Ciascuno di noi è impegnato giorno dopo giorno a scegliere fra il bene e il male;
disgraziatamente spesso scegliamo il male. Tuttavia il trionfo del male è vano. Un adolescente
sporco e cattivo può maturare e trasformarsi in un gentiluomo; un farabutto può divenire un
santo. Ciò occorse a John Henry Newton un inglese vissuto fra il 1725 e il 1807.
Orfano di madre all’età di sei anni ebbe in sorte un’adolescenza e una giovinezza avventurose, tormentate,
violente. Seguì l’esempio del padre marinaio e si arruolò nella marina britannica; ebbe così
modo di sentire sulla pelle la disciplina durissima che regnava sulle navi inglesi .
Una volta fu messo ai ferri per motivi disciplinari, successivamente fu venduto come schiavo a un colono della Sierra
Leone. Accade agli uomini ciò che accade agli animali: il dolore ingiustamente patito indurisce il
cuore, rende feroci; Newton scelse un destino di empietà.
Sottrattosi avventurosamente alla sua condizione di schiavo intraprese la carriera nella marina mercantile
divenendo poi capitano di navi negriere. Di fatto era lui stesso un negriero: uno dei mestieri
più spregevoli mai esistiti sulla faccia della terra.
Tuttavia il senso di umanità e l’antica fede non si erano del tutto spenti in lui; affioravano
a tratti ma sempre più spesso e intensamente alimentando il disagio, l’angoscia di fronte alla miseria
morale, alla crudeltà di cui era artefice e spettatore. Pregava Dio di liberarlo da quella condizione, poi
una notte si verificò l’evento che doveva forse essere decisivo per la sua conversione spirituale e
morale: durante una terribile tempesta scampò miracolosamente alla morte.
Pregava intensamente, pregava ogni giorno, arrivando a coinvolgere nella preghiera i suoi stessi marinai.
Si adoperò in ogni modo per rendere più umana la vita degli schiavi sulle navi;
resosi conto di quanto ciò fosse impossibile e contro le migliori intenzioni ipocrita,
decise di farla finita, abbandonò del tutto quell’attività.
Restò tuttavia in marina e divenne ispettore sulle navi nel porto di Liverpool.
La vocazione religiosa cresceva sempre più in lui; volle divenire pastore.
In un primo momento a ciò si oppose la mancanza di un titolo di studio, giacché adolescente aveva interrotto
gli studi classici per arruolarsi in marina. Un amico influente lo aiutò e John fu pastore a Olney, poi
a Londra; combatté lo schiavismo con scritti fra i quali Pensieri sulla tratta degli schiavi africani (1788).
Esercitò l’attività pastorale con straordinario impegno fino alla fine nonostante
fosse divenuto quasi cieco e la memoria lo stesse abbandonando; centrale nella sua predicazione
era il tema della Grazia. Egli sosteneva con forza che se Dio mediante la grazia lo aveva illuminato
liberandolo dal male, ciò può accadere ad ogni uomo; non vi è uomo al mondo che non possa
essere salvato.
I suoi parrocchiani lo amavano per l’autenticità e intensità della sua fede, perché
era un uomo vero e semplice che aveva conosciuto profondamente il male e lo aveva
intimamente superato . Scrisse inni religiosi, fra tanti il più bello e celebre è Amazing Grace.
In Scozia spesso le cornamuse intonano due melodie molto popolari,
straordinariamente commoventi: Auld Lang Syne (da noi conosciuto come Valzer delle candele),
un inno all’amicizia scritto dal poeta scozzese Robert Burns, musicato dal
piemontese Davide Rizzio e Amazing Grace scritto da John Newton sulla base di un’antica
melodia irlandese:
“Amazing grace! (how sweet the sound)
That sav’d a wretch like me!
I once was lost, but now am found,
Was blind, but now I see.
‘Twas grace that taught my heart to fear,
And grace my fears reliev’d;
How precious did that grace appear
The hour I first believ’d!
Thro’ many dangers, toils, and snares,
I have already come;
‘Tis grace hath brought me safe thus far,
And grace will lead me home” […].
The earth shall soon dissolve like snow,
The sun forbear to shine;
But God, who call’d me here below,
Will be forever mine“.
“Meravigliosa Grazia! (quanto è dolce il suono)
Che ha salvato un miserabile come me!
Una volta ero perduto, ma ora sono ritrovato,
Ero cieco, ma ora io vedo.
È stata la grazia a insegnare al mio cuore a temere,
e la grazia ha alleviato le mie paure;
Quanto preziosa mi è apparsa quella grazia
L’ora in cui ho creduto, per la prima volta!
Molte fatiche e insidie, e molti pericoli,
io li ho già attraversati;
È la grazia che finora mi ha salvato,
E la grazia mi guiderà a casa” […].
Sì, la terra presto si dissolverà come neve,
il sole smetterà di splendere;
ma Dio, che mi ha chiamato quaggiù,
Sarà mio per sempre”.
John Newton, Inni di Olney, 1779
Diana Ross interpreta Amazing Grace a Budapest nel 1996 [da YouTube, a cura di NilesNL69]