Abelardo, cioè Pierre Abélard (1079-1142) detto “Golia” è in assoluto il più famoso “castrato” della Storia Occidentale: milioni di persone che non hanno letto un solo rigo delle sue brillanti opere di logica o di teologia, lo conoscono e lo compatiscono per le ferite che furono inferte alla sua virilità.
È forse meglio non sopravvivere a certe mutilazioni, altrimenti la Fama fa brutti scherzi.
Abelardo amava Eloisa all’epoca in cui furoreggiava l’Amor Cortese. Sbaglia chi considera questa regola erotica come un succedaneo dell’Amor Platonico, impreziosito dai salamelecchi ipocriti dell’Etichetta. Dal loro rapporto niente affatto “idealizzato”, nacque un figlio, Astrolabio. Eloisa, nonostante le avances di Abelardo, rifiutò un matrimonio “riparatore”. Eppure ella lo amava intensamente, appassionatamente. Addusse in una celebre lettera – come motivo per quella ripulsa – che un regolare sposalizio non avrebbe affatto rinvigorito, ma piuttosto ucciso il loro legame: si sa che l’Amore, quando è vero, vuole restare libero da qualsiasi laccio e convenienza. Tale è appunto la lezione che davano le Corti Amorose, nei secoli XII e XIII.
Mentre i due dialogavano sull’Eros e i suoi massimi sistemi, mai cessando di metterli in pratica, il tutore di Eloisa, suo zio Fulberto, si sentì ferito nell’onore famigliare: per cui pagò dei sicari che mettessero fine a quello scandalo. Agguantato nottetempo, il monaco Abelardo fu separato dalle sue insostituibili appendici mascoline.
Gli amanti sopravvissero a questa nefandezza ancora alcuni decenni – lei, in convento, lui, inviperito, offeso, con questo chiodo fisso, ogni giorno maledicendo le sue vicissitudini.
Abelardo non fu solo un teologo, ma un enciclopedista che si cimentò con successo in ogni ramo del Sapere. Da parte sua, Eloisa – anche se una certa disinformata tradizione le assegna solo il ruolo tragico di monaca forzata e di “vedova bianca” – fu un’intellettuale e donna tra le più eminenti del suo secolo. Nel suo carteggio e nelle sue opere morali, osò discutere temi spinosi, senza nascondere la propria inclinazione alla sensualità: davvero sconcertante, per quell’epoca.
Abelardo poté ricongiungersi a Eloisa solo nel sepolcro: leggenda vuole che il suo scheletro spalancò le braccia per accoglierla, quando la donna, morta 21 anni dopo di lui, fu calata nello stesso tumulo. Però, quando il sepolcro secoli dopo fu riaperto, si vide che le loro ossa riposavano in due bare attigue, ma distinte.
Per inciso: i mutilatori di Abelardo non la fecero franca; su due di loro fu applicata la “legge del taglione”, terminologia più che appropriata, in questo caso.
[in copertina: Il Tempo taglia le ali a Amore, di Pierre Mignard (1694)]