Gli omicidi più difficoltosi, anche per i killer professionisti, sono quelli durante i quali l’assassinato si rianima e agguanta per la gola il suo carnefice. C’è almeno un caso, famosissimo tra gli altri.
Elémire Zolla ha profuso molte delle sue pagine migliori per difendere l’enimmatica figura di Grigorji Rasputin, consigliere di zar e di zarine, ma, prima ancora, mistico autentico, miracolatore.
Il suo assassinio rappresenta probabilmente uno dei delitti più imperfetti (e interminabili, prolissi) della Storia. Tra quando si cominciò ad ucciderlo fino a quando – orrore – scomparve definitivamente tra i flutti gelidi di un fiume, passarono diverse ore; e i congiurati, guidati dal nobile Jusupov, ammazzarono questo tempo interminabile infierendo su di lui.
Rasputin è attratto nella trappola mortale, da chi sa di avere a che fare con un patentato ghiottone. “Jusupov offre dolciumi e madera zeppi di cianuro. Grigorij mangia e beve senza dar vista di risentirne.
Jusupov gli mostra un crocifisso italiano di cristallo, egli si china segnandosi per venerarlo. Allora i complici entrano e sparano. Uno di loro, medico, accerta la morte.
Ma il corpo si rialza, ghermisce alla gola Jusupov che con uno strattone atterrito si libera e fugge. Grigorij sarà riabbattuto a rivoltellate sulla neve del parco e ora Jusupov si accanisce su di lui con uno sfollagente. Quando i congiurati lo getteranno in un crepaccio del fiume gelato, pare che ancora protenderà le mani per salvarsi”.
La fonte di questa ricostruzione è il suo assassino, proprio quell’Jusupov.