I- Nel 1701, nella città ungherese di Szőny, vennero al mondo due Sorelle gemelle, unite per il bacino in modo tale che avevano un solo sesso, anche se per il resto erano del tutto normali, con arti proporzionati e in numero giusto. Furono battezzate: Ilona e Judit (Elèna e Giuditta). I poveri genitori, i Gófitz, furono felici di questa irreparabile sventura, che rappresentò per loro una fonte insperata di guadagno. Le cedettero a abili manager che le esibirono in tutte le fiere d’Europa, suscitando la meraviglia di monarchi e illustri uomini di medicina.
Buffon ne traccia una breve biografia, nei supplementi alla sua Histoire naturelle. Il destino aveva reso le sorelle inseparabili. Si davano la schiena, quindi la malformazione impediva loro di camminare. A nove anni, umiliate dal continuo girovagare, furono accolte in un convento di orsoline a Presburg, dove poterono contare sulla protezione dell’arcivescovo della Strigonia. Vissero poco più di ventunanni. Giuditta, di malcerta salute, paralitica, s’ammalò ancora più gravemente. Spirò, e trascinò presto nella morte anche Elèna, la più sana delle due.
Il poeta Alexander Pope dedicò loro alcuni versi, nei quali si lamentò che le loro parti “intime” giacessero nascoste agli occhi umani, durante le esibizioni (“The inner parts concealed do lie hid from our eyes, alas!”). Secondo Ernest Martin (Histoire des Monstres depuis l’antiquité jusqu’à nos jours, 1880), le due sfortunate sorelle costituivano un solo individuo, che il teratologo chiamava un po’ spietatamente “la Suora Bicefala”.
Per gli scienziati, le gemelle erano rare pygopage, lo stesso genere di anomalia che tormenta molti gemelli “Siamesi”. Per i Teologi, invece, esse costituivano un enigma doloroso.
Si chiese, uno di questi, se nel Giorno del Giudizio sarebbero riapparse in un solo corpo (orribile), o in due, differenti e finalmente separati.
Molti Padri della Chiesa (tra essi Girolamo, Atanasio, Basilio) ritenevano che nell’Ultimo Giorno dell’Umanità risorgeremo tutti, maschi e femmine, ignudi e provvisti di una vistosa e visibile virilità. Certo per Elèna e Giuditta, la prospettiva di rinascere “nel loro stesso” oppure in un “altro sesso”, doveva essere comunque un incubo, visto che erano due, ma ne dividevano uno solo.
Posto il problema in questi termini, è sicuramente legittimo interrogarsi: noi tutti avremo indietro, grazie alla Resurrezione della Carne, proprio il medesimo corpo con il quale da vivi abbiamo condiviso gioie e tribolazioni? Dilemma niente affatto trascurabile, si ammetta.
II- I Dottori del Talmud assicurano, che tutte le menomazioni fisiche, che si avevano in vita, permarranno dopo la Resurrezione dei Morti. “Come la generazione va, così tornerà indietro. Chi va zoppo, tornerà zoppo; chi va cieco, tornerà cieco”. Lo scopo di tale – apparente – crudeltà non è poliziesco. Non riguarda l’accertamento delle generalità, o l’identificazione. Si vuole invece (come sarà il caso, per Tommaso, del Cristo resuscitato con le piaghe) rintuzzare l’incredulità umana. Se lo zoppo tornasse sano, si potrebbe dubitare che Dio abbia fatto rivivere la stessa persona. Tuttavia le Sorelle Gófitz, che almeno con la morte pensavano d’essersi liberate della loro triste menomazione, non devono disperare. Il loro trauma sarà passeggero.
Infatti l’Altissimo, nel Libro, prende la parola direttamente e spiega: «Io (Dio) faccio risorgere i morti con le loro infermità fisiche, si ché la gente non potrà dire: “Ha fatto morire persone diverse da quelle che ha rimesso in vita, sono Io che faccio morire e faccio rivivere, ed Io che li ho feriti (in questo mondo), li ristabilirò e li guarirò (dopo che saranno risorti)”». Elèna e Giuditta, insomma, non appena tutti i loro contemporanei le avranno riconosciute, senza esitazioni, per i Capricci di Natura che erano state in vita, subito saranno risanate. Come minimo potranno camminare, e giungere con mezzi propri alla sbarra degli Imputati, davanti al divino Tribunale senza Appello.
Il Credente, sentimentale per natura, si affida allora alla speranza che nel Giorno dell’Ira il Signore sia ancora più misericordioso con le due gemelle – e con tutti coloro che a causa delle loro tare fisiche o mentali hanno già tanto patito in vita –, e non le consideri alla stregua degli altri peccatori: cioè, con la stessa spietatezza.
Anche san Paolo (ICor, 15, 44 e 51-2) concorda in certo senso col Talmud, ma aggiunge che il miracolo della guarigione riguarderà solo i deformi battezzati. Questo perché tutti i cristiani, tornati in vita, al momento della risurrezione si muteranno “in un batter d’occhio” in esseri dotati di un corpo spirituale e immortale. È probabile quindi che gli altri, i disabili empi, o pagani, se lo erano in vita, restino “scherzi di natura”.
Ma c’è una prospettiva persino peggiore: quella che tutti gli incalliti peccatori, i miscredenti, compresi i colpevoli e i reietti di piacevole aspetto, i vanitosi, le vanitose, nel Giorno del Giudizio Universale vedranno svanire la loro bellezza. Diventeranno: mostri.
Questa era la ponderata opinione di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il quale, stando all’Apparecchio della Morte, era sicuro che nel momento della Resurrezione delle Carni “i corpi de’ reprobi compariranno deformi, neri, e puzzolenti. O che pena avrà allora il dannato in riunirsi col suo corpo!”.
Come dire, che il peccatore, porterà appresso e impresso nelle fattezze il proprio Ritratto stile Dorian Gray. L’ esteta decadente Oscar Wilde l’aveva già intuito: il suo quadro maledetto era una scheggia preservata perché giungesse intatta, come prova inoppugnabile, all’ultima Sentenza –: un promemoria per il Giorno del Giudizio.
Resta poi un ulteriore dubbio, mai fugato interamente dai Teologi: se quel Giorno risorgeremo con i nostri antichi e vergognosi difetti, rispunteranno anche quelli eliminati dalla sala operatoria? Intendo: il porro deturpante sul viso, il naso aquilino delle donne, il seno cadente rimodellato a suon di milioni, tutto quello che fu corretto o asportato dalla “chirurgia estetica” nei dinamici, forsennati, esibizionistici secoli XX e XXI, tornerà indietro?
Gesù però in questo campo, almeno pei cristiani, dovrebbe far da Cassazione. Rispondendo ai Sadducei, il Cristo predisse che nel Giorno del Giudizio “gli uomini […] saranno come gli angeli di Dio nel Cielo” (Matteo, 22, 23-30). Origene, secondo Borges, dedusse da questo e altri passi dei Vangeli “che i morti risusciteranno in forma di Sfere”.
[L’ESAME DELLE “APORIE” DEL GIORNO DEL GIUDIZIO PROSEGUIRÀ PROSSIMAMENTE]
[in copertina: La Resurrezione dei Morti, di Victor Mottez]