Un’altra, essenziale attività degli Angeli è occuparsi della nostra anima, guidarci in questa difficile esistenza, aiutarci nel fare le scelte giuste , impedirci di cedere ai nostri cattivi
istinti. Peraltro già i Greci avevano una chiara nozione dello spirito guida, il démone (questa parola non aveva evidentemente il significato malvagio che ha poi assunto nella
cultura cristiana la quale ha colpevolizzato e caricato di negatività idee e figure della religione pagana). Ricordiamo il demone socratico che distoglieva il filosofo dal
commettere errori, ricordiamo il mito di “Er” di Platone nel quale ogni anima sceglie il suo démone, colui che dovrà guidarla o assisterla nella sua vita futura.
L’idea che gli Angeli intervengano nella vita degli uomini condizionandola positivamente ha radici molto antiche, ma è presente nella cultura moderna e in quella forma di arte fantastica che è il Cinema; mi vengono alla mente due bellissimi, vecchi film americani , due commedie sentimentali dal contenuto umoristico ma anche drammatico, destinate a risolversi in uno splendido lieto fine: La vita é meravigliosa (It’s a Wonderful Life. 1946) di Frank Capra e La moglie del vescovo (The Bishop’s Wife, 1947) di Henry Koster.
In quegli anni, in un mondo appena uscito da una guerra spaventosa densa di tragedie e orrori di ogni genere esisteva evidentemente la splendida disponibilità a raccontare storie bellissime, nonché ad ascoltarle; storie che potessero evocare sentimenti puri e generosi, la speranza e la fede in un mondo migliore.
La vita é meravigliosa racconta la storia di George Bailey (James Stewart) un giovane onesto, buono, generoso fra gli anni 20 e 40 del 900 in una piccola cittadina americana, Bedford. Sin da ragazzo George ha sognato una vita avventurosa e creativa, viaggiare molto, essere un grande architetto; come spesso accade dovrà rinunciare ai suoi sogni per assumere in seguito alla morte prematura del padre la direzione della “Bailey Costruzioni e Mutui” una piccola cooperativa di risparmio impegnata nel fornire a prezzi modesti e a condizioni vantaggiose abitazioni assolutamente decorose; in definitiva il destino di molta povera gente di Bedford dipende dalla “Bailey Costruzioni e Mutui” e i principi che ispirano George sono i medesimi del padre Peter: non mirare al profitto ma innanzitutto aiutare chi è in difficoltà.
Con queste idee certamente George non diviene ricco, tuttavia la sua sarà una vita felice, perché essenzialmente nobile e generosa, una “vita meravigliosa”.
Sposa Mary (Donna Reed), un’amica d’infanzia, una ragazza deliziosa, buona e generosa almeno quanto George; hanno quattro figli e conducono un’esistenza modesta ma felice, circondati dall’affetto e dalla stima della gente di Bedford.
Disgraziatamente George ha un avversario che opera nello stesso settore, un vero nemico, guidato da principi radicalmente opposti ai suoi: realizzare il massimo profitto possibile, schiacciando deboli e falliti; è il signor Potter (Lionel Barrymore) l’uomo più ricco della città, il quale da sempre detesta la “Bailey Costruzioni e Mutui” e cerca in ogni modo di riassorbirla, vale a dire di distruggerla. Potter cerca anche di corrompere George, ma poiché il giovane rimane saldamente fedele ai suoi principi ricorre a uno stratagemma crudele e meschino, anche aiutato dal caso, approfittando di una distrazione di Billy Bailey (Thomas Mitchell), zio di George e suo socio in affari.
Vanno così perduti 8000 dollari, i soldi di tanti piccoli risparmiatori che hanno riposto la loro fiducia nella “Costruzioni e Mutui”; George è disperato, intravede lo spettro del
fallimento, il disonore, la minaccia della giustizia fiscale, la prigione …
È la sera della vigilia di Natale: momento solenne e bellissimo per chi è felice o quanto meno sereno, atroce per chi è solo, triste o disperato; l’infelice avverte in modo bruciante il contrasto fra il calore e le luci della festa, l’altrui allegria e felicità e il buio profondo che si porta dentro. Come spesso accade il dolore di George diventa rabbia, una rabbia furiosa
verso il povero zio Billy, verso se stesso, la sua vita, tutto ciò che ha sempre amato, verso il Natale, persino verso Mary e i bambini; fugge nella notte senza meta. Nel bar di
Martini – un vecchio e caro amico – qualcuno lo prende a pugni; è il marito della maestra di Zuzu (la più piccola dei figli di George e Mary) che George ha ingiustamente maltrattato
al telefono; è strano ma spesso accade che nei momenti peggiori, quando ci sentiamo feriti a sangue, sconfortati e umiliati, qualcuno ci prenda sia pure solo metaforicamente a pugni.
George raggiunge il ponte sul fiume che costeggia la città deciso a farla finita, a uccidersi.
Proprio in quell’istante Dio che ha ascoltato la maldestra preghiera di George ma soprattutto quelle di Mary e dei bambini manda in soccorso di George Clarence Odbody, angelo di seconda classe che non ha ancora messo le ali. Clarence (Henry Travers) è un vecchietto amabile e vivace, pieno di ironia, nostalgico dei bei tempi della sua lontana giovinezza, lettore appassionato di Tom Sawyer che porta sempre con sé; il suo primo gesto all’inizio della sua missione terrena è di gettarsi in acqua fingendo di annegare così da distogliere George dal suo proposito; e infatti George sempre altruista si tuffa per salvare quel povero vecchietto che sta annegando nelle gelide acque di dicembre.
I due vengono poi raccolti in barca dal sorvegliante del ponte. Asciugatisi discutono intorno al proposito di George di uccidersi; Clarence lo rimprovera amabilmente, poi George esprime un pensiero che ha occupato la mente di molti di noi nei momenti di sconforto: “Sarebbe stato meglio che non fossi mai nato, sarebbero stati tutti più felici.”
Clarence ha un’idea, opera il miracolo atroce ma liberatorio che potrà redimere George dalla disperazione e dal disprezzo di sé: effettivamente non è mai esistito, non è mai nato.
George esiste per sé ma non per gli altri, si trova in questo strano mondo parallelo creato da Clarence come un fantasma. Nessuno lo riconosce, lui riconosce uomini e luoghi, ma
tutto è orribilmente diverso, George attraversa sconvolto questo incubo. Bedford non è Bedford, ma “Pottersville”, città essenzialmente malvagia e corrotta come colui che le ha
dato il nome; le persone care, gli amici che amava sono irriconoscibili: qualcuno è infelice, qualcuno è cattivo e distante, qualcuno è morto.
Clarence quasi conduce per mano George presentandogli il mondo dove lui non esiste, un mondo privato della sua bontà e generosità; la lezione è dura, ma efficace: la vita di ciascuno di noi è legata come da fili
invisibili a tante altre vite, anche di persone lontane, anche di persone sconosciute. Con le nostre azioni innestiamo una catena di eventi le cui conseguenze il più delle volte non
conosciamo; se siamo buoni come George Bailey esercitiamo un’influenza sicuramente positiva sulla vita degli altri.
Senza di noi il mondo non sarebbe lo stesso. Questo Clarence cerca di far comprendere a George: la sua è stata una vita “meravigliosa”, la sua presenza nel mondo ha salvato la felicità o addirittura la vita di molte persone. Questa vita è preziosa, non merita di essere gettata via.
L’allucinante passeggiata di George attraverso un mondo nel quale lui non esiste si conclude drammaticamente; ha uno scontro con Bert il poliziotto (Ward Bond) che naturalmente non lo riconosce e che pure è sempre stato un buon amico. Fugge inseguito da una folla ostile, gli sparano addosso.
Raggiunge il ponte sul fiume dove ha avuto inizio la sua strana avventura. Disperato invoca Clarence, in lacrime prega, chiede a Dio di tornare a vivere, non importa quello che accadrà: il fallimento, la prigione … George vuole vivere ancora, vuole ritrovare Mary, i bambini, gli amici, la vita che amava, la sua vita.
Viene accontentato.
George torna nella realtà di sempre, nella Bedford dove è esistito ed esiste; è felice. Non solo: Mary ha operato un miracolo, ha trascinato gli amici che George ha
sempre aiutato e l’intera comunità di Bedford a venire in suo soccorso. Viene racimolata una cifra enorme, ben al di là degli 8000 dollari che Potter aveva fatto sparire. Harry
fratello di George (Todd Karns), eroe della seconda guerra mondiale, tornato dal fronte può brindare “al mio fratellone George l’uomo più ricco della città”.
Durante la straordinaria festa in casa Bailey un campanellino dell’albero di Natale risuona; secondo la tradizione un angelo ha messo le ali. Clarence è stato promosso.
Sotto l’albero George trova un dono; è Tom Sawyer con la dedica di Clarence. Vi è scritto: “se un uomo ha degli amici non è mai un fallito”.
Una semplice, amabile verità che la vita ha puntualmente confermato all’ autore di queste pagine .