Lors l’infidele Dieu et saincts voguera”.
Se traduciamo, per ora, solo i tre versi finali, essi dicono:
“Il grande teatro riempito crollerà,
L’aria, cielo e terra, [vedrete] oscurarsi e sconvolgersi,
Quando l’infedele Dio e i santi invocherà”.
Nella nostra memoria più recente, il quadro evocato somiglia in modo calzante alla “rovina” dell’11 settembre 2001, a New York: la massa di polvere, ceneri e fuoco sollevata dalle due Torri cadenti, penetrate dagli aerei di linea guidati da terroristi kamikaze, oscurò proprio “aria, terra e cielo”. E fu un “infedele”, un non-cristiano, a spingere i suoi accoliti al martirio, scatenando una “guerra santa” contro l’Occidente che pretendeva fosse benedetta dal Signore.
Il primo verso però porta, a quanto sembra, un’altra data: l’11 maggio, ossia il ventesimo giorno in cui il sole sosta nel segno del Toro:
“Il Sole dentro i venti gradi del Toro così forte la Terra tremare… “
Un interprete ardito potrebbe far notare che le cifre 9.11, una volta sommate, danno appunto venti (vingt). Un altro, ugualmente spericolato, potrebbe appigliarsi all’assonanza tra “de Taurus” e “the Towers” – che condividono tre lettere su sei, le più importanti –, e “dimostrerebbe” così che la quartina descrive in modo irrefutabile l’attentato alle Torri Gemelle.
Qualsiasi obiezione, per l’analista convinto dai suoi pregiudizi, ha il valore di inezia: date incluse. I bendisposti, normalmente, protestano: “come, non è già sufficiente che abbia indovinato l’essenziale?”. D’altra parte, tutte le volte che Nostradamus ha indicato un anno preciso nelle sue Centurie – e lo rimarca pure Dumézil (ne:…Il Monaco Nero in grigio dentro Varennes) –, nessuno ha mai riscontrato in quegli anni la minima traccia degli eventi pronosticati. Nel 1607, ci doveva essere (II, 54) un conflitto presso gli arabi del Nord. Chi ne ha avuto notizia? Nel 1609 si doveva tenere, tra il clero romano, l’elezione d’un “grigio e nero dalla Compagnia uscito” (Centurie X, 91). In quell’anno, non ci furono conclavi. Nel 1737 il re di Persia doveva essere catturato dagli Egiziani. Mai successo. Nel 1792, data fatidica, l’Epistola a Enrico II profetizza sarebbe terminata un’atroce persecuzione della Chiesa. Casomai, la persecuzione comincia, non finisce, in quegli anni. Nel 1999, Nostradamus vaticina: un Re di Spavento scenderà dal cielo, eccetera… Niente di tutto questo s’è avverato. Oppure: non l’abbiamo mai saputo?
È anche possibile che Nostradamus abbia avuto davvero una serie di “incontri ravvicinati col Futuro”, ma che non possedesse le Chiavi, le conoscenze, persino un Linguaggio appropriato per interpretare correttamente, esaustivamente, le sue stesse Visioni.
È quanto ho cercato di suggerire nel lungo articolo che ho dedicato al Veggente nella Fantaenciclopedia. Vorrei aggiungere solo, qui, una nuova illazione.
Il grande Georges Dumézil, che l’ha analizzato, sospetta: il Metodo a cui è ricorso Nostradamus per ottenere i suoi Pronostici, sembra un dialogo con chi sa, con chi conosce o ha visto gli accadimenti futuri.
Restiamo dunque nell’ambito del Fantastico, e supponiamo che non sia stato Nostradamus a viaggiare nel Tempo, ma abbia incontrato un “viaggiatore” che proveniva dal Futuro, o abbia ascoltato solo voci, o visto solo immagini, che gli giungevano proprio dai secoli avvenire. Tutti sappiamo che, in linea teorica, i fisici ammettono la possibilità pratica dei “Viaggi nel Tempo”. È facile quindi ipotizzare che i nostri discendenti, di qui a qualche secolo o millennio, siano in possesso della tecnologia indispensabile per attuarli. E congetturare che se puntano i loro motori sul Passato, potrebbero ben apparire, o mandare messaggi, a un ricettivo abitante della Francia del 1550, e indottrinarlo su quanto sta per accadere al Pianeta.
Forse, infatti, quelli che milioni di uomini e donne identificano oggi come Alieni Spaziali, non sono altro che Alieni Temporali: visitatori, “Terrestri” come noi, che ci raggiungono adesso con i loro avveniristici mezzi di locomozione, o che hanno raggiunto in passato i nostri antenati, lasciando enigmatiche tracce.
Tuttavia questi soggetti così sfalsati nel Tempo, nel loro dialogo, si scontrerebbero con gravi problemi di comunicazione. Con l’Uomo del Futuro, Nostradamus non spartisce un vero Linguaggio Comune. C’è troppa differenza d’Età, e il fraintendimento è in agguato. Ammesso che si esprimano entrambi nella stessa lingua, il francese rinascimentale, uno solo tra i due ne è il padrone: l’indovino, che interroga, e prende nota, compulsivamente, delle risposte. L’altro però, di sicuro gli parla per neologismi o perifrasi, perché in nessun altro modo potrebbe descrivere le meraviglie, le macchine, le nuove scoperte anche geografiche, le articolazioni della società e perfino i sistemi di potere che stanno per cambiare il mondo di lì a pochi decenni. È probabile allora che Nostradamus, per timore di far brutta figura con quell’intellettuale immigrato (tale è in quel momento il viaggiatore nel Tempo), e in più depositario d’un enorme sapere, gli avrà voluto far credere d’aver compreso ogni cosa.
Succede perfino nelle normali conversazioni, che chi è meno ferrato confermi, assentisca, comprovi anche affermazioni che stravolgono le sue sicurezze, ma che poi, a un terzo, che non sia stato presente, riesca a riferire solamente quel poco che ha capito: spesso, dettagli insignificanti. È questo il motivo per cui parole ignote come “the Towers” possono trasformarsi in “de Taurus”. Se si apprendono storie troppo diverse dalla nostra esperienza, si semplifica, e si accettano le semplificazioni altrui. Di qui deriva l’attenzione esagerata, esorbitante, dell’indovino per ogni quisquilia potesse interessare città, paesi di campagna, fiere e contrade, nelle quali poteva vendere i propri almanacchi e le sue profezie. Di qui anche la titubanza ammantata di mistero con la quale Nostradamus affronta nelle Centurie i grandi Fatti della Storia: ignorandone centinaia, di significativi, e soffermandosi spesso o quasi sempre su risvolti marginali, quelli più “a sensazione”, quelli che terrorizzano.
IV- Giustamente il grande scrittore italiano Giorgio Manganelli, in una Intervista impossibile, attribuisce questa opinione a “Nostradamus”: “Una delle difficoltà nel leggere il futuro è che non vi è gerarchia degli eventi; deformandosi, gli eventi assumono alla fine un’immagine affatto simile, quale che ne sarà nel tempo l’importanza”. Ciò comporta un’indicibile fatica al profeta: “vivere nel futuro è oneroso […]; non si sa mai dove ci si trova; non si sa mai se quel che si vede è futile o decisivo; infine non si vede mai direttamente alcunché, ma tutto in una forma araldica; si vive in un delirio di colori e di fantasmi”.
Ho scritto nel mio saggio sul Mago, che compare nella Fantaenciclopedia: «una miriade di dettagli inutili e devianti infesta le Quartine di Nostradamus. Pare quasi (nella più benevola delle ipotesi) che il Veggente li abbia profusi nei suoi pronostici come sigillo, come barriera, per impedirci di riconoscere il fatto storico futuro nella sua inequivocabile linearità. Tuttavia, potare le Centurie di tutte le affermazioni strambe e sgrammaticate, non sarebbe né corretto, né rispettoso. E neppure ci aiuterebbe a interpretarle.
Nostradamus, che non era un ciarlatano – ma la versione rinascimentale del Mistico –, non avrebbe rinunciato mai al particolare astruso che complica le sue previsioni. Quasi fosse vitale e necessario che l’Accadimento a venire si portasse dietro quella forma d’Eco, per materializzarsi.
È come se Nostradamus ci dicesse: il Futuro ci tocca e si rivela solo come un’Eco. Che esso ci raggiunge da un’enorme lontananza, come un’onda sonora e visiva che si propaga trascinando con sé una miriade di “scorie”.
E questo, perché: il Futuro ci può raggiungere solo come Passato, che ritorna indietro. Come Eco d’un grandioso Evento Finale. Schegge, rimbombi e residui di quel big bang conclusivo ci giungono da un buco nero che ne ha invertito la rotta.
Il vero Veggente – ha ragione Giorgio Manganelli –, è colui che profetizza contemplando le immagini e le cose future, godendo di riflesso la “luce” che esse sibilline ci rimandano: una luce che non appartiene a loro, ma è la “luce della fine del mondo”.
I più grandi e ammirati tra gli Indovini e tra i Profeti hanno intuito che la loro scienza, compiendosi, inverandosi, decretava per ciò stesso la fine dei tempi. A quel punto spesso scrivevano, a chiosa dei loro studi – o delle loro “visioni” –, la data della Catastrofe finale che ci attende tutti, o della Redenzione, oppure del Giorno del Giudizio.
E questo infatti il nostro Nostradamus sembra dirci: solo come maceria, risacca, o Distruzione, ci è dato conoscere l’Avvenire.
Perciò, chi vuole battersi per un futuro migliore dell’Umanità, si guardi bene dal frequentare i Profeti».
[in copertina: Ritratto di Michel de Nostredame, dipinto dal figlio César]