Il 12 dicembre 1913, nel corso di una movimentata “Grande Serata Futurista”, al teatro Verdi di Firenze, “un signore lanciò da un palco sulla testa di Carlo Carrà, che stava parlando contro la critica filosofica, un grosso sputo“. Al che il pittore, imperturbabile, lo rimbeccò: “È un pezzo del suo cervello!”
Lo sputo, osserva Zolla ne Le Meraviglie della Natura, “è come la sostanza primordiale della vita”. La saliva, aggiungo, è materia perennemente in ebollizione, che non va mai avaramente conservata nel palato, né inconsultamente inghiottita e restituita all’esofago: il suo scopo principale e fine, è la deiezione.
Una giornata che non sia prodiga di sputi, per l’uomo antico, per il popolano, è giornata persa. Suppongo si masticasse tabacco nei secoli scorsi solo per il piacere di sputarlo, e così succede anche per l’uso quotidiano del dentifricio, o il ricorso al gargarismo.
Le proprietà guaritrici della salivazione sembrano quasi marginali rispetto al suo vero ruolo: restituire il mondo con un diluvio di sputi a un’originale e indistinta perfezione clinica. Plinio riteneva “che lo sputo dell’uomo digiuno curasse ulcere e foruncoli e riuscisse esiziale a serpenti, scolopendre e scorpioni […]. Si sputava sugli indemoniati e in genere si sputava udendo discorsi infausti”.
Particolarmente ricercato, nel Bengala, era lo sputo dei Meriah. Costoro appartenevano tutti a una casta a parte: erano le vittime prescelte dei locali Sacrifici Umani – barbarie il cui scopo principale consisteva nell’infoltire il prossimo raccolto.
I Meriah, per anni venivano “allevati”, accuditi e riveriti a spese di tutta la comunità. Quanto poi giungeva il momento stabilito, s’era usi – dopo averli adornati di fiori spalmati d’olio, burro fuso e curcuma rossa – sbranarli vivi e macellarli. Prima della cerimonia, i bengalesi gli “chiedevano il favore di una goccia del suo sputo, con cui si ungevano il capo”. I più fortunati lo ricevevano in pieno volto. Lo sputo era ritenuto sacro e apportatore di buona sorte e salute.
Vitellio, imperatore dei Romani, secondo Svetonio fu “disonorato dall’amore per una liberta”. La sua passione “giungeva al punto che, ogni giorno, come rimedio, si spalmava la gola e la faccia con la saliva di lei mista a miele, e non di nascosto, ma persino in pubblico”.
Per guarire le malattie degli occhi gli antichi Ebrei usavano comunemente la “saliva” umana , ma il Talmud è molto preciso sull’uso di questa terapia: “secondo la tradizione, la saliva del figlio primogenito di un padre ha potere curativo, ma non quella del primogenito di una madre”. Può sembrare un paradosso: il primogenito è tale sia d’un padre che d’una madre. Ma non sempre. Divorzi, stati vedovili e vita licenziosa permettono, ad esempio, che un padre abbia un primogenito con una donna che è già stata madre d’altri figli: e viceversa.
Di Gesù, Giovanni (9,6) dice: “Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco”, e lo guarì.
Mahmud figlio di al-Rabi’, nella maturità, si commoveva ancora rammemorando questo episodio della sua infanzia: “Ricordo che il Profeta – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – mi sputò in faccia. Avevo allora cinque anni o meno”.
Per il musulmano, lo sputo è uno dei modi di trasmettere la barakah, ossia la “benedizione”.
Sisto Quinto, quand’era cardinale, si finse moribondo per essere eletto pontefice, ben sapendo che i suoi colleghi porporati avrebbero scelto chi al più presto avesse lasciato la sede “vacante”. Andò in giro per molto tempo poggiandosi su una gruccia, il corpo piegato a metà, la voce flebile e rotta dalla sofferenza. Appena finì lo scrutinio, abbandonò fieramente la stampella, s’erse in tutta la sua statura e – secondo il racconto che ne fa il Capranica –, “si servì dello Sputo, subito dopo il conclave da cui era uscito papa, per mostrare a tutti la potenza dei suoi polmoni”.
In tempi recenti, divenuto sinonimo di cattiva educazione persino nella piccolissima borghesia, la religione dello sputo è rimasta appannaggio dei calciatori ultramilionari: non c’è diretta televisiva che non esalti le loro performance salivari in questo campo.
[in copertina: Ritratto di Marinetti, di Carlo Carrà]