I- Normalmente si ritiene che la Passione d’Amore risponda a Leggi che non possono essere trascritte. Questa opinione, probabilmente è però solo un retaggio della stagione “romantica” e “sentimentale” che la cultura d’Occidente s’è gettata alle spalle con l’Edonismo dell’ultimo secolo. Non era così, nel Medioevo.
“So che l’Amore concede facilmente grande gioia a chi osserva le sue Leggi”, verseggia Guillaume, sesto conte di Poitiers, primo trovatore conosciuto. Queste Leggi sono, a suo giudizio: “Misura, Servizio (alla Dama), Prodezza, Lunga attesa, Castità, Segreto e Pietà […], virtù che portano alla Gioia”. Si tratta però di norme troppo generiche, per erigere sopra di esse Tribunali. Mentre si sa, come Stendhal conferma, che «vi sono state corti d’amore in Francia, dall’anno 1150 al 1200″, e forse anche prima. Corti come noi intendiamo “corte d’appello”, ossia corti di Giustizia».
Lo scrittore, nel suo encomiabile De l’Amour, racconta che “l’Amore prese una strana forma in Provenza, dall’anno 1100 fino al 1328. V’era una legislazione circa i rapporti tra i due sessi in amore, altrettanto severa ed esattamente seguita quanto possono oggi essere le leggi del punto d’onore”.
Un “Codice d’amore”, a cui le donne si attenevano, per i loro giudizi, esisteva effettivamente. Non so se tutti gli articoli fossero scritti “positivamente”, o non venissero piuttosto continuamente modificati, e arricchiti, dalla diffusa “oralità” delle donne. Nell’opera di André il Cappellano, De arte amandi, anche detta Erotica seu Amatoria, (che Stendhal annovera tra le sue fonti), compare uno di questi “Codici”. Il Primo Articolo dice:
“Allegare il Matrimonio non è scusa legittima contro l’Amore”.
Penso si possa definire questo precetto come la “Norma Fondamentale” (secondo la definizione che forse ne darebbe il filosofo del diritto Hans Kelsen) dell’ “Amor Cortese”.
Le Leggi dell’amore “facevano piena astrazione dai sacri diritti dei mariti”, precisa ancora Stendhal, nei Frammenti che seguono il suo testo.
Le donne che lì si riunivano giungevano poi a sentenze vincolanti per gli amanti, o generiche, ma sempre delicate e incisive, vista la materia. I verdetti finali si chiamavano “decreti d’amore“. Chi, per esempio, riteneva di aver subito un torto, o un inganno, dall’innamorata, si rivolgeva alla “Corte d’Amore”, per trovare soddisfazione. Se era deluso dalla sentenza, poneva lo stesso quesito a una Corte superiore.
Il decreto finale veniva emesso da un consesso di donne, che raggiungeva o superava, talvolta, le sessanta unità.
Maria di Francia, contessa di Champagne, in quegli anni presiedeva uno dei più rinomati “Tribunali Amorosi”, che dové tra l’altro dirimere l’annosa questione: “Può esistere vero amore tra i coniugi?”. Si ascoltarono, per l’occasione, molti testimoni informati dei fatti, finché si giunse a questo verdetto inappellabile (datato 1174): no, non può esistere. Perché il vero amore aborre le costrizioni, e ai coniugi è imposto per dovere quello che Amore fa e dà liberamente.
Trascrivo la Sentenza finale della Corte, firmata dalla Contessa di Champagne: “In base alle presenti testimonianze noi diciamo e sosteniamo che l’Amore non può imporre i suoi diritti tra marito e moglie. Gli amanti si concedono ogni cosa reciprocamente e gratuitamente, senza alcuna obbligazione di necessità, mentre gli sposi sono tenuti per dovere ad assoggettarsi reciprocamente alla volontà dell’altro. Venga questo giudizio, che noi pronunciamo con estrema maturità, dopo aver ascoltato molte nobili dame, accolto come una verità costante e irrefragabile. Stesa nell’anno 1174, il terzo giorno dopo le calende di maggio, VII riunione”
Si dice che la Laura amata dal Petrarca abbia fatto parte di una “Cour d’Amour”: comparendo in assemblea insieme a altre donne d’alto lignaggio che discutevano di Galanteria come se fosse una Scienza Esatta. Argomento riprovevole ai nostri giorni, poco raffinati.
Era Laura in grado di giudicare equamente, serenamente, in tema d’Amore, o il suo aspetto ne condizionava le opinioni? Racconta Encyclopediana: «Uno straniero che si era recato ad Avignone espressamente, per contemplare questa donna meravigliosa e tanto decantata, rimase inizialmente allibito. “Che cosa!”, esclamò: “è questa la persona che ha stravolto il cervello di Petrarca?». Pare che le multiple maternità e diverse disgrazie famigliari le avessero sottratto ogni attrattiva. Ma questa è un’altra storia.
II- La Galería de la Estupidez di Mauricio Wiesenthal cita il misconosciuto Paul Diffloth quale inventore di un’Algebra dell’Amore, che permette di calcolare esattamente la durata di tale Passione.
«Questa legge può rappresentarsi con la formula seguente: se D designa la durata dell’Amore; k alla seconda potenza una costante positiva; e C, S, E indicano le proporzioni rispettive di cuore, sensi e spirito che entrano nella costituzione di quest’Amore, se ne otterrà la seguente equazione:
Da ciò deriva in termini matematici inconfutabili, che le durate d’un Amore Vero o Platonico sono infinite, mentre quella d’un “Amour-flirt”, impegnando un cuore di valore Zero, è uguale a “Zero”».