George Ivanovič Gurdjieff, ammirato e fascinoso Maestro Metafisico del secolo Ventesimo, racconta che suo padre, un ricco allevatore di bestiame poi fallito e trasformatosi in cantastorie, articolava teorie “rozzamente esposte, ma profonde” sulle faccende spirituali.
Gurdjieff era solito raccogliere opinioni, tra gli uomini straordinari da lui incontrati, sulla “questione dell’Aldilà”: cioè, se fosse possibile una vita dopo la morte. Interrogò anche il padre, a questo proposito. Costui era propenso a credere che un certo quid o “qualcosa” sopravvivesse, al momento del trapasso.
“Ti ricordi”, gli chiede il genitore, “quell’esperimento che avevi fatto su Sandô, quella povera armena semplice di mente?”. Gurdjieff se ne ricorda bene: “Con un miscuglio di creta, cera e granellini di piombo modellavo una figurina rudimentale, a immagine del medium che avevo intenzione di mettere in stato di ipnosi […]. Dopo di che, con un unguento a base di olio d’oliva e olio di bambù, strofinavo accuratamente l’una o l’altra parte del corpo del medium; raschiavo poi questo strato e lo applicavo sulla parte corrispondente della figurina […]. C’era un fatto che aveva molto colpito mio padre: se toccavo con un ago le parti spalmate d’olio della figurina, gli stessi punti trasalivano subito nel medium, e, se pungevo più forte, dal punto corrispondente stillava una goccia di sangue. Ma lo aveva colpito soprattutto il fatto che il medium, una volta riportato nello stato di veglia, non ricordasse mai nulla e affermasse di non avere sentito assolutamente nulla”.
Secondo babbo Gurdjieff, l’esperimento dimostra l’esistenza di qualcosa, nell’essere umano, che “rimane assoggettato” all’influenza delle azioni circostanti, “sia prima, sia dopo la morte, fino al momento della sua disintegrazione”.
La teoria, che non è nuova, apre certo scenari originali alle meditazioni sull’Aldilà. Tuttavia è difficile condividerne i presupposti. Supponendo che noi possediamo un’Entità che può trasferirsi a comando fuori di noi, chi mi garantisce che non perirà insieme a noi? E se questa Entità è spirituale, perché mai se la punzecchio mi fa sanguinare? Sembra che io abbia spostato una parte del mio corpo – non del mio spirito –, fuori di me: e il corpo è proprio, per l’appunto, quello che muore.
In ogni caso, il padre di Gurdjieff era davvero un uomo fuori dal comune. Egli non solo perseguitava il figlio quand’era ancora bambino, svegliandolo all’alba, all’improvviso, per spruzzarlo, ignudo com’era, d’acqua gelida, – ma lo educava propinandogli massime d’indiscutibile efficacia, anche se inventate di sana pianta. Tre esempi delle sue sentenze: “nell’oscurità”, diceva, “il pidocchio è peggio della tigre”. O: “L’immagine dell’inferno: una scarpa di vernice”; oppure: “Se sei il numero uno, tua moglie è il numero due. Ma se tua moglie è il numero uno, sii piuttosto uno zero. Per lo meno la vita delle tue galline non sarà più in pericolo”.
I patiti delle teorie del saggio guru Gurdjieff – eccentrico profeta per più d’una generazione d’intellettuali –, venerano tuttora la memoria di suo padre, che fu ucciso a 82 anni durante l’occupazione turca di Aleksandropol’. Si sa che organizzarono persino spedizioni alla ricerca della sua tomba. Nemmeno il figlio riuscì mai a vedere questo tumulo, per il quale aveva preparato un commovente ed eloquente epitaffio: “Io Sono Te, Tu sei Me, Egli è Nostro, Tutti e Due siamo Suoi. Che Tutto sia per il nostro Prossimo”.
[dalla Fantaenciclopedia]
[in copertina: Dal pianeta alla stella, di Louis Soutter (1938)]