The Shape of Water (La forma dell’acqua), di Guillermo del Toro, storia degli amori complicati di un Uomo-Pesce o tritone decaudato, è uno dei due film nella storia del Cinema che abbia vinto sia il festival di Venezia (nel 2017), sia il premio Oscar come miglior film dell’anno (nel 2018). L’altro fu, nel 1948, Hamlet (Amleto), di Laurence Olivier. Il film “fantasy” di Del Toro si è chiaramente ispirato all’iconografia dettata da Il Mostro della Laguna Nera (Creature from Black Lagoon, 1954), la “creatura acquatica” che turba Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza per i suoi furori erotici. Questa versione mascolina della Sirenetta ha incontrato i favori del pubblico di tutto il mondo per il suo dichiarato sentimentalismo, benché sia tremendamente inferiore all’originale.
I- Tritoni
È testimonianza oculare di Pausania che, a Roma, si mostrava, alla sua epoca, un Tritone, o Uomo-Pesce, un esemplare maschile di Sirena. Il geografo lo descrive: ha capelli paludosi, indistinti, simili a ranuncoli d’alghe verdi; narici umane, ma è pure dotato di branchie, sotto gli omeri; ha bocca larga, denti da fiera, occhi cerulei; la coda è come quella dei delfini, tutto il corpo è squamato, e protende mani che sembrano conchiglie d’ostrica. “Demostrato nel suo trattato sulla pesca dice di aver visto a Tanagra un tritone in salamoia”, narra anche Eliano.
Uno di questi “lusus naturae”, un Uomo-Pesce, fu catturato intorno al 1100 vicino Orford, nel Suffolk: i suoi carcerieri furono offesi dal suo silenzio, e lo torturarono, invano, per farlo parlare. Lo portarono anche in Chiesa, dove non manifestò nessun segno di devozione. Mangiava pesci, dopo averli spremuti con le mani affilate come pinne. Un giorno spalancò la prigione, si tuffò in mare, e scomparve.
Burkhardt racconta: “sulle coste della Dalmazia apparve un tritone fornito di barba e di corna, qual vero satiro marino, colla parte inferiore del corpo in forma di pesce rivestito di squame; esso rapiva sulla spiaggia donne e fanciulli, sino a che cinque ardite lavandaie con pietre e verghe lo uccisero”.
A Ferrara era visibile, durante il Rinascimento, un modello in legno di quel Tritone affetto da satiriasi.
Nel 1560, a Ceylon, ci fu una “pesca miracolosa” di Tritoni – se ne presero come in una tonnara: sette, tutti insieme. Lo riferisce la Storia della Compagnia di Gesù, perché alcuni gesuiti, tra cui Padre Henriques, assistettero alla loro autopsia. Il medico del viceré di Goa, Dimas Bosquez, li studiò e ne sezionò alcuni, che erano morti, alla presenza di un gruppo di missionari, e trovò che le parti interne corrispondevano in larga misura a quelle umane. Avevano la testa rotonda, grandi occhi, il viso pieno, guance piatte, il naso all’insù, denti bianchissimi, capelli grigiastri, talvolta azzurrini, e una lunga barba grigia che scendeva fino al ventre”.
Un altro Tritone o homme marin comparve nel 1671 sulle coste della Martinica, nelle vicinanze di Diamant. Due francesi e quattro indigeni lo videro più volte affiorare dalle acque, curioso – pare – di quanto facevano quegli uomini a terra. Sfuggì alla cattura. I testimoni lo descrissero come un uomo anziano, grigio, barbuto, fino al torso: ma da lì in giù, pesce, con tanto di coda.
Si pescarono anche esemplari giovanissimi di Tritoni, ancora “in evoluzione”, in formazione. Nel 1776, racconta uno dei volumi del Museum des Wundervollen, citato da Kleist, un essere a quattro zampe cadde nelle reti dei pescatori nel Königssee, in Ungheria. “Quando lo ebbero catturato, videro con stupore che era un uomo […]. Poteva avere all’epoca circa diciassette anni, era robusto e ben formato: […] tra le dita dei piedi e delle mani aveva una sottile membrana simile a quella delle anatre, […] e la maggior parte del corpo era coperta di squame”. Era un Tritone senza coda, senza pinne. Fu consegnato alle autorità di Kapuvar: gli insegnarono a camminare eretto, abbandonando l’andatura a carponi, a vestirsi, e anche, parzialmente, a esprimersi a parole. Un giorno, mentre era nei pressi del Castello, “vide dal ponte il fossato pieno d’acqua, vi si buttò con tutti i vestiti e scomparve”.
Ancora alla fine dell’Ottocento, un altro Tritone, uomo dalla cintola in su, ma dai lombi in giù “perfetto pesce”, fu pescato nel Nilo a Omburman. Un sudanese e un indigeno Denka raccontarono l’episodio al missionario italiano Carlo Tappi, che lo trascrisse. Quell’essere straordinario fu portato, vivo, dinanzi al Califfo Abdullah. I due si parlarono, soprattutto a gesti, e il Tritone espresse il desiderio di essere restituito al fiume. Trasportato sulla riva del Nilo, a forza di braccia e di colpi di pinna si trascinò nell’acqua, e non fu mai più veduto.
Contemporaneamente a queste apparizioni e a queste, più o meno rapide, sparizioni, l’Europa fu inondata nel XVI e nel XVII secolo, da numerosissime sirene e tritoni “essiccati”, provenienti dall’estremo Oriente. Venivano venduti nelle fiere, come curiosità esotiche. Erano, tutti, reperti truffaldini.
Il British Museum ebbe in dono un Tritone mummificato, che si diceva fosse stato irretito in Giappone. A un esame, anche sommario, l’esemplare risultò composto, nella parte superiore, da mezzo cadavere di scimmia, e, nella parte inferiore, da una coda di pesce sotto sale. Le due parti erano state incollate, maldestramente.
II- Il Pesce Vescovo di Polonia
Nel 1554, Giullaume Rondelet narrò nei suoi Libri de piscibus marini, un fatto avvenuto poco più di vent’anni prima in Polonia. Alcuni pescatori avevano catturato “un pesce in tutto e per tutto somigliante a un vescovo nell’ aspetto e nel corredo. Questo mostro marino venne portato al re, e dopo breve tempo sembrò esprimere un grande desiderio di tornare nel suo elemento; il che avendo il sovrano percepito, comandò che così fosse; il vescovo fu perciò riportato al mare e quivi giunto vi si gettò immediatamente”. È interessante notare che la descrizione lascia intendere che al pesce mancarono solo le parole per esprimere il suo disagio e la sua premura di raggiungere i “ fedeli”. Inoltre, tutto in lui denuncia una volontà “umana”, persino quel trionfale tuffo con il quale si congeda dai suoi incauti rapitori. Tuttavia, le stesse frasi citate possono attagliarsi a qualsiasi acciuga, sardina, merluzzo, che siano finiti in una rete. Il comportamento, è quello, l’insofferenza alla vita terrestre, è la medesima.
L’ apparizione del pesce vescovo datava 1531. Rondelet stesso era un po’ scettico, circa la reale esistenza di questo ittico prelato. Ciononostante, in quegli stessi anni cominciarono a circolare orribili mostri marini antropomorfi, mummificati, che parevano davvero indossare i paramenti. Ebbero fortuna, come curiosità da fiere, fino alla metà del secolo decimonono. Si trattava per lo più di enormi razze essiccate, con le branchie che facevano le veci degli occhi. Erano talmente popolari in Inghilterra, che, in modo familiare, questi pesci-mummia venivano chiamati “Jenny Haniver”.
[in copertina, il poster de La forma dell’Acqua]