I- Virgilio, vescovo di Salzburg, fu condannato nel VII secolo da papa Zaccaria come eretico, per aver diffuso una dottrina secondo la quale c’erano, sotto la superficie della terra, degli uomini che non discendevano da Adamo. Erroneamente, nei secoli successivi si credé che Virgilio avesse affermato che questi uomini erano gli “Antìpodi”, un popolo drasticamente negato e condannato come fola da Agostino.
Dopo il vescovo di Salzburg (e soprattutto, dopo le scoperte di Colombo), altri pensatori si interrogarono sull’esistenza di un’Umanità Parallela, ignorata dalla Bibbia, che non contasse tra i suoi Progenitori né Adamo, né Eva.
Un dubbio quanto mai pericoloso, perché minava non solo la lettera della Scrittura, ma presupponeva che vi fossero da qualche parte, sparsi per il mondo, popoli non contaminati dal Peccato Originale. Per cui, l’avvento redentore di Gesù risultava abbastanza inutile e limitato, se non molesto.
Già Giordano Bruno, temerario, opinò che Adamo ed Eva non fossero i primi rappresentanti in Terra del genere umano, ma solo il primo uomo e la prima donna della razza ebraica; e che Dio aveva creato altri due protoplasti da cui erano discesi tutti gli altri della nostra specie. Tuttavia, lo sfortunato filosofo italiano, finito pubblicamente sul rogo dell’Inquisizione nel 1600, non cercò le prove di questa sua teoria nell’Antico o Nuovo Testamento. Impresa che osò tentare, invece, un suo epigono ombroso, il francese Isaac de la Peyrére.
Costui, un biblista ugonotto di probabili origini marrane, pubblicò nel 1655 un’opera, Prae-Adamitae, che fu subito scomunicata come eretica. Egli intendeva dimostrare che altri nostri antenati esistevano prima di Adamo e Eva: li battezzò, senza eccessivi guizzi di fantasia, i “Pre-Adamiti”.
Il testo-chiave sul quale l’eretico La Peyrére basò le sue ipotesi e “abduzioni” è l’Epistola ai Romani di san Paolo. Proprio il passo (5, 13) che si riferisce ai Primi Uomini. Dove s’afferma che fu Adamo che, peccando contro la Legge – una legge, si consideri bene, nata con lui e per lui – fece entrare il peccato nel mondo. “Poiché – precisa l’Apostolo – fino all’avvento della Legge il peccato era nel mondo, ma il peccato non è addebitato finché non vi è Legge”.
Il ragionamento di La Peyrére è a questo punto semplicissimo. Perché Paolo opera questa distinzione? Il Santo parla esplicitamente di un mondo “prima della Legge” – un mondo, cioè, in cui i peccati non venivano imputati. Ma se ci sono non-peccatori, vuol dire che ci sono uomini; quindi: uomini come noi, ma nati “senza legge” e vissuti “nello stato di natura” prima di Adamo: i Preadamiti.
Conseguentemente, Isaac scagionò i pagani dalla dannazione del Peccato Originale: poiché essi non discendevano da Adamo, ma dai suoi predecessori.
Anche in questo caso, la Verità era sotto gli occhi di tutti ma pochi, o nessuno, s’erano accorti fino allora dell’evidenza. E questo modo di ragionare o di risolvere problemi è proprio tipico del Fantastico, un vero “paradigma”.
De La Peyrére era convinto di aver dato un contributo al rafforzamento della fede e della dottrina dei cristiani. Egli progettava di sanare tutte le contraddizioni tra Genesi, cronologie pagane, scoperte geografiche, archeologia e paleontologia. A cui impartiva una sorta di ricostituente radicale. L’epopea rigogliosa e insospettata dei Pre-Adamiti apriva al lettore della Bibbia orizzonti sconfinati e nuovi spazi temporali, e tutto questo, senza confutarla.
Non convinse nessuno, tra i suoi contemporanei, e dové soccombere agli spietati anatemi che gli furono scagliati da ogni parte.
Dom Calmet precisa che il pio ugonotto abiurò il suo sistema “erroneo e mostruoso”; quindi – convertitosi frettolosamente al cattolicesimo – si ritirò presso i Padri dell’Oratorio di Notre-Dame des Vertus (nei pressi di Parigi), dove morì povero e dimenticato. Né fu rivalutato dagli illuminati Enciclopedisti del secolo successivo, che negarono persino l’originalità delle sue tesi.
II- L’eccelso scrittore americano Nathaniel Hawthorne, escogitando The New Adam and Eve (Adamo e Eva redivivi) – un racconto di fantascienza – arrivò involontariamente sulla soglia di un’intuizione analoga a quella di Giordano Bruno e di Isaac de La Peyrére: che Adamo ed Eva avrebbero potuto essere non i primi uomini, ma i primi senza memoria dei “loro predecessori o della propria natura e destino”.
In effetti il vecchio Noè e la sua famiglia mantennero i ricordi dell’era dei Giganti e delle figlie degli Angeli ribelli, e anche preservarono la Sapienza rivelata a Adamo, insieme ai racconti degli altri patriarchi antidiluviani. Ma se dalla catastrofe, o dal Diluvio, si fosse salvata solo una coppia di fanciulli – maschio e femmina, troppo giovani per ricordare d’aver mai avuto genitori – ragazzini di tre-quattro anni? –. Hawthorne si chiese cosa sarebbe accaduto se la razza umana fosse già stata spazzata via e si fossero salvate solo due creature immemori, ma di “innato ingegno”. Il loro nome? Adamo, e Eva.
C’è un fondamento scritturale, che conforti esercizi di Fantastico come questi? Forse sì: alcuni versetti profetici contenuti in Isaia (65, 17), su cui ha riflettuto Pascal.
Dice appunto Iddio a Isaia: “Ed ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra, e delle cose passate non ci sarà più memoria, e non torneranno al pensiero”.
Nulla impedisce che il Signore possa sterminare l’Umanità, senza che i sopravvissuti se ne accorgano; e questi superstiti potrebbero essere, anche, solo due: e, perché no?, Adamo e Eva. Questi nostri sprovveduti antenati crederebbero, ingenuamente, erroneamente, che il Mondo sia cominciato con loro.
III- Oggi sappiamo che de La Peyrére ha ragione: se Adamo è veramente il nostro progenitore, bisogna allontanare la sua nascita nel tempo, almeno di centocinquantamila anni. Se facciamo così, Adamo stesso può diventare il primo pre-Adamita.