Alcuni degli eventi più segreti e fondativi del Credo dell’Islam avvengono di Notte.
Nella Sura XVII (Al-Isrâ’) del Corano si racconta – ma è quasi un accenno – d’un viaggio notturno e misterioso del Profeta:
“Gloria a Colui Che di notte trasportò il Suo servo dalla Santa Moschea alla Moschea remota, di cui benedicemmo i dintorni, per mostrargli qualcuno dei Nostri segni. Egli è Colui Che tutto ascolta e tutto osserva”…
Infatti una notte, “mentre Muhammad (pace e benedizioni su di lui) stava dormendo, fu svegliato da Gabriele (pace su di lui)”, e l’Arcangelo lo condusse a un “Tempio Ultimo”, che la Tradizione da sempre identifica con Gerusalemme. Laggiù, nel recinto del Masjid al Aqsâ (la “Moschea remota”) pregò Allah insieme ad Abramo, Mosè e Gesù e tutti gli altri profeti e poi ascese fino al “Loto del Limite”, che si trova alla destra del Trono dell’Altissimo.
Questo meraviglioso pellegrinaggio, su cui il Libro sacro ai Musulmani non si diffonde, è stato oggetto di infinite interpretazioni, variazioni e anche racconti popolari, che in certo senso culminano nello splendido Libro della Scala di Maometto, opera medievale. In esso si narra che il Profeta, trovata a Gerusalemme una scala, su quella ascende al mondo ultraterreno, e attraversa tutti i Cieli, vede l’inferno e i Paradisi, vede tutti profeti, tutti gli angeli, e si avvicina anche a Dio, a due tiri di freccia, e gli è concesso di colloquiare con Lui.
Il Tempio distava da La Mecca ben più di una notte di cammino. Ma: quanto durò quel viaggio? “Secondo la Tradizione, l’acqua di una caraffa incidentalmente caduta a terra, a fianco del giaciglio di Muhammad, non aveva neppure fatto a tempo a spargersi tutta che già il profeta era ritornato“.
Ma c’è un’altra Notte, nella biografia del “Messaggero di Dio”, che appare ancora più decisiva. La Notte di al-Qadr.
Nelle ore notturne più profonde, il Corano eterno, il Libro che si trova nel settimo dei Cieli, per intercessione dell’Arcangelo Gabriele venne rivelato a Maometto.
Il Profeta accolse estatico la discesa, a ondate successive, dei messaggi divini, che avevano aspetto e cadenza di versetti.
Agli eventi intervenuti nella “Notte del Destino” o “della Decisione” (al-Qadr) è dedicata una delle Sure più brevi e poetiche del Corano: essa corrisponde alla quattordicesima rivelazione ricevuta dal Profeta:
“In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.
1. Invero lo abbiamo fatto scendere nella Notte del Destino.
2. E chi potrà farti comprendere cos’è la Notte del Destino?
3. La Notte del Destino è migliore di mille mesi.
4. In essa discendono gli Angeli e lo Spirito, con il permesso del loro Signore, per [fissare] ogni decreto.
5. È pace, fino al levarsi dell’alba”.
Da quel che leggo, per molto tempo è stato incerto tra gli Islamici in quale giorno, durante il Ramadan, ricorresse la Notte di al-Qadr, la notte che “è migliore di mille mesi”.
Essa non si trovava nel calendario, ma –: andava cercata.
L’Inviato di Dio disse: “ho avuto una visione, in cui mi è stata mostrata la Notte di al-Qadr; poi però mi è stata fatta dimenticare. Cercatela negli ultimi dieci giorni, fra le notti dispari”. In un’altra evenienza, Maometto vaticinò: “cercatela negli ultimi sette giorni”, quelli che conchiudono il mese del digiuno.
Ora la consuetudine islamica, appoggiandosi su alcune tradizioni, ha individuato nella ventisettesima notte del mese la Notte di al-Qadr (essa inizia al tramonto del ventiseiesimo giorno di Ramadan) e l’ha resa una ricorrenza liturgica di fondamentale importanza.
Il credente l’attende con ansia, perché in quello squarcio di tempo gli Angeli e lo Spirito discendono di nuovo sulla terra, e a lui, se nella sua veglia prega fervidamente, sarà cancellato ogni peccato.
L’ora prescelta per la chiamata, per l’Illuminazione, per il riscatto, per la remissione, cade dunque nel tempo della Notte: a rimarcare – se posso dirlo, sulla base delle mie ridotte conoscenze – una sorta di indole notturna dell’Islam, di cui risente, forse, e lo suggerisco con rispetto, l’intero Credo religioso.
Mille e una Notte, si chiama il più importante monumento letterario di quella cultura.
Il fedele guarda il cielo che si rabbuia all’orizzonte con apprensione e con speranza. C’è, di notte, un momento – qualsiasi natura religiosa lo sa bene –, in cui si è ancora più soli con se stessi, con la propria essenza creaturale, e allora l’ anima si appresta a mostrarsi ignuda e senza segreti davanti a Dio. È il momento in cui il devoto, già addormentato, si risveglia da un Sogno e avverte che, forse presto, ricadrà in un altro: ma si sente, in quell’istante, del tutto preda della Notte. Delle sue spire, delle sue Ombre, dei suoi sussurri.
Il profeta Maometto, con ispirazione così vicina al cuore umano, ha compreso che quello è il momento più importante, che ha uno spirito religioso, per pregare.
È allora che è necessario il Tahaggud, “la preghiera durante la notte dopo che s’è dormito per qualche tempo”.
Il “Messaggero di Dio” non solo evoca l’Orazione Notturna come difesa per l’Anima resa attonita dal Sonno, ma la invoglia, la pretende, le conferisce uno statuto. Un fedele che non si sveglia durante il sonno, non si alza dal giaciglio e non si raccoglie, pregando, in se stesso, getta via il dono più prezioso.
«Una volta, in presenza del Profeta – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – si menzionò un uomo, e si disse che costui aveva dormito tutta una notte fino al mattino senza fare la preghiera. Il Profeta disse: “Satana gli aveva pisciato nell’orecchio”». L’aneddoto si trova nel libro di al-Buḫārī, Detti e Fatti del Profeta dell’Islam.
A causa della Preghiera Notturna, Maometto quasi bisticciò, persino, con l’amato ‘Alī.
Una notte, il Profeta bussò da sua figlia Fatimah e dal marito, ‘Alī «e disse loro: “Non fate la preghiera?”
Raccontava ‘Alī: Io gli dissi: “Inviato di Dio, noi stiamo nelle mani di Dio. Se Dio ci vuol mettere in moto [cioè, se vuole che ci alziamo per pregare], lo farà. Quando gli dissi questo, l’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – se ne andò senza rispondere e, mentre ci voltava le spalle, lo udii che diceva dandosi un colpo sulla coscia: “L’Uomo ama, più di tutto, di cavillare” (Corano, XVIII, 52)».
“Quando scende la Notte”, ammoniva ancora l’Inviato di Dio, secondo al-Buḫārī, “tenete a freno i bambini, è quello il momento in cui vanno in giro i diavoli. Dopo la prima ora della notte, lascia in pace i bambini, serra la porta, invoca il nome di Dio e spegni il lume, invoca il nome di Dio e lega la bocca dell’otre, invocalo e copri i recipienti. Poi invocalo di nuovo, per eventuali contrarietà”.
La Metà della Notte – la profonda, profonda, “Mezzanotte” –, quella, è di Dio.
Il Profeta Maometto, svegliandosi di notte, così pregava: “O Dio a Te m’affido; in Te credo; in Te confido; in Te mi pento; al Tuo fianco combatto; al Tuo giudizio mi rimetto. Perdona ciò che ho fatto sinora, ciò che farò, ciò che è il mio segreto, ciò che tutti sanno di me. Tu sei il principio. Tu sei la fine. Non c’è Dio se non Tu”.
[in copertina: “Il Viaggio Notturno del Profeta”, dal manoscritto del Khamsa di Nizami]